Sono apparsi, entrambi su “La Stampa” due articoli interessanti riguardo l’attuale crisi dell’Italia sui mercati finanziari.
Ieri, Luca Ricolfi ha ben sintetizzato tutte le magagne del decreto voluto da Tremonti per tirarci fuori dagli attacchi speculativi ed ora chiaramente dimostratosi clamorosamente inadeguato, dal punto di vista strettamente tecnico-economico.
Le tre debolezze che egli elenca sono da condivise totalmente, e non potrei aggiungere nulla alle sue parole.
Le riporto integralmente dallo stesso articolo:
Primo: è di entità risibile nel 2011-2012, mentre diventa draconiana solo nel 2013-2014, il che significa che i suoi effetti certi sono minimi, mentre gli effetti significativi non sono certi (gli impegni del 2013-2014 molto difficilmente potranno essere onorati, visto che non si sa nemmeno chi dovrà farlo: dalla fine del 2012 saremo in campagna elettorale).
Secondo: una componente della manovra, quella fiscale, non solo è spostata avanti nel tempo, ma è di contenuto sconosciuto, in quanto affidata a una delega fiscale.
Terzo: la manovra è troppo incisiva dal lato delle entrate (tasse), e lo è troppo poco dal lato delle uscite (spesa pubblica).
Giustamente, sullo stesso tema ritorna un altro commentatore, Stefano Lepri sostenendo, mi pare con ottime ragioni, che il quadro delle spiegazioni dell’inefficacia del provvedimento richiede l’integrazioni delle condizioni politiche, ed in particolare il ruolo chiave giocato sia dalla situazione politica nazionale, che da quella europea.
Sono ancora d’accordo con Lepri quando egli dice che la vera priorità non è tanto il superamento dell’impasse politico italiano con un premier privato di ogni vero potere ma tuttora indisponibile a mettersi da parte, e ancora in grado di garantirsi la maggioranza in parlamento, quanto la situazione dell’Europa. Semmai, l’articolo, pur rivendicandone la centralità per uscire dalla tempesta finanziaria, non approfondisce questo aspetto, nascondendo la problematicità di una prospettiva positiva a fronte dell’inadeguatezza della classe politica europea ad assumere decisioni molto drastiche e rischiose, che richiederebbero un coraggio che oggi davvero è difficile rintracciare al suo interno.
La condivisione sostanziale del contenuto di questi due articoli non comporta la messa in discussione dell’esistenza di un piano preordinato di ridimensionamento dell’euro dopo una lunga fase di attacchi molto lucrosi per la cupola affaristico-mafiosa di cui parlo ormai da tempo su questo blog. Le due cose convivono, nel senso che anche dal punto di vista dell’efficacia verso i mercati, il provvedimento recentemente varato non risponde neanche tecnicamente alle esigenze presenti, e ciò comporta il favorire delle manovre speculative che possono trovare un sostegno oggettivo anche da parte di risparmiatori oculati che spostano altrove i loro investimenti su una base strettamente tecnica, anche se privi di mire speculative.
A questo punto, è ineludibile chiedersi se il fallimento completo della manovra nelle sue intrinseche finalità possa sorprendere, o se fosse ovvio per le ragioni che Ricolfi elenca tale fallimento. Mi pare inevitabile sposare la seconda risposta, il fatto che una manovra così era destinata inevitabilmente al fallimento. Visto però che l’effetto della manovra è pesante sin da ora per gli italiani, dobbiamo giudicare negativamente il suo varo, ridistribuzione del reddito a favore dei più ricchi e contemporaneamente inefficacia a salvare l’Italia. Non vorrei che qualcuno se ne uscisse dicendo che c’abbiamo provato: in queste materie, le misure adottate debbono raggiungere il loro scopo, e quando non vi riescono sono una vera calamità per la nazione che le adotta.
Allora, devo concludere che l’intervento del Capo dello stato a gamba tesa nel merito dell’attività politica è stato un errore clamoroso, e vorrei invitare il Presidente ad astenersi da tali interventi: a sbagliare e combinare guai, il governo Berlusconi è bravissimo da sé, perché coinvolgervi in una certa misura l’opposizione? No, per risolvere problemi, non basta fare qualcosa, agitarsi a vuoto, bisogna avere un piano adeguato: che senso ha allora pretendere una rapida approvazione di un qualsiasi provvedimento su cui non si ha neanche il tempo di riflettere e ponderare? Come si può pretendere dall’opposizione di lasciar fare a un Tremonti ormai forse abbandonato dai suoi compagni di merenda del solito circolo affaristico internazionale?
Perché, mi chiedo allora, Presidente lei vuole passare alla storia come un maldestro candidato a salvatore della patria?
Questa volta non riesco a seguirti e cioè: in passato il presidente Napolitano veniva criticato perchè non interveniva adeguatamente e, se non sbaglio, anche tu auspicavi una sua netta presa di posizione. Oggi invece viene criticato perchè interviene a gamba tesa! Allora è proprio vero che in questo paese come fai fai, sbagli!
RispondiElimina@Ornella
RispondiEliminaNon mi pare di avere mai sollecitato Napolitano a intervenire sull'attività legislativa, come ha fatto stavolta, debordando in maniera clamorosa dalle sue competenze.
Forse, sarebbe interessante entrare nel merito anche del testo del decreto approvato in fretta e furia con il suo intervento determinante, sennò si rischia di esprimere giudizi su una base puramente emozionale: vuoi dire che ti sta bene il testo appena approvato che non avrà nessuna significativa influenza sull'andamento dei mercati finanziari?
Riguardo a Napolitano tante volte ci siamo detti che in qualche modo doveva intervenire per porre un freno alla politica berlusconiana tutta incentrata su leggi ad personam, tutti noi lo invocavamo a non firmare certi decreti, etc. E questo non è forse intervenire sull'attività legislativa? Riguardo alla manovra, figurati se l'approvo! Il mio nucleo familiare è tra quelli che ne risentirà maggiormente, tra mancata rivalutazione delle pensioni dal 2012, tassa immediata sul deposito titoli dei nostri risparmi( quelli sì frutto dei sacrifici di una vita, nostri e dei nostri genitori), eventuali tickets sanitari e così via.... Il fatto che Napolitano li abbia esortati ad approvarla immediatamente è perchè è stato preso dal panico nel vedere crescere a dismisura lo spread tra i nostri bot e i bund tedeschi, ed ha apprezzato solo il fatto che si sia fatto in fretta e non certo il contenuto, tanto è vero che ha esortato a fare di più per rilanciare la crescita. Per il resto non sono certo un'economista e non posso sapere in che modo possa influire sui mercati finanziari, una cosa ho capito però e cioè che Stato e alta finanza sono legate a doppio filo ormai, e se va a ramengo una, si tira appresso l'altra, e che ci piaccia o no da questo meccanismo perverso non ne usciremo più!
RispondiEliminaP.S. E come se non bastasse, per farsi schifare ancora di più, i signori parlamentari si sono ben guardati dal ridurre le spese della politica. Non chiamarmi cinica se spero che molti di loro abbiano quel moto di dignità mostrato dal vice di don Verzè e seguano il suo esempio!
Allora, cara Ornella, partiamo dal ruolo che la costituzione assegna al capo dello stato. Si tratta di uno snodo delicatissimo degli equilibri dei poteri che l'assemblea costituente ha progettato. Ricordo che questa figura è praticamente irresponsabile, perchè l'unico controllo deve passare attraverso la drammatica messa in stato di accusa davanti alla corte costituzionale. E' chiaro che una tale eventualità può presentarsi solo in casi estremi, e non certo quindi per uno sconfinamento dei ruoli. Ciò però non dovrebbe comportare lassismo nei comportamenti presidenziali, ma al contrario una severa e puntuale autodisciplina.
RispondiEliminaOra,il Presidente ha il dovere, prima ancpora che il diritto di verificare i requisiti di costituzionalità dei decreti che gli vengono portati alla firma. Si può a lungo discettare se la violazione della costituzione debba essere palese, come sostenuto in precedenti occasioni dallo stesso Napolitano, oppure si tratti di un giudizio dello stesso tipo di quello che spetta alla corte costituzionale quando questa venga chiamata a pronunciarsi.
Altra cosa, ed è strano che tu non lo colga, è esercitare presisoni su determinati partiti per condizionarli ad un certo comportamento parlamentare, soprattutto quando si tratti del partito di provenienza del Presidente: qui, lo sconfinamento è sotto gli occhi di tutti, in quanto interagisce indubitabilmente sulle prerogative di mebri del parlamento, un potere differente da quello svolto dal Capo dello stato.
Capisco che certe sottigliezze possano sfuggire nel clima da fine impero in cui ci troviamo, ma si tratta di questioni di principio della massima rilevanza.
Naturalmente, non mi nasconderò dietro un dito, tralasciando che il mio giudizio così severo è anche (anche, non soltanto, sia chiaro) correlato al merito del provvedimento approvato in fretta e furia, che ritengo una vera calamità, in quanto manda un segnale di sottomissione ai mercati, nella scia di una logica suicida adottata dall'europa intera, e all'interno consente al furbetto di turno, all'anagrafe Giulio Tremonti, di colpire i ceti più poveri presentandosi tuttavia come il custode della stabilità finanziaria italiana.
Alla fine, i mercati non si fanno certo tranquillizzare da questo pacchetto di misure raffazzonato, la stabilità non viene per niente garantita, e l'unico effetto che si produce è lo spostamento di reddito dai più poveri ai più ricchi.