Prendo spunto dalla dichiarazione di ieri di Tremonti sul fatto, peraltro più che ovvio ed evidente, che la crisi continua. Ciò che mi preme sottolineare è il modo stesso in cui governanti di tutto il mondo parlano di questa crisi, e Tremonti non fa certo eccezione. Domina in modo evidente una visione come di un evento che c'è caduto improvvisamente tra capo e collo, come si trattasse insomma di una specie di cataclisma. Non è un caso che sia stata usata l'espressione "tsunami finanziario": come uno tsunami, questa crisi si sarebbe cioè abbattuta sull'umanità senza alcuna responsabilità riscontrabile a carico delle scelte politiche dei maggiori paesi del globo.
La prima cosa da puntualizzare è che è stata una scelta esplicita dei governi importare una crisi del sistema bancario al sistema finanziario globale. Si poteva scegliere cioè di far fallire le banche, come del resto è stato fatto per unba di esse, la Lehman Brothers, con consegfuenze certo nefaste per tanti risparmiatori che avrebbero visto dissolversi nel nulla i loro capitali. Ebbene, la scelta è stata quella di ripartire il danno sull'intera platea dei cittadini, anche su quelli nullatenenti. Mi chiedo a quale criterio di equità abbia corrisposto questa scelta, se non sarebbe apparso più equo far pagare chi, con una responsabilità quantomeno oggettiva, consistente nella scelta di affidare i propri capitali a chi non meritava quest'atto di fiducia, piuttosto che distribuire il danno a chi non era per niente coinvolto nella vicenda, perfino a chi è stato costretto ad assumere su di sè un debito nella situazione estrema di nullatenente.
La cosa non finisce comunque con questa scelkta iniziale, i vari G hanno adottato delle scelte che appaiono ora errate, hanno caricato i bilanci pubblici di debiti importati dalle banche, ed hanno assunto delle scelte di rigore finanziario imposto ai propri stesi bilanci. forsae non a tutti è chiaro che la causa prima della crisi, l'esistenza dei cosiddetti "titoli spazzatura" non è stata minimamente rimossa, questi titoli stanno ancora in giro sui mercati finanziari a continuare ad influenzare il loro andamento. Insomma, è come se un mare fosse stato minato, e un ammiraglio avesse deciso non di rimuovere le mine, ma soltanto di blindare più efficacemente le navi (cioè le istituzioni finanziarie), caricando tra l'altro il costo sulle industrie siderurgiche, e il giorno dopo questo stesso ammiraglio avesse chiesto conto e ragione dei loro bilanci a queste stesse industrie siderurgiche, rapinate il giorno prima da lui stesso. In ogni caso, tutti comprendono che se le mine che si dovessero accumulare sulle paratie di rinforzo approntate fossero troppo numerose, questa blindatura sarebbe inefficace a svolgere questo ruolo di protezione, e la loro deflagrazione contemporanea causerebbe egualmente quei danni che si volevano evitare.
La questione più rilevante però è ancora un'altra, e cioè se la cura della crisi possa passare attraverso una ricetta liberista, assunta come dogma, insomma quella che potremmo definire la "dottrina Marchionne". In sostanza, quella stesso mercato che ha causato una crisi così profonda viene individuato come cura, il veleno improvvisamente asurto ai fasti di medicina. Qui, bisogna tornare a ragionare, e ragionare significa ripercorrere le tappe che hanno portato l'umanità a sposare l'economia di mercato. Se così si facesse, si scoprirebbe un'ovvietà che però oggi è diventata un tabù, e cioè che al centro di ogni scelta dell'umanità ci deve stare l'uomo, e accanto all'uomo la preservazione della natura in senso lato. E' in definitiva un approccio iperideologico che ignora completamente la catena logica che ha portato alla scelta del mercato, e così facendo trasforma il mercato da mezzo a fine della politica.
Questa pervicacia di governanti di tutto il mondo a rifiutarsi di ripensare il sistema economico come finora l'abbiamo concepito non può che portare danni e forse perfino calamità da cui sarà difficile se non del tutto impossibile risollevarsi.
C'è poi la specificità italiana, che però a me appare più come un'anticipazione di ciò che avverrà in tutto il mondo, almeno in quello occidentale, il sistema Italia come un modello che altri seguiranno purtroppo.
Una nazione in cui si parla di centoventi miliardi di evasione fiscale annua, di un costo della corruzione pari a sessanta miliardi annui di euro, è chiaramente una nazione che ha abbandonato ogni carattere democratico, che si è tramutata di fatto in un'associazione a delinquere globale. Chi governa, non dovrebbe curare il taglio alla cultura e all'istruzione (dicendo da analfabeti, che con la cultura non si mangia), ma trovare una soluzione anche parziale a problemi di tale dimensione, e che come extra-effetto hanno quello di degradare il vivere civile di questa nazione. Naturalmente, parziale non può significare uno o pochi punti percentuali di recupero di queste somme, ma percentuali a due cifre.
E' però evidente che sarebbe vano aspettarsi da un ministro come Tremonti che ha promosso il cosiddetto "scudo fiscale", che proporrei di ribattezzare "regalo agli evasori", questo salto di qualità: stanno tutti lì a galleggiare, come fa certa materia organica a volte puzzolente. Per galleggaire in questa nostra povera Italia non bisogna risolvere i problemi, perchè risolverli significa sconvolgere equilibri ed interessi forti coinvolti, quanto piuttosto mettere toppe, pannicelli caldi che permettano all'economia di non crollare, rimanendo solo malata, tanbto i dani li pagano sempre i più deboli.
NonUnaDiMeno
5 ore fa
Un quadro perfetto, con tutti i dettagli necessari per far capire a tutti in che mani siamo.
RispondiEliminaCiao Vincenzo,
Lara
io invece mi aspettoche ad un certo punto dall'alto dei loro scranni dicano: " La crisin è finita",. Ed intanto i milioni di cassaintegrati e altrettanti disoccupati non cambieranno la loro posizione e diranno: " Per voi magari sì, ma per noi?".
RispondiEliminaIl punto è che certi questa crisi l'hanno vissuta di sguincio, ma ad altri è crollata nella vita come una valanga.
"Ma cos'è questa crisi, papapa parapà, ma cos'è questa crisi...." mi sembra proprio di sentire Berlusconi che canta quest'antico motivetto, prendendo l'Italia intera per il sedere.
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