martedì 12 giugno 2012

TEMPO DI BILANCI DECISIVI IN ATTESA DEL 17 GIUGNO


Si avvicina la fatidica data, o presunta tale, del 17 giugno, giorno in cui contemporaneamente, si saprà con che maggioranza parlamentare Hollande potrà governare in Francia e quale sarà la nuova maggioranza parlamentare in Grecia.
Ed ecco che sui mercati finanziari si accendono i fuochi di artificio, la crisi delle banche spagnole si intreccia con questa situazione di attesa dei risultati elettorali, ed.…entra in crisi l’Italia. Ho messo i puntini di sospensione per sottolineare l’apparente anomalia, per cui la crisi di un certo paese ha effetti più marcati su un altro paese, piuttosto che su quello direttamente coinvolto. Il meccanismo ha una sua perversa logica, la Spagna è già nei guai e si sa che non è certo una nazione ricca, il PIL del passato decennio è in effetti gonfiato da una crescita tutta centrata sull’edilizia che si è oggi trasformata in una esplosiva bolla immobiliare con migliaia di appartamenti appena costruiti invenduti, anche in luoghi di un certo pregio abitativo come nei pressi della stessa capitale Madrid. Ai spagnoli, c’è ben poco da predare, finiranno quasi sicuramente come i greci, sotto ricatto ma mai distrutti, almeno finchè si vuole che un’eurozona continui ad esistere...

L’Italia, viceversa, è una nazione ricca, perfino proporzionalmente più ricca della stessa Germania, non certo come PIL pro capite, ma come ricchezza accumulata nel tempo. All’Italia, si può strappare grandi risorse economiche, ed è quello che il governo Monti si è impegnato a fare con tutto sé stesso. Le tasse che abbiamo fin qui pagato, infatti, dove vanno a finire secondo voi? Magari voi pensate che servano a riempire le casse dello stato, ma la verità nuda e cruda è ben altra, finiscono nella mano di quelle forze che hanno la capacità di influenzare i mercati. Sarebbe bene ricordare che, con un debito prossimo ai duemila miliardi di euro, un punto percentuale in più di interessi sui titoli di stato, corrisponde a una maggiore spesa annua di ben venti miliardi, cioè più di trecento euro per ogni cittadino italiano, compresi neonati e moribondi, nessuno escluso: immaginate da voi come quindi questo stesso numero si moltiplichi se riferito ai soli produttori di redito, che sono ragionevolmente abbastanza meno della metà del totale, e così siamo già a seimilacinquecento euro per produttore di reddito per anno, una cifra davvero enorme.
Insomma, alla fine le casse dello stato sono solo un luogo di transito di questo denaro, mentre i problemi di bilancio pubblico rimangono del tutto inalterati. E’ notizia recente che già il governo ha visto ridurre gli introiti dell’IVA di tre miliardi e mezzo rispetto alle previsioni, perché questo prosciugamento della liquidità conseguente alle politiche di rigore porta a un ulteriore rallentamento delle attività economiche con il risultato che per aumentare di cento le entrate fiscali, bisogna in realtà fare un intervento da 140 sulle attività correnti per potere tenere conto del minore importo su cui opereranno realmente.
C’è poi il partito dei tagli, che dice che invece di aumentare le tasse bisogna piuttosto che lo stato spenda meno, che chiede quindi che si tagli il bilancio statale. Ora, non è che sia irrilevante che il risparmio si operi attraverso più entrate o meno uscite, ma dal punto di vista dell’andamento del PIL la cosa è effettivamente del tutto irrilevante. Se infatti lo stato riduce le spese, la liquidità si riduce ugualmente, se lo stato ad esempio licenziasse un suo dipendente, quella famiglia non avrebbe i soldi per fare la spesa, analogamente alla situazione in cui un imprenditore per pagare le tasse non avesse più introiti dalla sua attività che gli permettessero di andare al supermercato per shopping. Vorrei chiedere a Gavazzi ed a simili geni, cosa cambi dal punto di vista complessivo dell’effeto depressivo sull’economia. Naturalmente, per il dipendente statale e per l’imprenditore le due soluzioni sono del tutto differenti, ma non scambiamo questo effetto redistributivo per un effetto recessivo, si tratta di due questioni del tutto distinte.
So che non è fine autocitarsi e ricordare quante previsioni fatte su questo blog hanno finito per avverarsi, ma, senza questa volontà di autoincensarsi che non mi appartiene, è giusto ricordare le cose dette e le cose fatte, le cose che governo e forze politiche hanno messo a fondamento delle loro scelte e il fallimento totale che ne è conseguito. Ci dovrà alla fine essere un momento dei bilanci, di come un uomo pubblico ha giustificato le sue scelte e di come tali scelte si siano poi rivelate fallimentari, perché l’alternativa è permettere che il nostro paese vada al fondo senza reagire neanche con le parole.
Ciò che sta succedendo all’Italia è qualcosa di davvero gravissimo, un ceto politico inetto e in una sua parte non trascurabile truffaldino, in un momento considerato d’emergenza, ha deciso di consegnare l’Italia ad alcuni personaggi, i componenti dell’attuale governo, ed il motivo è la stima che questi godono in non meglio precisati ambienti internazionali.
La funzione che tale governo avrebbe dovuto svolgere era quello di suscitare, sia per la propria identità che per i provvedimenti assunti, la fiducia dei mercati. Se consideriamo come sua misura quantitativa, come mi pare ragionevole, il differenziale di interessi tra i nostri titoli di stato e quelli analoghi della prima della classe, la Germania, il famoso spread che ha imperversato in questi mesi sui mass media, vediamo che, dopo una fase iniziale di riduzione significativa, lo spread, tornando a salire, segnala una nuova caduta di fiducia. Non si potrebbe tuttavia giudicare correttamente l’andamento dello spread tacendo sulla enorme immissione di liquidità intervenuta nel frattempo da parte della BCE di Draghi a favore degli istituti bancari europei. E’ evidente che le banche, trovandosi a disposizione una grande liquidità, almeno temporaneamente, l’abbiano in parte significativa impiegata per acquistare titoli di stato favorendo l’abbassamento dei tassi.
Alla fine, risulta che i vari Merkel, Sarkozy, Draghi, Monti, Barroso, tanto per citarne alcuni tra i più influenti, hanno messo in opera un piano che a loro giudizio avrebbe dovuto bloccare l’azione di attacco all’euro da parte dei mercati finanziari, e che tale piano è fallito miseramente.
In un mondo normale, un piano che costa tante sofferenze ai popoli europei e alla fine si rivela del tutto inadeguato allo scopo, avrebbe dovuto travolgere tutti questi personaggi, e mandarli a casa magari per sempre, nel mondo attuale che ci troviamo purtroppo davanti a noi, questo fallimento viene invece richiamato per dire che non abbiamo ancora fatto abbastanza. Ancora ieri sera a “L’infedele” Fassina, fedele collaboratore di Bersani, pretendeva di giustificare le scelte del suo partito, il PD, contro tutte le evidenze opposte, e in tal modo sottolineando come questi personaggi non siano minimamente in grado di far tesoro delle loro esperienze, e di prepararsi quindi nel prossimo futuro a continuare nel causare danni a questo paese ed alla sua democrazia.
Apparentemente, l’intera classe dirigente dei paesi occidentali è così innamorata dello status quo da non riuscire neanche a capire che non è il momento di piccoli passi, e che le uniche decisioni che potrebbero fare uscire i nostri paesi dalla crisi sono drastiche ed anche inevitabili, prima si assumono, e prima se ne esce e con meno danni, proseguire a gestire alla meno peggio la situazione presente significa andare incontro a un disastro mai prima visto in economia.
Riassumo qui brevemente le conclusioni che ho ripetutamente espresso su questo blog:
-        I mercati finanziari globali e il connesso sistema bancario è malato in maniera irreversibile. L’andamento dei valori mobiliari, lungi dal rappresentare per noi un metro di giudizio con caratteristiche di obiettività, è solo l’immagine della malattia di cui questi soffrono per avere nel decennio precedente creato un mercato di titoli colossale che, dopo aver gonfiato i bilanci degli operatori finanziari, rischia ormai giorno per giorno di crollare se non adeguatamente nutrito mediante flebo di ogni genere da parte degli stati.
-        Tale comportamento irresponsabile delle banche ha creato una tale situazione che si autoalimenta in maniera perversa, chiedendo liquidità fresca continuamente, per cui qualunque iniziativa in questo senso degli stati non mette fondi a disposzione delle imprese, ma viene subito fagocitata da questo sistema finanziario ingordo in maniera insaziabile, e se davvero gli stati continuassero a sottoporsi al ricatto delle banche (del tipo “too big to fail”), presto il denaro si inflazionerebbe talmente da non essere più attrattivo, e il rischio estremo potrebbe essere quello oggi inimmaginabile di tornare ad un’economia di baratto.
-        In base a tali considerazioni, bisognerebbe che un solenne G-qualcosa sancisse ufficialmente il fallimento delle banche, dichiarando la sua sostituzione con un sistema in mano pubblica che sarebbe chiamato a gestire la fase successiva, concedendo dove possibile un parziale indennizzo ai crediti esistenti, annullando ogni debito, distruggendo così con l’unica decisione possibile il mare di cartaccia senza valore a cui il mondo intero si sta impiccando per pusillanimità dei propri governanti.
Vi dico subito che sono molto pessimista, e che questo scritto sarà letto da pochi che anche senza obiettare nel merito, lo considereranno una curiosità da blogger perditempo , né credo che ci siano in giro statisti, solo politicanti che pensano solo agalleggiare il più a lungo possibile.
Queste cose vanno comunque dette e ripetute fino allo sfinimento, che almeno la gente sappia che qualcuno le ha pensate e dette e non è stato ascoltato.

1 commento:

  1. Caro Vincenzo, per via delle mie cose della vita giro di meno in rete ma leggerti è sempre un piacere e hai RAGIONE!!
    Il sistema economico bancario è come un cane che perennemente si kmorde la coda e sta male sempre più male.
    I grandi delle multinazionali coinvolte negli investimenti non hanno capito che il loro accumulare non serve a mettere in moto un'economia che è al collasso perchè manca di liquidità spesa solo per debiti che aumentano sempre e non diminuiscono mai.
    Un azzeramento totale permetterebbe sicuramente un riavvio di TUTTE le attività, ma comìè che nessuno lo capisce?
    Un carissimo saluto

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