martedì 16 marzo 2010

L'ATTUALITA' DEL '68

Recentemente, sul quotidiano “Il Manifesto”, una lettera di Luigi Cavallaro ha innescato un dibattito sul ’68. In sostanza, Cavallaio sostiene che nel ’68 c’era in nuce la rivoluzione liberista che abbiamo subito a partire dagli anni ’80 e imperante anche ai nostri giorni.

La giornalista Rina Gagliardi è perentoria nel respingere questa tesi, richiamando correttamente alcune specifiche circostanze che conferiscono a quel movimento caratteri di sinistra.

A me pare però che l’interesse maggiore di questo dibattito, e forse manderò una lettera al Manifesto, non stia negli aspetti storici, a chi ascrivere un certo movimento, ma a certi elementi di attualità che dovrebbero riguardarci. Non serve insomma secondo me ricordare i fatti avvenuti, le parole d’ordine specifiche: certamente per me che l’ho vissuto in prima persona, non v’era dubbio che eravamo di sinistra, ma così si sfugge a una riflessione più complessiva. Già in un precedente post, mi soffermavo sul carattere duplice del ’68, egualitario e libertario nello stesso tempo. Da qui forse sarebbe utile partire, dal fatto che nulla più del ’68 rappresenta una conseguenza coerente di teorie illuministe, filtrate poi attraverso la scuola di Francoforte, e particolarmente attraverso il pensiero di Marcuse.

Se a distanza di poco più di dieci anni la politica ha subito una svolta così perentoria verso teorie di destra, con il trionfo dell’economia liberista a partire dalla presidenza Reagan, non sarebbe doveroso riflettere su come tutto ciò sia potuto avvenire? Non è almeno lecito il dubbio che in nuce nel ’68 ci fossero delle contraddizioni che hanno poi consentito lo spostamento planetario della politica verso destra? Può essere ignorato che tanti dei fedelissimi del signor B. siano ex-militanti di Lotta Continua e di altre formazioni dell’estrema sinistra di quegli anni?

Io credo che il ’68 sia stata una vera e propria ubriacatura ideologica, da cui apparentemente non riusciamo più a risvegliarci. Per farlo, dovremmo finirla col porre il discrimine fondamentale, quello che si fa passare tra destra e sinistra, tra chi è egualitarista, la sinistra, e chi non lo è, la destra, entrambe nel contempo impegnate a difendere la libertà ognuno a suo modo.

Il modo di uscirne, quello che propongo nel mio libro, è dimenticare queste parole d’ordine, troppo ambigue per non provocare conseguenze dannose inattese. L’uguaglianza dovrebbe essere sostituita dalla fratellanza, cioè dal riconoscere l’uguale dignità di tutte le persone, evitando di considerarle uniformi, evitando di dovere sorvolare, perché politicamente scorretto, su cose che pure sono evidenti, che ad esempio le persone non sono egualmente intelligenti. Qui, l’errore sta nel considerare una persona più intelligente come migliore di un’altra, il che è evidentemente una baggianata.

Sulla libertà, che tutti rivendicano a loro modo, sarebbe credo utile riconoscere quanto la socialità degli uomini li porti al riconoscimento dell’autorità. La mia tesi è che gli uomini oscillino tra questi due opposti poli, da una parte l’aspirazione alla libertà, dall’altra al riconoscimento dell’autorità. Trascurare uno dei due poli, porta a rimanere inermi rispetto alla capacità sociale di condizionamento.

Naturalmente, il discorso è complesso e richiederebbe ben più spazio, ma mi fermo per il momento qui, alla semplice enunciazione della mia teoria: in fondo, è solo un post.

8 commenti:

  1. Mi piace che tu abbia abbandonato i discorsi di cronaca politica per passare a temi di carattere più generale.
    http://kinnie51.blogspot.com/2009/03/il-sessantotto.html

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  2. Sinceramente non mi piace questo filosofare astratto, liberté, egalité e fraternité sono parole vuote se non le si applica a un contesto sociale preciso.
    Per quanto riguarda il '68 apprezzo che tu abbia affrontato la questione. Mi lascia attonito il fatto che gli si attribuisce una cosa e il suo contrario, sembra che tutti i mali provengano dal '68. C'è chi fa risalire il consumismo al '68, cosa che viene sostenuta senza prove adeguate, in quel periodo, come hai detto tu, erano di moda i francofortesi, che avevano nei loro principali bersagli il sistema dei consumi. D'altra parte si accusa il '68 di essere stato diffidente nei confronti del mercato. Bé, si mettano d'accordo!
    Io non l'ho vissuto ma l'ho conosciuto attraverso i libri, ma posso dire che sia stato un periodo che ha rappresentato un momento di speranza, un grande sforzo collettivo di immaginare e realizzare un diverso modello di società, cosa che è stata fermata proprio dagli anni '80. Quindi gli anni '80 sono stati la morte di quel periodo e non la sua prosecuzione. Il "libero mercato" è una cosa del tutto estranea al Sessantotto, che i militanti di sinistra che diedero vita al movimento rifuggivano e che invece era propria dei loro avversari, che politicamente erano simbolicamente rappresentati da Nixon e Kissinger e teoricamente dalla Scuola di Chicago. Gli anni 80, furono un rilancio di questi ultimi e non del '68.

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  3. Io nel '68 avevo 18 anni, non capivo granchè di politica, sapevo solo che mi facevano paura gli estremismi, che fossero di destra o di sinistra, ma ricordo benissimo quella sensazione piacevolissima che mi dava il vedere che una moltidudine di giovani in tutta Europa davano vita alla loro autodeterminazione. Io allora vivevo in una cittadina della Sardegna, eppure anche da noi era arrivato quel vento che ci spingeva a prendere il "nostro" futuro nelle nostre mani. Ricordo con un'infinita tenerezza il mio primo sit-in che bloccò il traffico. E' grazie allo spirito del'68 che io ho potuto imporre a mio padre la mia scelta per il tipo di facoltà da frequentare all'università!

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  4. @Paola
    Sì, confesso che mi sono lasciato un po' prendere la mano...

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  5. @Matteo
    A me pare che tu fotografi i fatti, ma ti astieni del tutto dal tentare di comprenderne la dinamica. Certo che gli anni '80 sono per certi aspetti l'esatto contrario degli anni '60, ma la mia ambizione era tentare di dare una spiegazione di come le cose si siano potute capovolgere in così poco tempo.
    Io proponevo una mia spiegazione, qui estremamente suntata, che coinvolge l'adesione acritica delle società occidentali all'ideologia illuminista. Capisco che possano esserci dissensi in proposito: capisco meno la preventiva messa da parte della mia tesi senza proporne una alternativa.

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  6. @Ornella
    Difatti, nell'analizzare quel periodo la cosa più difficile è separare gli aspetti di interesse storico, da quelli personali, dal fatto che quegli anni sono quelli della nostra giovinezza, e i ricordi non possono che essere piacevoli.

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  7. Vincenzo, mi pare sia chiaro: nel 1968 e negli anni Settanta, non c'era solo IL MOVIMENTO del '68, sembra quasi che tutti si riconoscessero in quel movimento. C'era invece anche una parte conservatrice e liberista della società di cui ho citato alcuni rappresentanti. A me pare che se c'è da attribuire una responsabilità su ciò che è avvenuto in seguito sia a quest'ultimi, che sono ideologicamente e praticamente affini, piuttosto che al '68, che invece contestava quel mondo. Ad esempio in quegli anni in un paese liberista come l'America la maggior parte studenti, si è scoperto, erano a favore della nazionalizzazione di alcuni settori dell'economia. La politica reaganiana invece seguirà la strada esattamente opposta. L'individualismo degli anni '80 faceva da contrappunto al collettivismo e alla solidarietà del '68. Insomma, a me sembra siano due fenomeni opposti e contrastanti. Sarebbe come dire che nella rivoluzione francese fossero contenuti i presupposti per il Congresso di Vienna e la restaurazione.

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  8. @Matteo
    Anche sul Congresso di Vienna e il post-rivoluzione francese, sarebbe interessante soffermarsi. Consentimi però di vedere differentemente ciò a cui mi riferivo e gli eventi di duecento anni fa. Ti ricordo che tra la rivoluzione francese e il Congresso di Vienna ci stanno un bel po' di guerre scatenate da Napoleone in giro per l'Europa (e anche fuori). Qui, tutto è avvenuto più facilmente. Comunque, non pretendo certo di imporre le mie tesi. Io le trovo ababstanza descrittive, perchè coninvolgono anche il berlusconismo dei nostri giorni.

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