domenica 28 luglio 2013

LA PRESUNTA ANOMALIA ITALIANA

Ancora una volta, la politica italiana appare bloccata su Berlusconi e sulle sue vicende personali. Mi sto riferendo naturalmente al pronunciamento da parte della Cassazione su uno dei numerosi procedimenti giudiziari a suo carico che si avrà tra qualche giorno e che almeno da ciò che la stampa ci propone, sembra il centro dell’attività politica di questo paese.

Nello stesso tempo, si fa sempre più insistente sui mass media la tesi che guarda in maniera addirittura provvidenziale a tale sentenza come mezzo per eliminare dalla scena politica Berlusconi e di conseguenza riportare la scena politica a ciò che viene definita come la normalità. Che un personaggio, per certi versi folkloristico come Berlusconi sia a capo di una delle due coalizioni che si sono contese il governo del nostro paese negli ultimi ventanni, può certamente essere considerata un’anomalia. Tuttavia, sul dedurre da ciò che egli sia la causa di questa anomalia, non è possibile convenire...


Basterebbe seguire la traccia degli eventi succedutisi in questi ultimi venti anni per verificare facilmente come egli sia più l’effetto che la causa di una certa politica.

Tutto nasce dalla caduta del muro di Berlino. Un PCI che si era già incamminato decisamente verso esiti socialdemocratici, trova in quell’evento così densamente simbolico, così’ adatto a fare da spartiacque della storia, l’ultimo scossone che ne distrugge i fondamenti, così come quelle simmetricamente di un partito come la DC condannato a stare perennemente al governo del paese. Come sappiamo, il clima di corruzione in politica e la capacità di una parte della magistratura di perseguire senza tentennamenti nel pieno esercizio delle proprie funzioni, fa il resto. I partiti che avevano governato vengono distrutti e il partito costantemente all’opposizione sembra ora pronto ad assumere il ruolo di governo del paese. Tuttavia, la questione che si pone è cosa sia questo partito post-PCI, un vero e proprio oggetto misterioso non soltanto per chi lo guarda dall’esterno, ma anche dall’interno e gli stessi dirigenti sembrano assai confusi, del tutto incapaci di esprimere una coerente opzione politica. Ciò è chiaro già dai giorni della cosiddetta svolta della Bolognina, così fortemente perseguita dall’allora segretario Occhetto. La mia tesi è che il vuoto di contenuto politico non sia mai stato colmato, e che anzi quell’organizzazione che ha poi assunto svariati nomi anche a seguito di varie aggregazioni, abbia costituito in fondo soltanto un’associazione di amici. Ciò che io ho visto, è che un intero gruppo dirigente si sia in quegli anni riciclato garantendosi la propria sopravvivenza politica mediante lo sfruttamento dell’organizzazione del PCI. La struttura c’era ed era molto robusta, mancava del tutto il contenuto della politica, ma ciò non ha certo impedito ai dirigenti del PCI di allora di proseguire a dirigere questo nuovo oggetto misterioso attraverso un processo di autolegittimazione, costituendosi così in oligarchia, un’oligarchia molto potente e molto efficiente nel preservarsi, e che solo ai nostri giorni comincia a vacillare per una serie di iniziative e di attacchi provenienti da varie parti.

Torniamo adesso al 1993, quando un entusiasta, euforico si potrebbe dire, Occhetto si riteneva già incoronato nuovo sovrano dell’Italia sull’onda di “Mani pulite”.E’ qui che spunta Berlusconi. Egli con grande abilità decide di sposare senza tentennamento la candidatura, poi sconfitta ma questo poco importa, di Fini, allora segretario di Alleanza Nazionale, partito post-fascista, a sindaco di Roma, e si propone come difensore degli italiani dai comunisti (sic!). In un sol colpo, egli si pone come alternativa di destra in un paese che di destra è sempre stato nella peraltro breve sua storia, e nello stesso tempo sdogana i voti dell’estrema destra che per tutti i precedenti decenni erano rimasti in frigo, inutilizzabili in nome del famoso antifascismo, una formula buona per tutte le stagioni, anch’essa costitutivamente insignificante. Di fronte al popolo di Occhetto incredulo, nelle elezioni del 1994, Berlusconi prevale sul centrosinistra assumendo il governo del paese.

La domanda che io faccio è se la fonte dell’anomala situazione della politica italiana sia Berlusconi o sia costituita piuttosto dai non meglio precisati eredi del comunismo italiano: la risposta mi pare sin troppo ovvia, Berlusconi ha potuto aspirare al successo perché aveva davanti un avversario privo di connotati identificativi, tranne appunto quello di essere sopravvissuto all’inchiesta “Mani pulite”.

La cosa tuttavia più grave è che questo gruppo dirigente ha sempre vissuto della rendita costituita dall’eredità del PCI, sin, come dicevo, dalla sua costituzione, e da allora senza mai smettere. Ai nostri giorni, sarebbe ancora impossibile accostare un progetto politico che preveda obiettivi intermedi e di lungo termine a questo gruppo dirigente oligarchico.

Il risultato di tutto ciò, è che in tutti questi anni, il centrosinistra si è caratterizzato direi esclusivamente come il fronte antiberlusconiano. Insomma, Berlusconi, non solo ha plasmato una nuova destra ormai fuori da ogni ispirazione cristiana e per niente ritrosa verso la prospettiva di includere anche frange postfasciste, ma ha anche determinato le caratteristiche dello schieramento avversario. Gli esempi che confermano questa tesi sono numerosissimi, qui potrei citare le manifestazioni al limite della demenza che hanno accompagnato le sue dimissioni quando Napolitano decise che era il momento di Monti. Quella folla cosa manifestava se non di credere di aver raggiunto lo stesso scopo della propria azione politica? Vediamo un po’, Napolitano fa tutto lui, dove sta il ruolo dei militanti piddini? Chiaramente zero. Il cambio di governo viene motivato come una soluzione di emergenza economica, cosa ci sarà stato da manifestare, magari si poteva organizzare piuttosto un funerale. Napolitano convoca Berlusconi che alla fine dell’incontro, accetta di dimettersi. Ora, secondo voi, uno come Berlusconi potrebbe averlo fatto senza un proprio tornaconto? Ci vuole così tanto acume per arrivarci, per capire che egli si metteva momentaneamente da parte proprio per tornare in seguito più forte che pria? Ancora una volta, quale era l’oggetto del festeggiamento? Appunto, la falsa credenza di essersi liberato del nemico di sempre.

Tuttavia, se le cose stanno come io dico, allora la prospettiva di liberarsi di Berlusconi non può in alcun modo costituire un vantaggio per il PD. Finora, Berlusconi rimane dopo Napolitano il personaggio di gran lunga più influente sulla scena politica italiana. Così, il PD può ancora giustificare la propria stessa esistenza. Se davvero la magistratura dovesse liberarci definitivamente di Berlusconi, allora il PD dovrebbe chiudere bottega o riconvertirsi, e poi naturalmente bisognerebbe vedere cosa farebbe il giornale- partito “La Repubblica”una volta che la sua missione antiberlusconi ha raggiunto l’obiettivo, tendenzialmente mi aspetto che questi due partiti andrebbero divaricandosi tra loro.



Bisognerebbe a questo punto precisare un altro aspetto di questa questione.

Si tratta di un altro luogo comune, l’uno è che tutti i guai dell’Italia deriverebbero dalla presenza in politica di Berlusconi, l’altro che vedremo è collegato col primo è che la situazione italiana sia completamente differente da quella delle altre democrazie occidentali. Ora, non v’è dubbio che in Italia ci siano aspetti che differenziano la pratica politica da quella degli altri paesi, ma questa al più è una banalità. Ogni paese ha ovviamente le proprie specificità. Forse in Italia, siamo più originali, anche su questo si può convenire, ma la cosa che non possiamo in alcun modo ignorare è che il problema della politica italiana non è soltanto costituita dal PD, ma che il PD condivide una crisi che coinvolge l’intera area della socialdemocrazia europea.

Diciamo le cose come stanno, al primo stormir di foglie del liberismo alla fine degli anni settanta, la socialdemocrazia ha semplicemente abdicato ad ogni programma politico che aveva fino ad allora propugnato, inseguendo in sostanza i partiti conservatori. Seguendo gli eventi di questi decenni, si vede in realtà non soltanto l’assenza di qualsiasi obiettivo in positivo da parte della socialdemocrazia, ma non si riesce neanche ad intravedere quale sarebbe la linea di resistenza, quale delle conquiste del welfare costoro ritengano irrinunciabili: ad occhio, ritengo nessuna, salvo forse il diritto a non essere uccisi.

In questa situazione, nell’incapacità di sventolare un qualsiasi vessillo attorno a cui radunare la gente, la socialdemocrazia ha nei fatti perso la guerra più delle singole battaglie. Chi in realtà ha meglio resistito, è stata la socialdemocrazia alla Tony Blair che si è direttamente travestita da conservatore, e si è quindi potuta proporre come guida verso il trionfo del liberismo. In sostanza, a me pare che Napolitano risulti oggi così potente, e non solo in Italia, proprio perché egli si pone con un atteggiamento analogo a Blair, non mostra tentennamenti, ha sposato con entusiasmo le posizioni più liberiste che non mette in dubbio, di cui non evidenzia l’interna contraddittorietà, ma sfrutta il proprio passato nel PCI per fare accettare l’amara medicina, e quanto più impone il perseguimento delle misure più dannose per i più poveri, tanto più lo fa con tono compassionevole, riservandosi il ruolo di osservatore esterno e solidale.

Non capire neanche oggi la vera natura dei problemi della politica, questa incomprensione del cuore dei fatti facendosi abbindolare dall’aspetto più superficiale che i mass media ci propongono, costituisce il pericolo più grave dei nostri giorni.

Non so se il PD sopravvivrà a questa fase, e del resto non è questa la questione centrale. Ciò di cui abbiamo realmente bisogno è di liberarci da questo ceto politico, mentre assistiamo a tentativi che i più abili tra loro fanno per riciclarsi attraverso un rimescolamento delle attuali formazioni politiche, e questo non sarebbe certo una soluzione.

Nessun commento:

Posta un commento