lunedì 8 luglio 2013

LA COMMEDIA DELL'ARTE DELLA POLITICA ITALIANA

E' incredibile quanto stridente possa apparire il contrasto tra la dinamica dei fatti reali, l'urgenza quindi di gestione e direzione di un processo di cambiamento radicale, diciamo rivoluzionario, evocato appunto dallo stesso sviluppo degli eventi, e la stagnazione totale della politica italiana, in cui ormai sembra di stare in piena commedia dell'arte, quella per intenderci in cui ogni attore recita a soggetto senza l'ausilio di un testo teatrale preesistente...

Ieri, è stata la volta dell'EXPO, un'ulteriore occasione per i vari attori politici di ribadire il proprio ruolo in commedia. 
Innazitutto, abbiamo avuto il solito discorsetto di Napolitano che interpreta ormai il ruolo del marziano, colui che arriva da un luogo remoto, e osserva la grave situazione esistente, spronando non si sa chi a reagire ad essa. La cosa ha aspetti paradossali, visto che non v'è dubbio che dalla fine del 2011 Napolitano gioca il ruolo del protagonista interamente politico sulla scena italiana. Come fa allora, presidente a svolgere il ruolo dell'osservatore, come fa io dico a non attribuire a sè stesso la paternità di scelte che lo vedono così tanto protagonista? La situazione data deriva da specifiche e ben definite scelte che Napolitano ha compiuto senza dubbio alcuno perchè le riteneva indispensabili, le scelte migliori che era possibile assumere nel momento in cui sono state assunte. 
Il presidente Napolitano dovrebbe rivendicare pienamente queste scelte visto che le ha assunte in piena coscienza e volontà, le dovrebbe esibire con orgoglio alla nazione, rivendicarne pienamente la paternità, ma invece misteriosamente preferisce chiamarsi fuori, come se i vari Monti o Letta, tanto per citare i più recenti premiers, avessero fatto tutto ciò che hanno fatto senza il pieno avallo, anzi la fattiva collaborazione del presidente. Qualcuno lo potrebbe considerare un atto di viltà, ma io sono certo che il nostro presidente lo fa secondo un disegno che a noi sfugge, lo capiremo a tempo debito. 
Il secondo attore in commedia è Enrico Letta che quanto più il suo governo risulta impantanato su questioni che data la drammaticità del momento appaiono di dettaglio ed ininfluenti rispetto alla dimensione reale dei problemi, tanto più lancia proclami di vittoria, di successi su successi del suo governo, senza evidentemente alcun ritegno, senza vergognarsi di mentire così spudoratamente all'opinione pubblica ed all'elettorato allo scopo di alternarne la percezione della realtà. Mi rifiuto di entrare in dettaglio sul merito dei provvedimenti che il governo ha preso in questo suo primo periodo di vita, perchè in effetti basta considerarli da un punto di vista semplicemente quantitativo. Per un paese che ha un debito di duemila miliardi di euro, che ha una disoccupazione reale prossima al 20% (contate i cassintegrati e ditemi voi se non stiamo lì), che ha visto negli ultimi dieci anni una contrazione costante del PIL, in una situazione di questo genere, un vero disastro come in tempo di guerra, Letta salta su a declamare i successi del suo governo con frasi del tipo "ce l'abbiamo fatta" che in un paese meno allo sbando del nostro, e con una stampa meno colpevolmente complice col potere su cui invece dovrebbe esercitare un ruolo di controllo, avrebbe fatto internare Letta nel più vicino ospedale psichiatrico. Ieri, Letta si è spinto sino a dire che l'Italia troverà finalmente il punto da cui ripartire nell'EXPO, e ditermi voi se non mentisse, se non dovrebbe essere considerato pazzo da legare.  
Sul fronte PDL, continua il silenzio di Berlusconi che se ci pensate si protrae dall'incontro con Napolitano. Questo incontro presumiblmente non è stato un successo per Berlusconi, ciò che egli sperava di ottenere da Napolitano, magari come compenso per l'appoggio al governo Letta, non l'ha avuto, e così si spiega anche l'attacco furibondo di Brunetta a Saccomanni, cioè allo stesso Napolitano, visto che in tutta evidenza è Napolitano ad averlo imposto come ministro del tesoro al suo governo Letta (suo in quanto sua totale invenzione). 
Ciò che tuttavia appare più interessante è che difficilmente Berlusconi potrà ancora resistere come leader del centrodestra, anzi è mia opinione che egli stia già organizzando il proprio espatrio verso un dorato esilio, forse ad Antigua, o in località analoghe. 
Se questa ipotesi si dovesse avverare, sarebbe davvero la frana completa del sistema partitico italiano.
Non v'è dubbio che l'intero sistema politico in questi ultimi venti anni si sia definito in base a Berlusconi. I due poli che molti nostalgici del proporzionale considerano come esperienza compiuta e fallita di maggioritario, senza comprendere che si è trattato solo di una sua caricatura, si sono definiti rispetto alal persona di Berlusconi, e il PDL rappresenta i suoi seguaci, mentre il PD rappresenta i suoi avversari, l'unico vero ed unico collante che tiene assieme i vari cocci che concorrono a costituirlo, come le vicende più recenti confermano clamorosamente.
Ora, che il PDL sia un finto partito perchè rappresenta soltanto il coagulo di tutti coloro che devono la loro esistenza politica interamente a Berlusconi, è una cosa scontata che non credo possa essere contestata. La cosa più interessante è che anche il PD ha un bisogno vitale del nemico Berlusconi, e la convergenza dei due schieramenti, sia in fase di elezione del presidente della repubblica, sia nella composizione e nella maggioranza dei due ultimi governi, ha di fatto distrutto il PD, un partito che non esiste più, un gruppo di politicanti che fingono di stare in uno stesso partito.
Questo scenario che sto tracciando evidenzia la difficoltà di capire quale sarà lo sviluppo degli eventi, con l'unico aspetto chiaro riguardante l'inutilità di andare dietro agli eventi dei due partiti che sono in dissolvimento. Non importa capire come andrà a finire tra la Santanchè e Cicchitto, tanto per citare due esponenti dele due ali del PDL, non importa capire come finirà tra Renzi e la vecchia oligarchia del PD, importa capire come i singoli gruppi di potere aggregati attorno a singoli protagonisti della politica italiana, si collocano sull'intero scenario politico, quali insomma saranno le nuove aggregazioni politiche post-Berlusconi. 
Io immagino insomma un processo non di frammentazione dei due maggiori partiti, ma un loro totale collasso, e mi pare che i più abili tra i politicanti stiano andando verso la definizione di un nuovo grande centro tipo DC, e questo ad esempio mi pare sia il progetto portato avanti da D'Alema. I 104 voti non dati a Prodi mi sembrano un elemento prodromico a questo novello centro che se si costituisse come io penso, come primo atto ripristinerebbe un sistema elettorale proporzionale in modo da potere svolgere quel ruolo di partito governativo unico che la DC ha svolto nella politica italiana. 
Pensavate davvero che D'Alema fosse pronto per la pensione, che egli non aspetta ansiosamente di tornare a frequentare il parlamento magari sotto veste di premier? Lasciando che Bersani andasse alla disfatta tentando di contrastare Napolitano, egli organizzava una prima ipotesi di sistema partitico in Italia. 
Ma, c'è un enorme ma. La debolezza di questi grandi strateghi è il rapporto con la realtà, in particolare oggi con la realtà di una crisi che solo degli imbonitori da fiera di paese possono dichiarare in via di risoluzione. La realtà, vedrete, finirà anche questa volta per stupirci.

Nessun commento:

Posta un commento