sabato 27 marzo 2010

I LAMENTI DI MARCHIONNE

Leggo che Marchionne si lamenta degli attacchi portati da varie parti alla FIAT, e rimango sbalordito. Un uomo che ha deriso lo stesso ministro alle attività produttive, che ha deciso irreversibilmente di chiudere Termini Imerese, che non nasconde di volere trasferire attività produttive fuori dai nostri confini alla ricerca di costi di produzione più bassi, cosa si aspetta dalla nazione che per decenni ha pagato per permettere la stessa sopravvivenza della FIAT, e ora si accorge che la FIAT non opera come una azienda italiana, ma è diventata a tutti gli effetti una multinazionale? Io spero proprio che anche dal mediocre mondo politico che ci ritroviamo la reazione sia quella di trattare da oggi in poi la FIAT come una qualsiasi altra azienda straniera, di farla finita con uno spirito di solidarietà nazionale che ormai non ha più alcuna ragione di essere, se mai l’avesse avuto. Ancora ieri Angeletti, segretario della UIL, si lamentava che gli Italiani comprano solo un terzo del totale dallì’azienda automobilistica nazionale: evidentemente, è rimasto il solo Angeletti a considerare ancora la FIAT come un’azienda italiana.

Se come io penso l’azienda è di proprietà degli operai che ci lavorano, allora diciamolo: la FIAT è più polacca e canadese di quanto non sia italiana. Nel momento in cui l’asse produttivo si sposta in altre nazioni, in cui quindi questa azienda non crea, anzi distrugge posti di lavoro nei patri confini, essa ha già scelto di estromettersi dalla comunità nazionale. Ciò vale per la FIAT, ma vale comunque per tutte quelle aziende che hanno delocalizzato le loro attività produttive, dove gli imprenditori hanno deciso di affidare le sorti delle loro aziende contando su bassi salari, e non scommettendo sul loro “know how”, su una sfida tecnologica.

Questo fenomeno è fondamentale certo dal punto di vista economico, indebolendo il lavoro dipendente ai livelli più bassi nei paesi sviluppati, ma è molto importante anche dal punto di vista politico nel senso più generale. Ciò deriva dal fatto che quando un’azienda fa dei grossi investimenti in un certo paese, non vuole rischiare di rimetterci per turbolenze socio-politiche. Io credo che si sia costituita una comunità transnazionale dei potenti che ha assunto il potere reale su tutto il globo, proprio perché quegli stessi paesi poveri privilegiati come fonte di lavoro a basso costo, non decidano di riprendere la loro sovranità, mettendo eventualmente in forse gli interessi economici delle aziende che lì operano. E’ un nuovo ordine mondiale che fatichiamo a decifrare perché è interesse di chi lo porta avanti di tenerlo nascosto, e certo la grande stampa non aiuta nell’opera di informazione, visto che la proprietà dei mezzi di comunicazione è sempre nella mano di queste congreghe di potere. Proprio nel momento in cui il ruolo dell’ONU si è molto ridimensionato, ciò non è avvenuto a favore delle sovranità nazionali, ma piuttosto a favore di queste associazioni internazionali su cui si sa troppo poco, ma comunque abbastanza per dedurre che l’ONU delle nazioni è stato sostituito da un ONU occulto dei grandi capitalisti, in cui temo le grandi organizzazioni criminali giocano un ruolo fondamentale.

7 commenti:

  1. E la sfacciataggine di negare d'aver mai ricevuto aiuti dallo Stato dove la mettiamo! Cornuti e mazziati!!!

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  2. non capisco come mai alla FIAT (ma anche altrove in Italia) nessuno abbia il coraggio di dire l'ovvio, cioè: non esistono più aziende solo made in Italy! tutto è composto da pezzi provenienti da tutto il mondo ormai, ergo è stucchevole e ridicolo arrogarsi il diritto di rappresentare il made in italy!
    mah....

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  3. Penso che proprio l'ONU sia il migliore, e forse l'unico, organismo in grado di far fronte, se solo gliene fosse data la possibilità, a questo dramma internazionale.
    Basti pensare all'Organizzazione Internazionale del Lavoro, il dipartimento dell'ONU preposto alla omogeneizzazione delle regole e delle tutele lavorative in tutto il mondo e tuttora privo del benché minimo potere effettivo, se non quello della presentazione statistica della realtà.

    Conferire poteri internazionali all'ONU e ai suoi organismi. Rendere il sistema organizzativo delle Nazioni Unite elettivo e rappresentativo delle popolazioni e non degli stati-nazione. Usciamo dalla logica del doppio sistema Assemblea-Consiglio di sicurezza, espropriamo i singoli paesi del potere di nomina dei dirigenti dell'Onu e si crei un vero e proprio parlamento trans-nazionale.

    Senza questo progetto, forse eccessivamente pretenzioso, temo sia dura agire con caparbietà tale da invertire il senso di marcia...

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  4. Sono completamente d'accordo con questo post dalla prima all'ultima parola. Non ho altro da aggiungere. Faccio solo notare quanto i sindacati confederali, soprattutto cisl e uil, e tu lo accennavi, siano anch'essi completamente subalterni a quei poteri economici, invece di fare gli interessi dei lavoratori.

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  5. @Alessandro
    Il problema è enorme, e, malgrado comprenda la logica delle tue proposte, bisognerebbe anche confrontarsi su come questo potere dell'ONU possa convivere con i poteri nazionali, e se infine sia augurabile un ordine mondiale così centralizzato. In fondo, è sempre il dilemma tra noglobal e newglobal. Teoricamente, sarei per il newglobal, ma sono scettico sulla possibilità di un unico potere mondiale che non si configuri come dispotico. Per questo, alla fine credo che il noglobal sia la soluzione migliore. Pensa se noi occidentali, e ormai anche i cinesi che ne sono diventati il vero padrone, fossero costretti ad andar via dall'Africa, se prodotti quali cacao, caffè, banane, tanto per citarne solo alcuni, divenissero proprietà di quella gente, non ne acquisterebbero una capacità contrattuale formidabile? In fondo, l'occidente è fragile, perchè nel corso dei secoli si è viziato, fino a diventare dipendente da prodotti tipici di prodotti legati a condizioni ambientali non disponibili sul proprio territorio. Abbandonare l'Africa non significherebbe allora abbandonarla alla fame e alla disperazione, ma al contrario togliere il giogo economico che l'ha precipitata nelle attuali condizioni, preda di arrivisti il cui principale potere sta nella disponibilità di armamenti prodotti dalla tecnologia occidentale.
    Comunque, si tratta di riflessioni, solo per sottolineare la difficoltà di trovare soluzioni a problematiche che però sono ben note. Bisognerebbe spiegare anche a nostri concittadini che pensano che noi siamo creditori verso l'Africa sotto la propaganda leghista, quanto invece siamo debitori.

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  6. Che strano!E'la prima volta che mi capita di condividere interamente un commento come questo tuo di risposta ad Alessandro.

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