martedì 12 luglio 2011

EMERGENZA NAZIONALE COME NORMA PER GARANTIRE LA CONTINUITA'

Giornata campale quella di ieri, sul palcoscenico delle idiozie hanno voluto fare la loro apparizione in tantissimi, in questo teatrino globalizzato in cui siamo stati proiettati quasi senza accorgercene, alla tentazione di svolgervi un ruolo anche di comparsa, in pochi hanno resistito. In questa situazione, finisco perfino col rispettare il silenzio del premier, a cui evidentemente hanno comunicato la sua estromissione prossima futura.

In sintesi, si tratta di questo: di fronte alla caduta della borsa e al rialzo degli spread, si è detto che serve coesione nazionale. Dobbiamo fronteggiare uniti e compatti la speculazione internazionale, si dice. Bene, ciò significa allora che la speculazione ed il funzionamento dei mercati finanziari che la consente sono i nostri nemici? Oppure c’è un’ipotesi alternativa, e cioè che i mercati sono obiettivi, e come dice pateticamente Gomez essi rappresentano solo lo specchio che ci rimanda l’immagine obiettiva di ciò che veramente siamo in base ai comportamenti che abbiamo tenuto (sic!).

Capite bene che si tratta di due ipotesi assolutamente contrapposte, perché indicano un nemico a cui opporci, appunto con spirito di coesione nazionale, del tutto differente. Individuare il nemico è un punto essenziale, non ci si può unire e lottare assieme senza avere certezza di chi sia colui che dobbiamo lottare con spirito di sacrificio. Nel primo caso, i nemici sono i grandi speculatori internazionali, nell’altro però no, essi fanno semplicemente il loro mestiere, essi non hanno un piano preordinato, si arricchiscono solo sulle debolezze e gli errori degli altri.

E’ fondamentale chiarire questa alternativa per potere assumere i provvedimenti adeguati. Se il problema è costituito dagli speculatori, dobbiamo rivoluzionare le norme di funzionamento dei mercati finanziari, dobbiamo predisporre mezzi tecnici che impediscano a pochi potenti, potenti perché ricchi, di annullare le sovranità nazionali in termini di politica economica.

Se viceversa il problema è costituito da scelte scellerate commesse dall’Italia, allora sembra con tutta evidenza che chi tali scelte ha compiuto venga allontanato dalle posizioni di comando: non ci sto a militare in un esercito comandato da quello stesso generale che, sulla base delle scelte assunte, è il mio vero nemico. Allora, la testa di Tremonti dovrebbe volare via (metaforicamente, eh…) subito, senza ulteriori tentennamenti, magari portandosi dietro l’intero governo, ma certamente il primo responsabile va individuato nel ministro del tesoro protempore.

In verità, esiste una terza ipotesi, ed è quella che vede un’alleanza, magari solo implicita, tra nemici esterni ed interni, e questa è l’ipotesi che ritengo più valida.

Non è un caso che Tremonti goda di una grande stima nel mondo finanziario, e poiché io ritengo che il mondo della finanza sia la più grande e potente organizzazione a delinquere dell’intero globo, devo concludere che egli rappresenti un pericolo costante alla stessa sovranità nazionale dell’Italia.

Fare un’analisi dettagliata della politica economica portata avanti da questo ministro non è qui possibile, richiederebbe decine di pagine.

Posso qui però riassumere lo spirito della sua azione, la sua filosofia. La prima caratteristica che vedo è la mancanza totale di prospettiva sul futuro, per Tremonti il problema è tirare a campare, mettere le toppe dove si manifestano falle, e tanto peggio se domani queste falle solo tappate e non riparate si allargheranno fino a rendere magari impossibile, o comunque molto più difficile e dispendioso ripararle successivamente. Basti per tutti il caso del rientro dei capitali dall’estero, colpiti con una ridicola aliquota del 5%. E’ chiaro che tale provvedimento ha fornito una certa liquidità, e che quindi nel breve periodo a consentito di non inasprire i conti pubblici, ma esso ha contemporaneamente generato effetti nefasti a lungo termine, sia dal punto di vista della predisposizione a continuare nll’evadere il fisco, sia nell’avere eliminato una possibile fonte di introiti ben più consistente per lo stato, una operazione oscena che sarebbe bene che nessuno dimenticasse.

L’altra filosofia sta nel rifiuto della politica, nel considerare i provvedimenti economici come un’operazione matematica, la cosiddetta politica dei tagli lineari, che significa la fine stessa della politica, la sua totale subordinazione a dei criteri extrapolitici assunti come verità assoluta.

Il risultato di tutto questo, come è inevitabile seguendo questa logica perversa, è stato il progressivo peggioramento dei conti. Anche la manovra adesso in discussione va criticata non perché troppo onerosa, ma la contrario perché lo è troppo poco, perché segue la stessa logica che avevano i governi di Andreotti negli anni settanta, un copione già ampiamente visto: periodicamente, ogni tre-quattro mesi, si aveva un aumento del bollo, delle imposte sulle sigarette, delle accise sulla benzina, di tutti questi balzelli. Si può certo aumentare la tassazione su un certo prodotto, ma non certo con questa logica odiosa di rapina sistematica e periodica, ma perché ad esempio si vuole disincentivare l’uso del mezzo di locomozione privato, deve esserci dietro sempre un progetto che rinvii a una decisione di carattere politico.

Naturalmente, se guardate i giornali di oggi o se anche avete seguito i notiziari TV di ieri e di stamane, vedete come la gran parte dei giornalisti e commentatori si sia prontamente allineata.

Citerò il caso per me molto significativo del Prof. Mazzocchi, della Luiss che ha partecipato ieri pomeriggio a un dibattito su Skynews24.

Il suo intervento appare come una modifica peggiorativa della logica del “siamo tutti sulla stessa barca”. A proposito del mancato inserimento nella manovra economica delle norme per ridurre i costi della politica, egli ha sbottato dicendo “chi se ne frega, l’aumento dello spread e quindi del costo degli interessi sul debito pubblico ci costa più della politica”. Insomma, è come appunto se una barca stesse per affondare per il troppo carico, l’equipaggio rifiuta di buttare a mare il carico di rame trasportato, ma pretende da me che getti in mare anche i miei effetti personali: eh no, la prima mossa sta a chi comanda ed ha determinato col suo colpevole comportamento il pericolo, prima a mare il rame su cui vogliono lucrare, e poi getterò quanto mi appartiene.

Io credo che questa logica emergenziale debba necessariamente essere spezzata, e penso che prima lo si fa e meglio è: se si accetta, ogni rapina ai comuni cittadini onesti e virtuosi sarà allora possibile, che le cose giungano al punto di crisi a cui devono arrivare, facciamola infine questa pulizia, e facciamola al più presto senza sconti e facili solidarietà al rapinatore.

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