Si avvicina la fatidica data, o
presunta tale, del 17 giugno, giorno in cui contemporaneamente, si saprà con
che maggioranza parlamentare Hollande potrà governare in Francia e quale sarà
la nuova maggioranza parlamentare in Grecia.
Ed ecco che sui mercati
finanziari si accendono i fuochi di artificio, la crisi delle banche spagnole
si intreccia con questa situazione di attesa dei risultati elettorali, ed.…entra
in crisi l’Italia. Ho messo i puntini di sospensione per sottolineare
l’apparente anomalia, per cui la crisi di un certo paese ha effetti più marcati
su un altro paese, piuttosto che su quello direttamente coinvolto. Il
meccanismo ha una sua perversa logica, la Spagna è già nei guai e si sa che non
è certo una nazione ricca, il PIL del passato decennio è in effetti gonfiato da
una crescita tutta centrata sull’edilizia che si è oggi trasformata in una
esplosiva bolla immobiliare con migliaia di appartamenti appena costruiti
invenduti, anche in luoghi di un certo pregio abitativo come nei pressi della stessa
capitale Madrid. Ai spagnoli, c’è ben poco da predare, finiranno quasi
sicuramente come i greci, sotto ricatto ma mai distrutti, almeno finchè si
vuole che un’eurozona continui ad esistere...
L’Italia, viceversa, è una
nazione ricca, perfino proporzionalmente più ricca della stessa Germania, non
certo come PIL pro capite, ma come ricchezza accumulata nel tempo. All’Italia,
si può strappare grandi risorse economiche, ed è quello che il governo Monti si
è impegnato a fare con tutto sé stesso. Le tasse che abbiamo fin qui pagato,
infatti, dove vanno a finire secondo voi? Magari voi pensate che servano a
riempire le casse dello stato, ma la verità nuda e cruda è ben altra, finiscono
nella mano di quelle forze che hanno la capacità di influenzare i mercati. Sarebbe
bene ricordare che, con un debito prossimo ai duemila miliardi di euro, un
punto percentuale in più di interessi sui titoli di stato, corrisponde a una
maggiore spesa annua di ben venti miliardi, cioè più di trecento euro per ogni
cittadino italiano, compresi neonati e moribondi, nessuno escluso: immaginate
da voi come quindi questo stesso numero si moltiplichi se riferito ai soli
produttori di redito, che sono ragionevolmente abbastanza meno della metà del
totale, e così siamo già a seimilacinquecento euro per produttore di reddito
per anno, una cifra davvero enorme.
Insomma, alla fine le casse dello
stato sono solo un luogo di transito di questo denaro, mentre i problemi di
bilancio pubblico rimangono del tutto inalterati. E’ notizia recente che già il
governo ha visto ridurre gli introiti dell’IVA di tre miliardi e mezzo rispetto
alle previsioni, perché questo prosciugamento della liquidità conseguente alle
politiche di rigore porta a un ulteriore rallentamento delle attività
economiche con il risultato che per aumentare di cento le entrate fiscali,
bisogna in realtà fare un intervento da 140 sulle attività correnti per potere
tenere conto del minore importo su cui opereranno realmente.
C’è poi il partito dei tagli, che
dice che invece di aumentare le tasse bisogna piuttosto che lo stato spenda
meno, che chiede quindi che si tagli il bilancio statale. Ora, non è che sia
irrilevante che il risparmio si operi attraverso più entrate o meno uscite, ma
dal punto di vista dell’andamento del PIL la cosa è effettivamente del tutto
irrilevante. Se infatti lo stato riduce le spese, la liquidità si riduce
ugualmente, se lo stato ad esempio licenziasse un suo dipendente, quella
famiglia non avrebbe i soldi per fare la spesa, analogamente alla situazione in
cui un imprenditore per pagare le tasse non avesse più introiti dalla sua
attività che gli permettessero di andare al supermercato per shopping. Vorrei
chiedere a Gavazzi ed a simili geni, cosa cambi dal punto di vista complessivo
dell’effeto depressivo sull’economia. Naturalmente, per il dipendente statale e
per l’imprenditore le due soluzioni sono del tutto differenti, ma non scambiamo
questo effetto redistributivo per un effetto recessivo, si tratta di due
questioni del tutto distinte.
So che non è fine autocitarsi e
ricordare quante previsioni fatte su questo blog hanno finito per avverarsi,
ma, senza questa volontà di autoincensarsi che non mi appartiene, è giusto
ricordare le cose dette e le cose fatte, le cose che governo e forze politiche
hanno messo a fondamento delle loro scelte e il fallimento totale che ne è
conseguito. Ci dovrà alla fine essere un momento dei bilanci, di come un uomo
pubblico ha giustificato le sue scelte e di come tali scelte si siano poi
rivelate fallimentari, perché l’alternativa è permettere che il nostro paese
vada al fondo senza reagire neanche con le parole.
Ciò che sta succedendo all’Italia
è qualcosa di davvero gravissimo, un ceto politico inetto e in una sua parte
non trascurabile truffaldino, in un momento considerato d’emergenza, ha deciso
di consegnare l’Italia ad alcuni personaggi, i componenti dell’attuale governo,
ed il motivo è la stima che questi godono in non meglio precisati ambienti
internazionali.
La funzione che tale governo
avrebbe dovuto svolgere era quello di suscitare, sia per la propria identità
che per i provvedimenti assunti, la fiducia dei mercati. Se consideriamo come
sua misura quantitativa, come mi pare ragionevole, il differenziale di
interessi tra i nostri titoli di stato e quelli analoghi della prima della
classe, la Germania, il famoso spread che ha imperversato in questi mesi sui
mass media, vediamo che, dopo una fase iniziale di riduzione significativa, lo
spread, tornando a salire, segnala una nuova caduta di fiducia. Non si potrebbe
tuttavia giudicare correttamente l’andamento dello spread tacendo sulla enorme
immissione di liquidità intervenuta nel frattempo da parte della BCE di Draghi
a favore degli istituti bancari europei. E’ evidente che le banche, trovandosi
a disposizione una grande liquidità, almeno temporaneamente, l’abbiano in parte
significativa impiegata per acquistare titoli di stato favorendo l’abbassamento
dei tassi.
Alla fine, risulta che i vari
Merkel, Sarkozy, Draghi, Monti, Barroso, tanto per citarne alcuni tra i più
influenti, hanno messo in opera un piano che a loro giudizio avrebbe dovuto
bloccare l’azione di attacco all’euro da parte dei mercati finanziari, e che
tale piano è fallito miseramente.
In un mondo normale, un piano che
costa tante sofferenze ai popoli europei e alla fine si rivela del tutto
inadeguato allo scopo, avrebbe dovuto travolgere tutti questi personaggi, e
mandarli a casa magari per sempre, nel mondo attuale che ci troviamo purtroppo
davanti a noi, questo fallimento viene invece richiamato per dire che non
abbiamo ancora fatto abbastanza. Ancora ieri sera a “L’infedele” Fassina,
fedele collaboratore di Bersani, pretendeva di giustificare le scelte del suo
partito, il PD, contro tutte le evidenze opposte, e in tal modo sottolineando
come questi personaggi non siano minimamente in grado di far tesoro delle loro
esperienze, e di prepararsi quindi nel prossimo futuro a continuare nel causare
danni a questo paese ed alla sua democrazia.
Apparentemente, l’intera classe
dirigente dei paesi occidentali è così innamorata dello status quo da non
riuscire neanche a capire che non è il momento di piccoli passi, e che le
uniche decisioni che potrebbero fare uscire i nostri paesi dalla crisi sono
drastiche ed anche inevitabili, prima si assumono, e prima se ne esce e con
meno danni, proseguire a gestire alla meno peggio la situazione presente
significa andare incontro a un disastro mai prima visto in economia.
Riassumo qui brevemente le
conclusioni che ho ripetutamente espresso su questo blog:
-
I mercati finanziari globali e il connesso
sistema bancario è malato in maniera irreversibile. L’andamento dei valori
mobiliari, lungi dal rappresentare per noi un metro di giudizio con
caratteristiche di obiettività, è solo l’immagine della malattia di cui questi
soffrono per avere nel decennio precedente creato un mercato di titoli
colossale che, dopo aver gonfiato i bilanci degli operatori finanziari, rischia
ormai giorno per giorno di crollare se non adeguatamente nutrito mediante flebo
di ogni genere da parte degli stati.
-
Tale comportamento irresponsabile delle banche
ha creato una tale situazione che si autoalimenta in maniera perversa,
chiedendo liquidità fresca continuamente, per cui qualunque iniziativa in
questo senso degli stati non mette fondi a disposzione delle imprese, ma viene
subito fagocitata da questo sistema finanziario ingordo in maniera insaziabile,
e se davvero gli stati continuassero a sottoporsi al ricatto delle banche (del
tipo “too big to fail”), presto il denaro si inflazionerebbe talmente da non
essere più attrattivo, e il rischio estremo potrebbe essere quello oggi
inimmaginabile di tornare ad un’economia di baratto.
-
In base a tali considerazioni, bisognerebbe che
un solenne G-qualcosa sancisse ufficialmente il fallimento delle banche,
dichiarando la sua sostituzione con un sistema in mano pubblica che sarebbe
chiamato a gestire la fase successiva, concedendo dove possibile un parziale
indennizzo ai crediti esistenti, annullando ogni debito, distruggendo così con
l’unica decisione possibile il mare di cartaccia senza valore a cui il mondo
intero si sta impiccando per pusillanimità dei propri governanti.
Vi dico subito che sono molto
pessimista, e che questo scritto sarà letto da pochi che anche senza obiettare
nel merito, lo considereranno una curiosità da blogger perditempo , né credo
che ci siano in giro statisti, solo politicanti che pensano solo agalleggiare
il più a lungo possibile.
Queste cose vanno comunque dette
e ripetute fino allo sfinimento, che almeno la gente sappia che qualcuno le ha
pensate e dette e non è stato ascoltato.
Caro Vincenzo, per via delle mie cose della vita giro di meno in rete ma leggerti è sempre un piacere e hai RAGIONE!!
RispondiEliminaIl sistema economico bancario è come un cane che perennemente si kmorde la coda e sta male sempre più male.
I grandi delle multinazionali coinvolte negli investimenti non hanno capito che il loro accumulare non serve a mettere in moto un'economia che è al collasso perchè manca di liquidità spesa solo per debiti che aumentano sempre e non diminuiscono mai.
Un azzeramento totale permetterebbe sicuramente un riavvio di TUTTE le attività, ma comìè che nessuno lo capisce?
Un carissimo saluto