Il post precedente potrebbe apparire monco, perché sembrerebbe criticare un’ipotesi che altri hanno prospettato senza proporre alcunché, senza che un’alternativa venga avanzata.
La mia proposta, visto che questo tra l’altro mi pare un punto fondamentale, è che l’obiettivo della conquista del potere debba essere il primo dei punti costitutivi di qualsiasi gruppo voglia fare politica, ed attraverso questa, cambiare il mondo.
Se il peggioramento costante della qualità della vita è un fatto evidente, allora non possiamo osservare ciò che accade come fossimo degli spettatori indifferenti, quasi fossimo in una sala cinematografica, e neanche vivere tutto come una catastrofe naturale a cui sarebbe vano opporsi. Dobbiamo piuttosto alla fine convenire che le idee prevalenti in questa società sono errate, che la gente è da questo punto di vista sbagliata, e che sarebbe un suicidio assecondare lo sviluppo delle idee e degli eventi che accadono.
Ciò richiede un profondo ripensamento del nostro modo di pensare, che sia il grado di definire non solo le cose che non vanno nell’oggi, ma anche di risalire a tutto il processo che da determinate cause ha portato a determinati effetti.
Il libro che ho scritto costituisce appunto un tentativo di fornire un modello possibile di ricostruzione di tale processo, giungendo alla conclusione che sia indispensabile una rivoluzione culturale. Ammettendo che questa ipotesi sia corretta, perché dilungarsi su queste questioni qui vorrebbe dire riscrivere il libro, allora questo soggetto non potrà basarsi su una struttura leggera, perché essa verrebbe presto sopraffatta dalla mentalità e perfino dalla violenza di chi domina.
Se ciò che occorre è elaborare e rendere egemone una nuova cultura, allora altro che struttura leggera, sarà indispensabile considerare il momento organizzativo come prioritario. Ciò a sua volta richiederà una struttura gerarchica ben definita, in cui le persone che hanno le idee più chiare coincidano con quelle che assumeranno responsabilità maggiori. Naturalmente, i componenti , gli adepti di tale organi9zzazione non si chiuderanno certo tra loro per discussioni fini a sé stesse, ma al contrario dovranno tentare di essere presenti quanto più possibile lì dove esistono entità collettive che manifestino un minimo di affinità alle tesi che questo soggetto porta avanti. Quindi, io qui capovolgo l’ipotesi che avevo citato nel precedente post, per il motivo, che ritengo ovvio, che il momento politico rimane quello fondamentale e va affidato al soggetto stesso che più e meglio rappresenta le istanze che si vogliono portare avanti. Portare fuori dal gruppo dove le tesi vivono e si sviluppano la lotta per il potere significa o rimanere succubi di tale formazione politica altra, o costruirla artificialmente, togliendo così con un trucco ogni parola nel merito politico agli adepti ed affidando tutti ai pochi che condurrebbero quest’operazione che non potrebbe non apparire che scorretta.
Volgio cioè affermare che si può e si deve stare in moltissimi luoghi dove si elaborino e si portino avanti iniziative anche soltanto in un ambito genericamente sociale, ma deve esistere un nucleo, la famosa avanguardia, che abbia chiaro il disegno strategico e sia in grado di tenere la barra dritta senza ondeggiare al primo stormir di foglie.
Vincenzo, io adoro quello che dici e non sai cosa darei perchè si realizzasse, ma devo confessarti che ti vedo troppo idealista, è come se tu non ti rendessi conto che a noi italiani ciò che interessa è soprattutto che le cose vadano bene a noi, che la categoria a cui apparteniamo non venga toccata, che il nostro orticello sia sempre ricco di frutti. Non c'è solidarietà sociale, gli "anziani" se ne strafottono delle nuove generazioni, chi ha un posto a tempo indeterminato se ne strafotte di chi è precario. Si scende in piazza solo a sostegno delle proprie problematiche, mai anche di quelle altrui! Sì certo, sono pessimista, ma se guardo la realtà che ci circonda come potrei essere diversamente? :(
RispondiEliminaquesta volta concordo con Ornella e aggiungo che, secondo me, perchè le nuove idee si facciano avanti, non c'è bisogno di alcuna "avanguardia consapevole" ( quello sarebbe FASCISMO), ma di tante avanguardie (che gia' ci sono a sentire parlare alcuni giovani) e che portano avantI "pluralisticamente" progetti alternativi che poi alla fine finiscono per coincidere negli aspetti fondamentali.
RispondiEliminaLa presa del potere, nei sistemi democratici,è un fatto graduale, io, pero' al contrario di Ornella, non sono così pessimista: i periodi oscuri nella storia ci sono stati sempre e sempre ci saranno ma, accanto a questi aspetti negativi, c'è sempre la parte "buona" della societa'che porta avanti istanze positive.
NelLe democrazie mature non si fanno più le rivoluzioni,ma basta che i nostri discorsi si facciano semppre più intensi in modo da influenzare la gente a prendere consapevolezza, non di quello che qualcun altro gli vuole suggerire, ma di se stessa, e conseguentemente esprimersi con un voto più consapevole.