E' stato un vero piacere per me, come credo per molti di voi, vedere l'accoglienza tra gli applausi dei migranti dopo il lungo "pellegrinaggio" attraverso i balcani e le pianure ungheresi, come è un grande piacere apprendere dalla stampa che tanta gente in Austria ed in Germania ha dichiarato la propria disponibilità a provvedere di persona all'ospitalità per i migranti.
Non v'è dubbio che su un piano etico, questa dimostrazione di umanità della gente comune ci tranquillizza sul fatto che non tutto è perduto.
Se questo atteggiamento popolare a qualcuno non fa piacere, allora credo che questo qualcuno si dovrebbe seriamente interrogare sullo stato della propria umanità...
Tuttavia, l'andamento degli eventi mi preoccupa invece tanto, perchè ho paura di questa politica incapace di scartarsi almeno un po' rispetto alle spontanee reazioni delle persone.
La discussione del rapporto tra etica e politica ha attraversato la stessa storia della filosofia, senza mai trovare una risposta definitiva.
Potremmo tuttavia essere d'accordo sul rifiutare entrambe le tesi estreme, sia quella che vorrebbe una completa separazione con la conseguente autonomia della politica, sia quella opposta che nega ogni differenza e che paradossalmente porterebbe perfino alla semplificazione lessicale, fino all'eliminazione di una delle due parole, una volta che si ritenesse che esse coincidano.
La politica non può che rimanere fedele ai propri meccanismi, alla propria tecnica, perchè una cosa sono le intenzioni, un'altra i risultati ottenuti.
Tutti conosciamo il detto "di buone intenzioni è lastricata la via dell'inferno", e quindi, quando una persona si assume il compito di gestire una comunità, di indicare la strada ad un'intera nazione, deve avere la forza di lasciare sullo sfondo le proprie motivazioni morali, così come ciò che la propria sensibilità umana gli suggerisce. Non dico, badate, di ignorare questo sottofondo, ma di mantenere uno scarto che permetta di evitare di trasformare una buona intenzione in un danno oggettivo.
In certe situazioni, anche se il pianto vuole irrompere, abbiamo il dovere di mantenere asciutte le ciglia, perchè magari bisogna invece darsi da fare e salvare quella persona che spontaneamente ci susciterebbe un sentimento di pena e di commozione e rischierebbe così di paralizzarci e di generare una solidarietà perversa di compianto passivo piuttosto che una solidarietà che aiuti fattivamente e salvi effettivamente quella persona.
Ho paura, ho paura di una politica che si limiti ad asssecondare il sentimento popolare per garantirsi un facile consenso, utilizzato tra l'altro poi per mantenere ed aggravare le condizini di vita popolari.
Bisogna spezzare la facile coincidenza che si potrebbe compiere tra l'atteggiamento di solidarietà umana espressa da tanti, in una precisa scelta politica che non faccia i conti con tutte le implicazioni che un politico, a differenza di una persona comune, deve prevedere e di cui deve tenere conto.
Il nostro Presidente della Repubblica parla poco, ma quando lo fa, parla male. Ieri, si è unito al coro, a cui non si è sottratta anche la Mogherini (e te pareva!), che sottolinea la natura epocale dellle migrazioni in atto, arrivando tuttavia a conclusioni nel caso più favorevole affrettate, nel caso meno favorevole paradossali.
Per inciso, trovo altrettanto incomprensibile l'affermazione di Mattarella secondo cui la xenofobia si nutre di una politica poco accogliente. Tutto il contrario, gente come Salvini si nutre del buonismo che a quanto pare coinvolge anche i massimi vertitci dello stato.
Mi chiedo dove stia la conseguenzialità logica tra il fatto che la migrazione sia un fatto di dimensioni epocali, e il fatto che la si asssecondi con entusiasmo.
Si fosse trattato davvero di un fatto emergenziale, come tale di alta intensità, ma di durata breve, allora sì la soluzione dell'accoglienza indiscriminata sarebbe stata corretta.
Invece si tratta di un evento di dimensioni enormi e che tra l'altro si autoalimenta, nel senso che i migranti aumentano all'aumentare del suo successo.
Quando ci si trova di fronte ad eventi che, seppure di origine umana, ha per certi versi l'aspetto di un evento naturale, sia per la sua intensità, sia per la sua apparente inarrestabilità, allora la strada per al sua soluzione non può che essere il riconoscimento della sua causa e il perseguire un'azione che investa la causa che è stat individuata. Nel frattempo, il fenomeno va gestito, e quindi deve essere esercitato un controllo che vada nel senso di attenuarne gli effetti negativi e spesso nel tentare di minimizzarlo, contrastarlo non nel sensp di pretendere di bloccarlo, ciò sarbebe da stolti, ma nel mettere in atto tutte le iniziative che concorrano a ridurne la portata.
Sulle cause, sono già intervenuto più volte, e credo che ci sia abbastanza consenso generale. Neanche il politico più spregiudicato potrebbe sostenere pubblicamente che i paesi occidentali non siano implicati pesantemente nell'influenzare le condizioni di vita nei paesi di provenienza, stimolando così le migrazioni.
All'impero USA, la situazione di guerra in Siria è perfetta, lasciano che l'ISIS cuoccia a fuoco lento Assad, e nello stesso tempo favoriscono il piano di Erdogan di genocidio dei curdi.
Il clima di confusione e terrore deliberatamente creato sostituisce in questa fase storica una strategia chiaramente delineata da parte degli USA, evidenziandone nello stesso tempo l'intrinseca debolezza.
Se dovessimo fare un discorso più generale, dovremmo considerare tutto ciò che va avvenendo in Africa ormai da decenni, prima da parte del monopolio occidnetale, oggi con importanti coinvolgimenti dei cinesi e dei sauditi che rendono ancora peggiore oltre che più complessa la situazione.
Io accuso perciò i sostenitori dell'accoglienza come compenso per i misfatti passati (sic!) degli occidentali. La logica sarebbe che in passato con le colonie e roba davvero remota, abbiamo loro tolto qualcosa, ed adesso dobbiamo restituirlo.
Sarebbe invece necessario parlare del presente, ma non solo e non tanto del presente delle migrazioni, ma del presente dell'Africa, delle monocolture necessarie a soddisfare le esigenze consumistiche di noi occidentali.
Non mi sembra infatti che oggi abbiamo smesso di mangiare le banane, il caffè, il cacao e tutte queste produzioni agricole tropicali (per tacere sul fenomeno estremamente preoccupante delle nuove coltivazioni come per tutte quella della palma da olio).
Non c'è un buio passato da riscattare ora che siamo virtuosi, ma c'è un presente vergognosamente ipocrita, in cui ci mostriamo compassionevoli con la destra, mentre con la sinistra continuiamo tranquillamente a rapinarli.
Tutto questo richiede politica, non bastano purtroppo i buoni sentimenti che per altro ci rasserenano, ma da cui non dobbiamo permettere di farci catturare.
Se vogliamo fare qualcosa per queste persone, mettiamo fine a questi conflitti nelle loro terre, finiamo di rubargli l'uso delle loro terre, questa è il livello di iniziative e di svolte politiche da attuare, non sosteniamo la tesi assurda che la soluzione starebbe nel desertificare l'Africa e le alltre zone implicate e trasferire l'intera popolazione in Europa.
Ai politici e non ai buoni cittadini solidali, vorrei ricordare che la maggior parte degli africani non avranno questa possibilità e i migranti che vogliamo accolgiere sono in realtà in quei luoghi i privilegiati, quelli che comunque avevano le informazioni ed hanno trovato i mezzi per giungere sino a noi, i più istruiti e più ricchi.
Qualunque soluzione che prescindesse dall'affrontare le situazioni nei luoghi di provenienza, e che tra l'altro sono dovuti ai criminali che la nostra società nutre e che anzi ci comandano, è prima di ogni altra cosa assurda.
La prima cosa da fare è mandare coerentemente il messaggio che, malgrado la buona disposizione di accoglienza da parte delle popolazioni, gli stati escludono un'accoglienza indiscriminata e totale.
La Merkel per due volte ha anteposto a tutto l'ottenimento del consenso.
L'aveva fatto anni fa (forse nel 2011, non ricordo), quando per non perdere delle elezioni regionali, ha rifiutato di salvare la Grecia a cui occorreva una somma di poco superiore a cento miliardi di euro.
Le conseguenze di quella decisione ci sono tristemente note, e non parlano solo di freddi numeri di bilancio statale, ma parlano dell'aumento vertiginoso della mortalità infantile greca, cioè di bimbi morti allo stesso modo, ma forse mediaticamente meno coinvolgente del bimbo la cui immagine ha fatto il giro del mondo.
Forse qualcuno non lo sapeva, era distratto da qualche immagine particolarmente toccante, ma l'economia ha a che fare con la sopravvivenza, ed essere poveri significa molte volte morire prima del tempo.
Ora, la Merkel rischia allo stesso modo di provocare un altro disastro.
Se non ci credete che dire di essere pronti ad accogliere senza riserve e senza limiti possa provocare disastri, senza andare tanto lontano, ma ci dovremo andare magari in un'altra occasione, pensate semplicemente a quanti muoiono lungo le rotte delle migrazioni, come conosciamo troppo bene noi italiani con le morti per annegamento, di questa umanità dolente.
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