lunedì 15 luglio 2013

L'HOMO PIDDINUS

Ma chi è il piddino? Come si può tratteggiare la figura di questo nostro concittadino che nelle recenti elezioni amministrative ha regalato al PD la quasi totalità dei sindaci dei comuni dove si è votato? 
Iniziamo appunto da qui, stiamo parlando di una figura che quantitativamente risulta molto rilevante nell'Italia contemporanea. Sappiamo della drastica diminuzione nella percentuale di votanti alle ultime elezioni, ma rimane il fatto che all'interno di questa fetta di popolazione, i piddini sono maggioranza, e ciò non mi pare una cosa di secondo ordine.
Vediamo adesso le caratteristiche di questo "homo piddinus"...

L'homo piddinus si ritiene soggettivamente una persona informata, e nei fatti prevale nuymericamente proprio nella parte di italiani più istruiti. E' tuttavia interessante analizzare dove egli si informi. Tale individuo in genere diffida dell'informazione televisiva, inorridendo dell'informazione targata Mediaset, mentre mantiene un rapporto di fiducia con il TG3.
Ma il nostro piddino si informa, e quindi legge anche la stampa (cartacea o sempre più su tablet), e qui si vede la netta prevalenza come fonte di informazione di uno specifico quotidiano, precisamente "La Repubblica". "La Repubblica" come si sa è un giornale-partito, e costituisce un nocciolo di opinione politica nettamente orientata verso il PD, rappresentando un progetto egemonico nei suoi confronti. 
"La Repubblica" fa affidamento da una parte al suo fondatore che rappresenta tuttoggi la persona che ne determina le sorti in un rapporto dialettico probabilmente con il principale proprietario che è De Benedetti, dall'altra su una serie di valenti collaboratori. Si tratta indubbiamente di professionisti di notevole valore, di grande perizia giornalistica, ma tuttavia accomunati proprio da uno spirito comune, quello che si potrebbe appunto definire l'ideologia dominante. 
Ora, se tu parli con un piddino illuminato, egli conviene con te su tutto ciò che ho scritto, in particolare sul punto decisivo che "La Repubblica" non si può neanche definire un giornale, è prima di tutto un partito politico seppure cammuffato. La cosa strana è che il piddino crede di potere dominare il rapporto col giornale che avidamente legge ogni giorno. Egli pretende di mantenere una distanza di sicurezza dal testo del giornale, per cui egli trae criticamente dallo scritto un certo contenuto informativo ma mantenenedo un proprio personale ed indipendente punto di vista. Per questa stessa ragione, reagisce sdegnosamente a chi gli fa notare che tale lettura quotidiana rappresenta l'instillazione di una dose quotidiana di veleno. Tuttavia, il punto è se ciò che egli crede, la sua presunta indipendenza di giudizio, è reale o se invece questo giornale è riuscito a creare un'area di opinione omogenea, se quindi ciò che viene dal piddino percepito come spontanea adesione ad una certa tesi politica, sia di fatto solo il risultato di un'abile operazione di condizionamento culturale portata avanti da alcuni giornalisti. 
Ora, l'esistere di una forte omogeneità di opinione dovrebbe con tutta evidenza costituire un sintomo significativo di quest'opera di condizionamento. 
Vediamo quindi di analizzare le opinione dei piddini. 
Si potrebbe dire che il lettore abituale di "La Repubblica" è politicamente piddino, per l'economia accetta tutte le compatibilità perfino in una crisi drammatica come quella di oggi, pretendendo nel contempo di volere una redistribuzione verso le classi meno abbienti, mentre rappresenta il più vigoroso e fermo sostenitore dei diritti individuali intesi come diritti civili. Questo è il campo dove egli da' il meglio di sè, su questi argomenti l'homo piddinus si indigna platealmente.
Si tratta di un pacchetto ben confezionato di opinioni, così bene aggregate, che al piddino non viene l'esigenza di verificarne la coerenza interna, il pacchetto così confezionato non può che essere accettato come un blocco unico, e il piddino non ama approfondire, gli basta quell'apparenza gradevole del mazzo di fiori, e non gli serve indagare se in mezzo ce ne sia qualcuno velenoso.
Michele Serra è uno dei membri più autorevoli del parterre di noti opinionisti ospitati da repubblica, e pertanto userò un suo recente articolo per illustrare questo homo piddinus e la sua ideologia. 
In tale articolo, Serra parla del caso della ragazza a cui con la forza si voleva impedire l'accesso all'istruzione e perfino la rivendicazione del proprio diritto all'istruzione.
Questo giornalista, invece di sostenere semplicemente il sommo valore che noi attribuiamo al diritto all'istruzione per qualsiasi individuo, si lancia in una vera e propria crociata usando termini in maniera del tutto impropria e finendo col sostenere una tesi che lo rende peggiore dei talebani che egli così vigorosamente attacca.
Caro Serra, ma lei in che accezione usa il termine "cultura"? Cultura, forse è il caso di ricordaglielo, non significa istruzione, cultura è l'insieme dei saperi tramandati da una comunità che come tale prescinde dalla nostra biologia. Il termine cultura è appunto definibile solo in opposizione a biologia. Così, ma cosa intende quando scrive che solo la cultura è fonte della dignità umana? Se la cultura è intesa in senso proprio, allora, la frase è priva di senso compiuto, è un'espressione insensata, se invece lei erronemanete chiama cultura l'istruzione, allora, lei sta dicendo qualcosa che ha certo senso compiuto, ma un senso che è aberrante, che se una determinata società non crede nel valore dell'istruzione, allora gli individui che la compongono sono privi di dignità umana.
Insomma, apparentemente Serra, seguendo le orme di una tradizione fin troppo tristemente affollata, non si ferma soltanto a riaffermare, come io per primo faccio, la nostra profonda convinzione in alcuni dei valori fondanti della nostra civiltà occidentale, pronti ad ingaggiare una lotta per la loro vittoria in tutto il mondo, ma sente il dovere di distruggere le convinzioni di altre civiltà, in questo caso di quella islamica, finendo col dire che la civiltà talebana non è neanche una civiltà, che fuori dalla nostra civiltà, non ne esistono altre, le altre sono il regno del selvaggio, dell'uomo allo stato brado. Egli ha magicamente in poche parole trasformato una rivendicazione di supremazia in una rivendicazione di esclusività, gli occidentali come unici uomini portatori di cultura e civiltà. 

Qualcuno potrebbe dire che però il messaggio di Serra non viene apprezzato come io vi sto descrivendo, e la maniera estrema in cui egli si esprime, serva solo a rendere il messaggio più incisivo, sia insomma funzionale a un maggiore accoglimento.
Quest'ultimo aspetto mi permette di tornare su un tema a cui ho accennato in un mio commento ad un precedente post su questo stesso blog. Dicevo lì che questa società nel settore della comunicazione non ci da' altra alternativa che quella tra il darsi come articolo di consumo e l'insignificanza. Intendo dire che una volta che ti poni il problema che il tuo messaggio abbia successo come punto prioritario, allora ne discende che questo criterio prevale sul requisito di verità. Tu sei disposto ad alterare significativamente il messaggio stesso allo scopo di renderlo più consumabile. 
Chi fa della comunicazione il proprio mestiere, sa bene che ogni singola parola svolge un ruolo fondamentale, che nulla può essere lasciato all'improvvisazione, perchè in realtà non esiste il messaggio univoco, ogni comunicazione porta inevitabilmente una pluralità di messaggi. A volte, perfino inconsapevolmente, mandiamo messaggi imprecisi ed in fondo erronei, figuriamoci cosa accade se al criterio di verità, di esprimere sino in fondo la nostra sincera opinione, sdi sottiuisce un criterio di successo, il messaggio, nel tentativo di essere del tutto compatibile con l'ideologia dominante, finisce per perdere il proprio vero significato, così ineluttabilmente diventando soltanto uno dei tanti elementi di quella corrente comunicativa in cui siamo immersi che non pretende certo di dirigere il flusso, ma solo di assecondarlo. 
L'alternativa che come lì dicevo io ho abbracciato è stata quella dell'insignificanza, tento di orientare il flusso scontando già che per motivi quantitativi non potrò mai riuscire nell'impresa, ed è in questo senso che ritengo che l'esito sia l'insignificanza che tuttavia ha il merito di lasciare qualcosa che in un futuro più o meno prossimo, in condizioni più favorevoli, possa essere utilizzato.

4 commenti:

  1. Perdona il commento poco intelligente ma posso solo applaudire con grande trasporto a questo tuo post che condivido davvero in toto.

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    1. Grazie, fa sempre piacere che una propria opinione venga condivisa.

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  2. Il post è ottimo. Ritorna su qualche altro post sul tema dell'insignificanza.

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    1. Sull'insignificanza ci tornerò senz'altro, non mancherà certo l'occasione.

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