sabato 6 febbraio 2010

TOH, CHI SI RIVEDE, LA CRISI FINANZIARIA

Sembrerebbe quindi che anche su un piano squisitamente finanziario, la crisi non sia alle spalle. Sapevamo che lo stato dell’economia morde forte soprattutto sul piano dell’occupazione, e in realtà finora quasi esclusivamente nei paesi occidentali o equiparabili. Si diceva però che era un prezzo inevitabile da pagare, che la ripresa dell’occupazione viene inevitabilmente in tempi successivi. Ora ci svegliamo con la crisi finanziaria in pieno svolgimento nella stessa aria euro. E’ di pochi giorni fa l’attacco di Obama al sistema bancario. Hanno scoperto, guarda un po’, che con gli aiuti di stato, le banche hanno ripreso alla grande la speculazione in termini simili a quelli responsabili della bolla finanziaria che si è voluto sgonfiare alla meno peggio.

Come molti meglio di me hanno detto allora a caldo, la crisi finanziaria era un’ottima occasione per riformare il sistema, ed invece c’hanno messo le toppe, ed ora scoprono che i vestiti rammendati alla meglio sono uguali a prima: dove sta allora la sorpresa?

Dunque, l’occidente, con in testa gli USA, rifinanziano con ingentissime somme il sistema bancario, importando la crisi negli stessi bilanci statali, e scoprono appunto che il virus tende a propagarsi se lo si spalma sull’intero sistema, mentre gli appestati, cioè le banche, invece di cambiare stile di vita, mettersi a dieta, prendere regolarmente le medicine, riprendono la vita di sempre: insomma, visto che la comunità ha generosamente elargito trasfusioni, ci si può attendere che le trasfusioni proseguano anche in futuro.

Nel frattempo, i paesi emergenti hanno sfruttato prepotentemente la crisi per redistrubiure a loro favore il potere economico, e quindi non solo quello, mondiale. La Cina in maniera massiccia, ed altri paesi al seguito, hanno comprato a man bassa risorse economiche in tutto il globo: basti pensare a tutti i terreni acquistati dalla Cina nel continente africano, roba da cambiare i consumi alimentari stessi in tutto il mondo.

Insomma, le banche hanno fatto i propri comodi, e così pure ciascun paese, senza evidentemente mai porsi il problema dell’ordine economico mondiale. Una cosa però hanno tutti capito, la dimensione della crisi e le scelte radicali che richiedeva: non risolutive del problema, ma sicuramente vantaggiose almeno sul breve periodo per il proprio paese. Chi invece si trova nell’occhio del ciclone, è proprio la nostra malandata Europa, la cui immagine può ben essere impersonata dalla grigia figura di Trichet, che periodicamente ci fornisce le sue gocce di ovvietà inconcludente. Questi davvero c’è da chiedersi, in che mondo mai vivano. Basti considerare come abbiano uno specifico giorno di riunione del direttivo, e tutte le decisioni devono essere assunte in quelle riunioni. Cioè, vi rendete conto, secondo costoro, i mercati aspettano la riunione settimanale, gli operatori finanziari stanno lì buonini senza creare problemi: le iniziative del mercato sono confinate al giovedì, gli altri giorni non bisogna disturbare i soloni della banca europea.

Insomma, l’Europa si muove come un bradipo, mentre ogni paese sta bene attento a preservare la propria autonomia.

Ma il buon Trichet non risparmia occasione per ricordare il patto di stabilità, le regole della buona finanza, senza comprendere on che mondo si trovi. Ma un dubbio, che sia uno, sul fatto che tali regole d’oro non hanno per nulla preservato l’Europa dalla crisi, e che invece hanno obbligato l’Europa a una crescita sempre più lenta dei paesi concorrenti, un singolo semplice dubbio non gli sorge? Sembra trattarsi di un mondo chiuso in sé stesso, preso dalle sue proprie logiche e del tutto impermeabile a quanto accade intorno.

Qui siamo come nel gioco del domino: se cadesse la Grecia, allora trascinerebbe nella sua caduta gli altri, rpima Portogallo ed Irlanda, poi subito dopo la Spagna (forse in Italia Zapatero è stato troppo osannato…), e poi sarà il turno anche dell’Italia, e aquel punto sarebbe un si salvi chi può…

8 commenti:

  1. Non ho assolutamente la tua cultura in materia di alta (??) finanza, e ti parlo da quisque de populo. Quale sarebbe - secondo te - la soluzione? Le banche fanno il porco del comodo loro e i governi non riescono (o possono) metterle in riga, perché - presumo - sono tenuti in scacco dagli istituti di credito. L'Europa mi sembra una vecchia ciabatta che si sia fatta un lifting: la pelle regge per un po', ma poi si ammoscia di nuovo. E ora stanno cedendo, come giustamente affermi, i primi pezzi: Grecia, e a seguire Irlanda, e poi... Che fare, in questo scenario apocalittico? Tornare al pre-UE? Io non ho davvero risposte.

    RispondiElimina
  2. @BC
    C'èm un problema tecnico, ma c'è soprattutto un problema politico. Io non ho competenze in materia: a quanto ho letto, il punto sta nel separare le funzioni da intermediario delle banche, tipo che io investitore do' il mandato a te, banca di comprarmi quel determinato titolo a quel prezzo, dalle funzioni di investitore in proprio. Le banche sostengono che non sia possibile, mentre sembra che nei loro conti interni, le attività siano invece chiaramente separate. Non mi addentro ulteriormente, perchè non ne ho le competenze.
    C'è però una questione politica, e cioè l'esaltazione del mercato che è la base ideologica stessa della nostra società: su questo, i governi, a partire dello stesso Obama, continuano a sostenere che il problema è esattamente opposto, cioè quello di farli funzionare (i mercati). Io sostengo nel mio libro che una società basata sul mercato alla lunga non può funzionare: funziona se si basa su un'etica condivisa, e ai nostri tempi l'umanità si trova sul baratro. E' come se hai un gruppo di bambini che giocano. magari se stanno in un campo recitanto, li puoi lasciare fare, ma se invece c'è un baratro ai confini dello spiazzo dove giocano, allora ci vuole qualcuno che li contenga, o magari sarebbe più prudente farli giocare seduti.
    Per noi europei, non penso affatto al ritorno alle monete nazionali (sarebbe pressocchè impossibile), edico che l'Europa e i suoi governanti mi sembrano delle "belle addormentate nel bosco": dovrebbero svegliarsi.

    RispondiElimina
  3. Io penso che questo sia l'ennesimo fallimento del sistema capitalistico. E il bello è che i nostri governanti continuano ancora ad esaltare il "libero" mercato.

    Se fosse per me, farei diventare l'Italia un Paese distaccato dai mercati e dall'intera economia, Preferisco essere un terzo mondo, ma almeno socialmente forte come Cuba.

    Io dell'economia, del PIL me ne frego. Perchè abbiamo visto che se una nazione è economicamente forte, non vuol dire che la gente stia bene. Non c'è nessuna equazione. Guarda la Cina o gli USA ad esempio.

    Anche io parlo come un non esperto in materia, ma sono per la decrescita.

    RispondiElimina
  4. L'unica riflessione che sono capace di fare è la seguente: se non hai soldi a sufficienza sei angosciato perchè è dura arrivare a fine mese e sostenere i figli nei loro studi, per non parlare delle altre eventuali problematiche familiari, se hai un po' di soldini, ma non tanti da poter essere investiti in immobili di un certo valore, sei ugualmente angosciato perchè temi che quelle obbligazioni che hai sottoscritto si trasformino in carta straccia. Insomma: come la giri e come la volti è sempre un'angoscia! :) Sorrido per non piangere!

    RispondiElimina
  5. Molto interessante anche il commento che hai lasciato a Bastian.

    Devo dire che se la crisi si era attenuata qui in Italia non ce ne siamo mai accorti....

    Sui sistemi bancari mondiali (italiano non ne parliamo), ci sarebbe da scriverci un saggio....

    "Gocce di ovvietà" a proposito di Trichet; l'ho trovato straordinario!

    RispondiElimina
  6. @Inka
    E' quello che sostengo nel mio libro: non solo la tutela ambientale ci obbliga a ridurre i consumi, ma pensare alla felicità come accumulo di oggetti, è un'ipotesi da mentecatti.

    RispondiElimina
  7. @Ornella
    Certo che se uno si vuole angosciare, perchè non permetterglielo? :-D

    RispondiElimina
  8. @Daniele
    Il fatto è che la crisi sta ancora davanti a noi, e non mi pare che a livello mondiale ci sia consapevolezza della gravità e ipotesi valide per uscirne. Ognuno si fa piuttosto i conti in tasca, e così, senza mettere l'interesse collettivo davanti a quelli dei singoli, non c'è via di uscita.

    RispondiElimina