mercoledì 18 febbraio 2009

SULLE VICENDE DI VELTRONI E DEL PD

Vorrei intervenire sulla crisi che si è aperta nel PD, ma non so ancora, adesso che mi accingo a scrivere, come riuscirò a sintetizzare nel formato atteso per un post: forse dovrei scrivere un libro sull’argomento!
Partirò dalla fine: le responsabilità personali attribuibili a Veltroni. Enormi direi, non ha capito, o almeno così appare, che doveva sfruttare al massimo il potere che l’elezione diretta con le primarie gli aveva dato. Invece ha cincischiato, dicendo che è bene che ci siamo opinioni diverse in un partito. Ma insomma, se il problema dell’ulivo e quindi delle politiche di Prodi, era che metteva assieme cose troppo diverse, diciamo da Mastella a Ferrero, in che senso il PD era un superamento se decideva di continuare a vivere con tali contraddizioni? E in ogni caso, in un partito, si vota sulle questioni importanti, e poi si fa ciò che la maggioranza ha scelto. Subito dopo le elezioni politiche, doveva essergli chiaro che lo aspettavano tempi difficili, con questo berlusconismo montante. In queste condizioni, che vantaggio aveva a tirare la carretta senza comandare? Mi avete voluto? Bene, ora si fa come dico io, oppure mi ripresento davanti ai miei elettori (quelli delle primarie) e vediamo se scelgono me o i vari capetti con le loro confraternite del potere! Possibile che non abbia capito che questa politica della mediazione ad ogni costo lo avrebbe logorato? E’ arduo crederlo, è più probabile che egli davvero non sapesse immaginare una politica. Questa è alla fine la mia diagnosi, il vuoto mentale totale, l’incapacità di immaginare un tipo di società più o meno ideale. Ancora ieri, ad ottoemezzo, ho sentito la Bindi, che mi pare davvero patetica ormai, che apparentemente commossa, recitava a memoria il discorso d’insediamento di Obama, affermando che anche il PD vuole quelle cose lì! Ma davvero, secondo la Bindi, il compito di un politico è quello di scopiazzare il discorso del leader di un altro paese, senza neanche tenere conto delle differenze di ogni tipo tra una nazione e l’altra? La Bindi è chiaramente un esempio di una classe politica ormai superata, col suo senso comune da DC, senza ormai riferimenti ideali, tutta compresa da questo suo ruolo di mediatrice politica…. E la Bindi è una delle migliori, lascio a voi trarre le conclusioni sulla generalità del ceto politico del PD.
Questi dirigenti del PD ormai sono prigionieri del loro ruolo, non sono portatori di progetti di nessun genere, uniti solo dall’essere contro Berlusconi, come se ciò potesse bastare a fare un partito e una politica!
Del resto, questo famoso progetto del PD era una cavolata sin dall’inizio. Prendiamo due forze politiche, che tra l’altro sono entrambe fatte da ex, ex comunisti da una parte, ed ex DC dall’altra, decidiamo di unirle in un’unica formazione. Bene, uno direbbe, fatelo! Convocate i rispettivi congressi e sancite lo scioglimento. Contemporaneamente, si apre la campagna d’iscrizione al nuovo partito. Definito un termine, gli iscritti, organizzati territorialmente, avrebbero proceduto all’elezione degli organi costituenti, i soli evidentemente abilitati a decidere. Ma no, invece nominano un gruppo di costituenti, mi pare presieduti da un docente di politica, e gli dicono: diteci voi come dev’essere fatto questo nuovo partito. Ma dico, siamo matti? I partiti adesso si fanno a tavolino? No, non sono matti, sono solo dei professionisti della politica, poveri di idee, ma potenti, come lo si è in questo tipo di politica, cioè per le conoscenze e le amicizie che hanno. Allora, non è che davvero volessero fare un nuovo partito, il che implicava un azzeramento dei poteri, no, era solo sommare due partiti in uno. Con l’aggravante della delega ad alcuni sedicenti esperti dello stabilire tipo di strutture, percorso formale e, udite, contenuti ideali del partito: i contenuti ideali dettati da esperti? Ma come poteva mai riuscire un simile progetto?

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