Vedo che si è diffusa un’opinione
a livello di grande pubblico, per cui le cose in politica si sono messe sì
tanto male, vanno sì nella direzione opposta a quella che sarebbe desiderabile,
ma ciò non sollecita un impegno personale perché tanto la situazione non è
influenzabile, un meccanismo potente ed automatico si è messo in moto, e
tentare di ostacolarlo sarebbe pura perdita di tempo e di energie, meglio
restare al coperto e tentare di subire il minor peso possibile di danni alla
propria personale vita.
Me lo scrive Rouge nel commentare
il post precedente.
Rouge, mi sono fatto questa
convinzione nel nostri contatti web che ormai durano da alcuni anni, non solo è
la persona in assoluto più schietta tra tutti i miei interlocutori di blog, ma
anche uno di coloro che dimostrano maggiore capacità critica ed una capacità
argomentativa sicuramente notevole, in grado anche di influenzare altri con
grande incisività.
Ora, se uno dei miei commentatori
più fedeli e più utili (in quanto mi ha più volte costretto ad approfondire le
mie tesi per difenderle dai suoi assalti) mi dice che è arrivato alla
conclusione che non ci sia nulla da fare, devo dedurre (ma certamente ho anche
altre evidenze, parlo di Rouge perché lo considero la famosa goccia che fa
traboccare il vaso), che ben più numerosi sono coloro che si tirano fuori
dall’agone politico e decidono così, a freddo, senza apparenti tragedie, di
subire passivamente quanto dovesse capitare.
Come rispondevo al suo commento,
ritengo questo atteggiamento del tutto errato perché sono convinto che ciò che
stiamo vedendo in questi ultimi mesi, diciamo anche da quasi un anno a questa
parte, sia soltanto l’antipasto di portate ben più sostanziose che tuttora non
siamo in grado di scorgere. Questo atteggiamento apparentemente realista fino
al cinismo di lasciar fare e badare solo a minimizzare i danni, è in realtà del
tutto miope perché appunto non tiene conto della dinamica, secondo me
inevitabile, di evoluzione degli eventi, che ci porterà a conseguenze tragiche,
probabilmente adovere fare a meno per un
periodo più o meno breve dell’uso del denaro, costringendoci a rifugiarci
transitoriamente in una economia del baratto.
A questo punto, malgrado sia
tornato più volte su questo argomento, malgrado le vasta letteratura sull’argomento
su cui molti si sono esercitati, sono costretto, seppure sinteticamente a
tornare su queste questioni...
Non v’è dubbio che la grave
situazione di una vasta parte dell’Europa, di tanti suoi paesi tra cui appunto
l’Italia, sia dovuta per la gran parte a un certo atteggiamento politico della
Germania della Merkel, in particolare di tenere fermi gli accordi di
Maastricht, soprattutto nella parte in cui non indicano una Banca che possa
sostenere l’euro in una maniera analoga, potremmo dire in una maniera
definitiva, come ad esempio la Federal Riserve per il dollaro USA o anche la
Bank of England per la sterlina.
L’immagine del corso di questo
specifico aspetto della crisi è offerto proprio dall’andamento del famosissimo
spread, che ben illustra come i mercati finanziari sono liberi, per il modo
stesso in cui l’area euro ha deciso di strutturarsi, di attaccare singoli paesi
di quest’area senza che ci sia un soggetto che sia in grado di intervenire
efficacemente a loro difesa. Basta insomma che Goldman & Sachs e Morgan
Stanley si mettano d’accordo, anche solo loro due, e gli interessi sui titoli
italiani possono volare verso valori obiettivamente incomprensibilmente alti.
Su questo specifico aspetto,
Monti è ben intervenuto, nulla da obiettare, ma il vero problema che il mondo
intero si trova ad affrontare non è certo questo, qui si tratta di un dettaglio
di ben poca rilevanza obiettiva, dovuta ad una modesta politicante tedesca, che
si chiama Merkel, che fa di tutto per mantenersi a galla nel suo paese assecondando
una certa mentalità prevalente tra il suo popolo, senza alcun senso del suo
ruolo di statista e delle gravi responsabilità che pure le derivano dalla sua
stessa carica.
Il problema effettivo è però
costituito dal gonfiarsi ipertrofico dei mercati finanziari per la sciagurata
immane iniezione di liquidità da parte della Federal Riserve di Greenspan a
partire dal 1999. Qui sta il clamoroso fallimento della Lehman & brothers
nel 2008, e della necessità del salvataggio di tutte le altre banche d’affari
un po’ in giro per tutto il mondo (in Italia eravamo messi un po’ meno peggio
degli altri, ciò va precisato).
Il problema sta tutto nel fatto
che questi salvataggi si possono fare soltanto aggravando il problema, è come
nel caso di tossicodipendenti che trovano soluzione alla loro dipendenza
proprio dalla crescente somministrazione di quelle stesse sostanze che ne
causano la dipendenza.
Così, per rinviare l’insolvenza
generalizzata, cioè l’impossibilità di pagare gli interessi su titoli
obiettivamente privi di alcun valore, l’unica ricetta sembra essere costituita
dall’emetterne di nuovi e/o dallo stampare denaro da parte degli stati.
Nel primo caso, si aggrava
ulteriormente il problema (la montagna di titoli-cartaccia si gonfia di più),
nel secondo l’inflazione di titoli contagia anche il denaro, determinando così
la classica inflazione, ma a un tale livello da rendere anch’esso cartaccia,
finchè la gente smetterà ovviamente di usarlo pretendendo di avere beni in
cambio per concedere i propri (per questo parlavo di una fase di baratto).
Purtroppo, non vi sono segni che
indichino che gli attuali governi del nostro mondo occidentale (in senso lato)
abbiano la determinazione necessaria a prendere loro, come dovrebbe essere
ovvio almeno finchè riteniamo che si tratti di paesi davvero sovrani, le redini
della situazione, mettendo da parte le grandi istituzioni bancarie e togliendo
loro quell’iniziativa che c’ha portato al punto in cui siamo.
In questo completo ed
inequivocabile silenzio della politica, non ci rimane quindi che evocare quel
destino che dicevo, il fallimento globale.
Se quindi nel breve volgere di
alcuni anni al massimo, fallimento sarà, tutta la danza di provvedimenti
finalizzati essenzialmente al rigore che si fanno in giro per il mondo, che tra
poco con la ratifica del fiscal compact in Europa diventeranno legge, non
rappresentano in realtà la soluzione presunta del problema della crisi
scoppiata nel 2008, ma piuttosto lo spostamento in avanti dell’esito tragico di
questa crisi tramite una gigantesca operazione di redistribuzione che ci tolga
dalle tasche gli ultimi spiccioli che ci sono rimasti per darli ai ricchi e
concedere loro qualche altro anno di scialacquamenti prima del botto finale di
tutto il sistema.
In tale prospettiva, qualunque
proposta di fallimento presa singolarmente da uno stato, lungi dal costituire
un’estremizzazione che ci condanni al peggio, risulta al contrario come un
intervento altamente responsabile perché realizzabile in maniera controllata,
il che significa garantire una certa copertura per le situazioni più gravi,
cosa impossibile quando il tutto scoppierà improvvisamente e con tale violenza
da non consentirne alcun controllo.
Si dice però, è quasi un sentire
comune, che non c’è nulla da fare, che tutto è già stato deciso, che la
politica, avendo deciso di rinunciare al proprio potere, asseconderà
pedissequamente il volere bancario.
Le obiezioni che pongo,
riguardano innanzitutto proprio questo potere bancario, che mi appare come un
gigante coi piedi d’argilla, un mondo in via di fallimento che per disperazione
arraffa tutto ciò che gli capita pur di far fronte alla sua fame mostruosamente
elevata.
In secondo luogo, mi chiedo
perché non dovremmo sfruttare la struttura formalmente democratica dei nostri
stati proponendo nuove formazioni politiche che possano sostituire le esistenti
alla guida del paese, spezzando così la sciagurata alleanza coi ricchi del
mondo.
Contro questo scetticismo verso
la possibilità di spostamenti elettorali significativi, faccio presente i casi
delle consultazioni dell’anno passato che tra referendum ed amministrative
hanno trascinato il governo Berlusconi in una crisi tale da espellerli dal
potere. Faccio ancora presente dati apparsi oggi su Repubblica che registrano
un successo incredibile di un’ipotetica lista Monti, che diverrebbe la più
votata condannando le attuali formazioni politiche a ruoli secondari. Anche
questi sondaggi mostrano l’estrema volatilità degli elettori, come insomma la
crisi stia rimescolando tutto il mondo della politica permettendo inediti
successi di inedite formazioni politiche.
Faccio quindi qui un appello
verso una nuova forma di aggregazione che dovrebbe intanto basarsi su tre
distinte tesi come una minima piattaforma di partenza.
Dovremmo dire che l'Europa di
Napolitano e di Monti non c'interessa, dovremmo dirlo chiaramente che l'Europa
che pure vogliamo non può costituire un aggiustamento dell'attuale, è tutta
un'altra cosa, e che anzi l'Europa di oggi costituisce l'ostacolo maggiore alla
costruzione di un vero progetto federalista. L'Europa è oggi l'orco cattivo
delle fiabe, serve con i suoi organismi designati e non eletti a conculcare
ogni parvenza di democrazia nei paesi europei.
Dovremmo dire che il sistema
bancario globale è già tecnicamente fallito, e presto il sostegno necessario
per nascondere questa realtà e che gli stati dal 2008 stanno offrendo non sarà
più sufficiente, e che nessuno sa come uscirne.
Dovremmo dire che invocare la
crescita per uscire dalla crisi non è più possibile, e che comunque neanche una
crescita mondiale a livello dei paesi BRICS sarebbe sufficiente allo scopo. Non
è possibile perchè questa pianeta sta scoppiando, sottoposto alla voracità di
capitalisti irresponsabili e all'incapacità di governanti pusillamini, contenti
di potere attingere a qualche meschino privilegio che i capitalisti concedono loro.
Se queste cose, almeno queste tre
che elencavo, non entrano nella mentalità comune, non si vede che sbocco la
grave situazione contemporanea possa avere.
Qualche migliaio di anni fa nella ROMA che dominava il mondo i fratelli Gracchi posero il problema di un limite alla proprietà terriera; oggi sarebbero necessari dei fratelli Gracchi capaci di porre un limite alla proprietà dei mezzi finanziari. Certo potrai dirmi che i fratelli Gracchi finirono ammazzati, ci vorrebbero almeno un milione di fratelli Gracchi.
RispondiEliminaMa se la dinamica degli eventi che ci porterà a conseguenze tragiche è inevitabile, e dunque nulla potrà mutarne il corso, per quale motivo dovrei modificare il mio atteggiamento realista fino al cinismo che mi porterebbe (tutto da verificare) a limitare i danni a livello personale?
RispondiEliminaOppure non è inevitabile, e per salvare il salvabile bisogna mettere su una "nuova forma di aggregazione", ma, mi viene da chiedere, proprio nessuna di quelle attuali risponde alle istanze che poni? Immagino la risposta sia no, ma come potrebbe la NFA arrivare alla maggioranza delle persone senza avere a disposizione mezzi (economici, mediatici) che solo quelli in teoria da combattere sono in grado di dare? Senza questi bisognerebbe avviare un'opera di sensibilizzazione di portata epocale (che però esiste già, per chi le cose le vuole sapere), difficile da mettere su; oppure che ognuno nel suo intimo arrivasse alle tue giuste conclusioni, riconoscendo come sbagliato il modello attuale, ma non potrà che farlo per esperienza diretta e dunque, purtroppo, solo dopo le "conseguenze tragiche". In ogni caso, un mio eventuale impegno rimarrebbe una perdita di tempo e di energie, dunque mi sfugge l'errore in cui incorro, come pure la mia miopia.
Un saluto.
P.S.
Grazie per quelli che prendo come complimenti.
Di certo io non sono capace di argomentare quanto te e Rouge, quindi permettimi di dirti con concetti semplici che forse tu pretendi da noi più di quanto siamo in grado di fare. Quando dici che si dovrebbe creare una nuova aggregazione politica non dici in che modo si possa realizzare fattivamente, passiamo dalle parole ai fatti! Io, ad esempio, che non mi sono mai tirata indietro e che sono scesa in piazza con entusiasmo in occasione della giornata di "Se non ora quando", che ho firmato tutti gli appelli dei vari quotidiani mettendoci la faccia con tanto di nome e cognome, che ho fatto campagna si sensibilizzazione per i referendum sull'acqua etc., che sono andata al Comune a firmare per ottenere il referendum sulla legge elettorale, che ho votato alle primarie, ebbene io più di questo non sono in grado di fare, e forse neanche Rouge la cui unica ed ultima speranza, come la mia d'altronde, è che alle prossime elezioni politiche si presenti una formazione guidata da persone innanzitutto perbene, e che abbia a cuore le sorti del nostro Paese e non le proprie o delle varie lobbies. Ma in Italia esistono persone simili disposte a fare politica? Sì, perchè, oggi come oggi, chi si butta in politica lo fa per svariati motivi tranne che per il bene comune e comunque il fascino del potere e dell'arricchimento facile trasforma i più convinti idealisti in corrotti e corruttori. Sono una realista cinica? Che dirti, realista di certo ma con grande sofferenza e non certo con cinismo.
RispondiEliminaAh, dimenticavo, ho spedito pure i 10 euro all'Associazione Servizio Pubblico di Santoro! :-)
RispondiElimina@Francesco
RispondiEliminaPurtroppo, temo che le scelte che sono necessarie sono ben più radicali, perchè questa appare come una crisi sistemica del capitalismo. Greenspan si decise a immettere liquidità a tempesta perchè non vi era altro modo di mantenere la supremazia economica degli USA, anche questa decisione era effetto di una causa ancora più generale e fondamentale.
@Rouge
RispondiEliminaIl mio punto di vista è che le carenze si manifestino essenzialmente sul piano organizzativo. Sono convinto che il discredito generale della classe politica sia una buona premessa, funzioni come un fertilizzante nella società, e paradossalmente Napolitano che pure sembra avere organizzato la messa in disparte dei politici, nei fatti ha finito col garantire loro l'unica sopravvivenza possibile, come sgabello per il suo governo Monti(governo del presidente).
Non è privbo di significato che la popolarità dello stesso Napolitano, dopo avere raggiunto valori quasi plebiscitari, sia oggi crollata.
Ciò indica non che la gente è pronta per una specifica politica, ma che è preidsposta a cambiare anche molto rapòidamente opinione.
Dal punto di vista delle teorie politiche, seppure non credo che si sia ancora fatto avanti un novello Marx, tuttavia tante cose sdono sttae scritte, alcune davvero preziose, materiale teorico ce n'è.
Ciò che realmente manca è l'anello di congiunzione, un'avanguardia che si riconosca soggettivamente come tale, che voglia studiare le teorie esistenti, e che abbia la capacità, la voglia e le risorse per farne un concreto progetto politico, che esprima insomma una intelligenza collettiva.
Il primo passo però è studiare, il che significa mettersi in discussione, mentre i principi liberali sono ancora oggi molto popolari, generando ciò che si potrebbe definire "libertarismo di sinistra", il più grosso ostacolo verso l'uscita dal capitalismo.
L'attusale sistema è in fondo come d'inverno ci svegliamo la mattina, e per alcuni istanti non vogliamo uscire da quel luogo morbido e caldo anche se naturalmente sappaimo che ci dovremo alzare. Ecco, l'attuale sistema ci coccola, ci vizia e, seppure in tanti sanno che non va bene, che va superato, pure tentenna, si gingilla.
Se dovesse riflettere sulle questioni, la conclusione non potrebbe che essere di impegnarsi, ma ha sempre a disposizione l'opzione di non prestarvi attenzione, e questa scelta, comunque motivata, costituisce la migliore garanzia del non cambiamento.
@Ornella
RispondiEliminaNon è che io chieda conto a Rouge o a te delle vostre scelte personali, dico in generale che c'è uno spreco di intelligenza soprattutto giovanile, dispersa in mille rivoli, ma incapace di fare il gran salto e proporsi come nuova classe dirigente.
Non mi permetterei mai di rivolgere specifiche critiche alle scelte di ciascuno di noi, anche perchè io stesso potrei essere oggetto di critica. pongo un problema, e soprattuto tolgo un alibi, non è vero che le cose debbano andare così ineluttabilmente, come non è vero che la gente non sia disposta a cambiare opinione, queste ragioni non esistono, mentre nella vita di ciascuno di noi esistono mille validissime ragioni che ci ostacolano verso decisioni così drastiche di vita.
Se parliamo di intelligenza giovanile mi chiamo fuori immediatamente, avendo superato da un pezzo le quaranta primavere. Parlando di avanguardie, stesso discorso, le mie convinzioni personali mi impediscono di pensare di esserlo, essendo fortemente convinto di essere sullo stesso piano di chiunque. Dunque la mia opinione vale quella di un altro, dunque il mio impegno nel tenermi informato vale quello di chiunque. Se riesco a farlo io, può farlo chiunque, e in parte è così. Si arriva a conclusioni diverse poi, quando è ora di scegliere democraticamente: posso davvero pensare che la maggioranza sia completamente cogliona? Detto fra noi, sì, la maggioranza è cogliona, completamente, ma se accetti il discorso democratico accetti anche questo, se non lo accetti ti chiami fuori e lasci che a decidere siano gli altri: credere di pensarla in maniera giusta e di avere la verità in tasca è un atto di presunzione che lascio ad altri. Ciò ci porterà allo sfacelo? Forse, mica è detto: magari le tue analisi sono completamente sbagliate. O forse sì, e allora se si vuole evitarlo l'unica è prendere il potere con la forza e instaurare una bella e sana dittatura. Ma non contate su di me: non credo nelle rivoluzioni, non ne valgono la pena.
RispondiEliminaE dunque, in conclusione, in realtà il mio impegno come cittadino ce lo metto, informandomi e cercando di formarmi un pensiero quanto più possibile autonomo (che in questo momento coincide col pensare che in fondo è solo fatica sprecata, ma vabbeh...). Per tutto il resto non è lavoro mio, non è il mio ruolo, non sarei in grado, e oltretutto non credo nelle associazioni (prima o poi perdono il senso originario e diventano tutte, tutte, fini a se stesse).
Chi sente di doversi impegnare fattivamente di accomodi, non sarò certo io a dirgli che è sbagliato.