- Il PDL attraversa una grave crisi. Sembra una
crisi irreversibile. In effetti, la diagnosi della crisi è elementare, ha un
nome, quello di Berlusconi che, come fondatore e padrone del partito, non può
credibilmente essere eliminato. La cosa più ridicola è data dall’agitarsi
scomposto dei dirigenti di quel partito che finiscono per chiedere la soluzione
a chi invece con tutta verosimiglianza costituisce il problema. Finchè questi
non avranno capito che l’inizio della risoluzione consiste nel liberarsi della
presenza, anzi di qualsiasi vaga influenza di Berlusconi, non ne usciranno
minimamente fuori.
- Fassina propone le elezioni anticipate. Fassina?
Ma per favore, è lo stesso Bersani che lancia questo ballon d’essai per vedere
che reazioni provoca negli altri partiti e nel governo, e rappresenta anche un
segnale di significato non facilmente decifrabile all’interno del suo stesso
partito. Si potrebbe supporre che egli intenda dire alla destra interna che
certi atteggiamenti troppo filogovernativi potrebbero avere uno sbocco opposto.
- Per essere liberisti, ci vuole anche una buona
dose di idiozia. Questa cosa del buco sulle tasse è, malgrado la sua obiettiva
gravità, gustosissima. Ohibò, a quanto pare non basta aumentare l’aliquota
applicata per aumentare nella misura prevista il gettito. Insomma, questi come
tecnici fanno davvero schifo, diciamolo francamente. Non sanno fare di conto,
hanno imparato solo la moltiplicazione, una simulazione magari con un semplice foglio
di calcolo è per loro già un’operazione troppo complicata. Se un idraulico si
fosse comportato come loro, l’avrei mandato subito via a calci nel sedere. Del
resto, lo sanno anche loro di non avere la competenza, avete visto che hanno
chiamato dei consulenti ad aiutarli?
- Allora, ci sarà modo almeno ora di convincere i
più riottosi che il problema economico è rappresentato dal debito privato, cioè
del sistema bancario, e non di quello pubblico? Draghi c’aveva provato a
risolvere il problema dello stato fallimentare delle banche dell’eurozona, immettendo
la bellezza di mille miliardi di euro freschi freschi, e proprio dedicati alle
banche, ma è chiaro, sono solo pannicelli caldi, le banche non ce la possono
fare a risolvere i loro guai, il loro fallimento è ineluttabile, si può solo
rinviarlo, ma non evitarlo. Mi riferisco alle banche spagnole, e vedete come ha
reagito Obama? Certo, si sta approssimando la scadenza elettorale per la
Presidenza degli USA, ma non si tratta solo di questo. I guai dei bilanci
statali, dovuti ad esempio all’aumento dello spread non mi pare abbia suscitato
reazioni così pressanti da parte USA, ma se si parla di banche, allora la cosa
cambia totalmente. Il fatto è che una crisi bancaria è soggetta a contagiare le
altre banche in un tempo estremamente breve. C’è tutto un circuito
interbancario che correla la sorte della singola banca a quella di tutto il
sistema. Così, si sostiene una situazione bancaria specifica. D’altra parte
però, questo implica che ogni fallimento tende a peggiorare lo stato
finanziario dell’intero sistema bancario, e nessuno è più fragile delle grandi
banche USA e dell’UK, puntellate alla meno peggio da abbondanti forniture di
liquidità da parte dei loro governi. Quando insomma la crisi si sposta dal
luogo immaginario, i bilanci statali, a quello effettivo, il sistema bancario,
allora i grandi tremano perché sanno di non avere neanche affrontato il
problema, di averlo solo messo da parte in attesa del prossimo scoppio.
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