sabato 24 settembre 2011

BANCONOTE E TITOLI DI STATO

Forse, di fronte a una crisi economiuca contemporaneamente così grave ed anche del tutto incomprensibile, vale la pena di fare qualche riflessione generale sul funzionamento dell'economia.
Premetto che non sono esperto in materia, e che le mie considerazioni derivano soltanto da alcune letture sparse e dalla mia personalissima analisi, e sono pronto ad accettare critiche e cambiare corrispondentemente opinione.

Cominciamo dunque dal denaro: cos'è il denaro?
Se prendiamo una banconota di oggi, esprtessa quindi in euro, non v'è scritto nulla, solo importo e numeri di serie varie per l'identificazione della specifica banconota.
Ricordo però che le vecchie banconote, e presumo che ciò sia valso fino all'esistenza della lira, ripartavano un "pagherò", cioè l'impegno dello stato italiano ad onorare il valore facciale della banconota.
Poco importa che non si capisce come uno stato possa garantire il valore del denaro, non si capisce neanche cosa dovrebbe fare per onorare la promessa. La cosa che emerge chiaramente è che il denaro è una forma di titolo di credito.
Se oggi un riccone acquistasse un'isola sperduta nell'oceano pacifico e proclamasse uno stato indipendente, la prima forma di autorità statale sarebbe proprio quello della stampa di denaro espresso nella valuta nazionale, che dovrebbe esprimere la ricchezza di quella nazione, cioè lilvalore commerciale del complesso delle merci lì esistenti.
Tradizionalmente, lo stato e chi lo rappresentava legalmente, aveva il diritto di stampare moneta, cioè aveva il potere di decidere il livello di indebitamento del proprio stato. Stampare più denaro non è ovviamente senza effetto, perchè al contrario tende a generare inflazione e svalutazione rispetto alle altre valute. A cosa è dovuto l'effetto inflattivo? Al fatto che circolano più titoli di credito (le banconote), troppi rispetto alle merci effettivamente disponibili, per cui chi possiede un bene tende a chiedere più denaro per esso.
Ora, andiamo a vedere cosa succede se uno stato non può o non vuole stampare banconote per coprire il proprio fabbisogno. L'alternativa è quella di emettere titoli di stato. E i titoli di stato cosa sono? Ovviamente titoli di credito, allo stesso modo di come lo sono le banconote.
Vi può essere una differenza? L'unica differenza che può esservi sta nella scambiabilità. Considerato che il denaro è il mezzo economico più scambiabile di tutti, il titolo di stato può avere una movimentazione più modesta. Ciò potrebbe essere dovuto anche ad una norma legale, che ne impedisse lo scambio, imponendo il riscatto aa scadenza da parte dello stesso soggetto che lo ha a suo tempo acquistato. Può trattarsi di una prassi o di una gravosità dello scambio, ma qualunque sia il motivo, se un titolo di credito resta nelle stesse mani, non può essere assimilato al denaro, diventando un patto bilaterale tra cittadino creditore e stato.
Ebbene, oggi i titoli di stato vengono scambiati vorticosamente, e quindi la loro mobilità è grande, simile a quella dello stesso denaro.
La domanda che mi pongo è semplice: quale sarà il vantaggio dello stato a emettere titoli di stato piuttosto che banconote? Se emetto titoli di credito senza la necessaria copertura in merci, genero comunque un eccesso di mezzi finanziari, ma nel caso dei titoli di stato, questo deve accollarsi la spesa per interessi, senza lo stesso eliminare il problema dell'inflazionarsi di titoli di credito sul mercato. A me non sembra una buona condotta, ci sarà qualche economista che mi spiegherà dove sbaglio e perchè quindi ci sono stati che hanno scelto di rinunciare all'opzione sicuramente meno gravosa della stampa di banconote.

Supponiamo adesso che le banche a un certo punto non si limitino a fare il loro mestiere, quello cioè di farsi dare denaro in prestito da risparmiatori e prestarlo a loro volta a imprenditori che lo utilizzino per la loro attività produttiva. pensano queste banche che si può guadagnare molto di più se, invece di collocare il denaro versato dai risparmiatori su un loro conto personale, lo utilizzino a garanzia di un titolo di credito da loro emesso. Adesso, da un euro di deposito, sono passati a due euro, uno di titoli, ed uno del denaro originale che danno comunque in prestito.
Ecco, penso che questo descriva in maniera probabilmente semplicistica ma spero efficace ciò che è successo sul mercato fianziario internazionale.
Sarebbe interessante discutere su come tutto ciò sia potuto accadere, se per distrazione degli stati o per complicità, se in autonomia da parte del sistema bancario, o in collegamento con il resto dell'economia, ma su questo non posso dilungarmi.
Fatto sta che la mancata stampa delle banconote, comunemente spacciato comportamento virtuoso, ha generato un mercato dei titoli di credito di dimensioni colossali e, visto che gli investitori cominciano a porsi il problema di chi pagherà alla fine questa massa immane di titoli, ma nello stesso tempo non vedono alternative credibili di investimento (ci provano con l'oro, ma la cosa è possibile solo per i grandi investitori, per gli altri il possesso di oro è molto complicato ed oneroso), la situazione apparre senza soluzione, e l'unica cosa che fanno gli operatori finanziari è galleggiare, attaccare i titoli italiani per lucrare su di essi, e poi a turno su altri, piccole speculazioni che non spostano di niente il problema in sè della fine che questi titoli-cartaccia devono fare.
Trovo singolare e masochistico che gli stati non si tirino fuori da questo gioco al massacro, e che pensino invece a come apparire più vantaggiosi rispetto ai paesi rivali, ma queste cose che scrivo, e non sono certo il primo a farlo, non sono rilevanti in un mondo che non è in grado di compiere scelte il cui effetto vada oltre un arco temporale di un anno al più.

7 commenti:

  1. L'emissione dei titoli dello Stato, in scienza delle finanze, ha un carattere provvisorio, un carattere di eccezionalità per la costruzione di opere o per una momentanea difficoltà. Invece l'indebitamento è continuato come prassi ed è stato usato per mantenere la spesa corrente e nei fatti è diventato come una forma perversa di emissione di denaro (è accaduto un po' come dici tu, ma non doveva accadere). La spesa corrente non si può finanziare con emissione di titoli e neanche con lo stampaggio del denaro, perché è sempre una fregatura per i più poveri, la si finanzia solo con le imposte da dar pagare a chi ha dei beni. Questo principio vale per economisti liberisti o marxisti, si tratta del minimo comportamento onesto di Stato. Ciò che è accaduto non doveva accadere, il comportamento è stato criminoso ed è cominciato con i governi democristiani. Poi con la "seconda repubblica" che è sempre la prima hanno continuato nello stesso modo, e si sono andati a cacciare nelle regole dell'Euro (tanto speravano nella crescita). Ora le alternative sono solo due: ridurre il debito gradualmente o uscire fuori dall'euro. Con l'uscita dall'euro si stamperanno lire e si pagherà con una moneta sottovalutata, ma se compreremo un barile di petrolio ci chiederanno dollari o oro, non si accontenteranno di un trilione di lire svalutate.

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  2. @Zaffuto
    Beh, per quel poco che ne so, le teorie di Keynes mi pare prevedano che sia fisiologico un certo disavanzo nel bilancio statale. Capisco che se hai un tasso di crescita superiore diciamo al 5% annuo, non hai problemi a finaziare il bilancio statale, ma in tutti gli altri casi, sembra abbastanza ragionevole prevedere di andare in rosso, anche se naturalmente in modo controllato.
    Dubito anche del fatto che l'aumento della massa circolante danneggi i poveri. Direi che danneggia chi detiene patrimonio mobiliare e favorisca chi detiene patrimoni immobiliari, ma per chi non possiede nulla, è tutto completamente indifferente. Per chi è disoccupato, potrebbe costituire una possibilità.
    Qui comunque il punto è sul confronto: qual è il vantaggio a emettere titoli di stato piuttosto che stampare moneta. Io non ne vedo alcuno.
    Il vincolo alla fine è dato dalla bilancia dei pagamenti: turismo contro petrolio non andrebbe male, no?

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  3. @Vincenzo
    Se non lo hai già fatto, leggi "il più grande crimine" di Paolo Barnard, dove è spiegato perché lo Stato può spendere a debito all'infinito.

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  4. Tento, ma non voglio certo dare lezioni, ormai come insegnante di economia sono in pensione e la ragioneria si sta allontanando dalla mia testa. L'aumento del circolante incide sull'inflazione, l'aumento dei prezzi provocato dall'inflazione si ripercuote su tutti con gli stessi effetti di una imposta proporzionale ma non progressiva in ragione della ricchezza. Il danno che viene ad avere chi ha pochi mezzi è più elevato rispetto ad un'imposta proporzionale e progressiva. Il coraggio di far pagare le imposte ai ricchi uno Stato lo deve avere, e penso che la strada maestra sia questa. In quanto a quello che dici su Keynes concordo, ma ne deve trarre un beneficio l'occupazione e non i privilegi delle caste. Più occupati significa domanda alta di beni e in qualche modo l'economia si rimette in moto. Debito per pagare privilegi di casta significa consumi di nicchia e accantonamento di ricchezze e l'economia si blocca. Oltre che di Keynes abbiamo bisogno di un po' di Marx.

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  5. @Zaffuto
    Capisco il tuo ragionamento, ma bisognerebbe anche riflettere sul fatto che stiamo parlando di una specie di tassa sul patrimonio e non sul reddito. Sulla progressività sono ovviamente d'accordo, ma chi propone di sottoporre gli interessi sui titoli di stato all'IRPEF? Mi pare che si dia per scontato di mantenere la percentuale uguale per tutti, e quindi l'inflazione al più si manterebbe nello stesso alveo del..l'attuale tassazione.
    Per me poi la piena occupazione dovrebbe stare al centro della politica economica, come ho illustrato in vari post.
    Sull'esito delle riunioni che si sono svolte negli USA in questi ultimi giorni, penso ritornerò perchè mi pare confermino le considerazioni che già facevo.

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  6. @BC
    Mah, Barnard mi pare un personaggio discutibile, e le sue argomentazioni non mi sembrano nè così originali nè così convincenti. Anche i commenti su "Stampalibera" mi sono sembrati non all'altezza dell'importanza dei fatti, vfedo un'isteria che non mi piace.

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  7. Sulla questione occupazione sono d'accordo al mille per mille.
    ciao

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