giovedì 21 giugno 2012

ESSERE SCRITTORI OGGI

Sul blog vibrisse ho di recente avuto una garbata polemica riguardante le scuole di scrittura creativa. 
Esistono infatti, non so se tutti ne siate informati, scuole dove aspiranti scrittori, e qui intendo parlare di narrativa naturalmente, possono provare ad imparare l'arte.
La cosa, se ci pensate, è abbastanza stravagante, perchè ciò che distingue il grande narratore da tutti noi che pure siamo anche noi in grado di scrivere senza commettere errori di grammatica e sintassi, almeno ci proviamo, sta proprio in una straordinaria capacità nell'esprimersi, che la tecnica dello scrivere letterariamente non è separabile da ciò che si vuole esprimere, si tratta di un tutt'uno, che chi non riesce ad esprimere ciò che sente non può essere definito artista...

Ebbene, se esistono degli insegnanti che come tali sanno scrivere meglio di me, allora non si capisce a cosa io aspiri, soprattutto considerando che tali corsi si seguono in età adulta, quando puntare a progressi dovuti alla crescita non sono ipotizzabili. 
Riprendo queste tematiche però non per la questione specifica del significato di simili scuole, è una questione in fondo abbastanza marginale, svolgono in ogni caso un loro ruolo di socializzazione e forse anche di promozione, ma per una questione che mi pare connessa della possibilità stessa di essere grandi narratori oggi.
Mi chiedo cioè se sia possibile in una società strutturata come la nostra mantenere una dimensione d'intimità, quella assoluta se pur limitata ad aspetti parziali della nostra vita, intimità messa così tanto a repentaglio dalla pervasività della nostra società. Una volta accettata la supremazia dell'economia, la verità è che nessun aspetto del nostro privato può rimanere integro, tutto diventa un'occasione di attività di interesse economico, e per questo noi diventiamo inconsapevolmente dei semplici consumatori. 
Vi è insomma mi pare una banalizzazione delle nostre vite, e i nostri sentimenti più intimi e le stesse parole per descriverli sono talmente oggetto di consumo da metterne in dubbio perfino il preservarne la loro stessa  autenticità. Se scrivere diventa un mestiere come qualsiasi altro, se addirittura diventa un segno di riconoscimento sociale, oggetto di insegnamento e di scambio economico così palese, se lo scrivere non è più considerato un peccato, una forma di deviazione dalle norme sociali, allora io credo venga messa in serio dubbio la stessa possibilità di produrre un oggetto che non sia soltanto oggetto di consumo transitorio, senza possibilità di assegnarli valore artistico, almeno nel modo in cui ciò tradizionalmente è stato inteso.

5 commenti:

  1. Molto americana questa cosa;Io leggo molti libri e purtroppo mi capita di leggere pessimi romanzi americani e nel risvolto di copertina quasi sempre l'autore ha fatto la scuola di scrittura creativa.Da evitare accuratamente,non imparano a scrivere, semplicemente a confezionare un prodotto per consumatori dai gusti mediocri.Si può dire il "fast food" della letteratura.Molto giusta la tua riflessione.

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  2. Concordo con te al duemila per cento... :)

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  3. hai ragione. E' un tentativo di omologazione della scrittura teso a sfornare "scrittori" tutti simili. E' come quando nel mondo della musica esce un gruppo che fa tendenza e tutte le case discografiche puntano a creare cloni dello stesso senza capire che é trovando un altro "genio" che possono fare la differenza.

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  4. Scusa, ma tu hai osato polemizzare con un trader letterario che ha fatto pubblicare una marchetta pubblicitaria su un quotidiano locale?
    Ho letto la garbata polemica e mi sono divertito un sacco.
    Complimenti per la resistenza. Sei andato a parlare di corda in casa dell'impiccato.

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  5. a me piacerebbe frequentare, ma non ne ho il coraggio, questa qui http://www.lua.it/, la libera università di Anghiari dove si fa il diario autobiografico, mi piace perchè è addirritura coinvolto tutto il paese e anche il circondario, è più un lavoro introspettivo e da quello che ho capito ti insegnano solo a metterlo giù in una forma accettabile da leggere, senza la presunzione di farti diventare un grande scrittore

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