Noto con crescente preoccupazione che le gravi questioni di ordine finanziario, che assillano il mondo intero, trovano sempre più sui mass media una descrizione molto imprecisa fino ad apparire apertamente falsa.
Purtroppo, da una visione della crisi lontana dalla realtà, derivano inevitabilmente conclusioni errate sulle iniziative da intraprendere. Il punto è che tali iniziative non riguardano soltanto misure di ordine fiscale e monetario, che, se errate, ci potranno al massimo impoverire, ma comportano come è ovvio aspetti squisitamente politici che coinvolgono quindi i rapporti tra stati: non solo, perché la risonanza che la stessa grande informazione esercita sulle persone, rischia di creare fratture pericolosissime perfino tra le popolazioni degli stati coinvolti con conseguenze imprevedibili e certamente non positive verso un clima di maggiore tolleranza e fraternità tra nazioni magari perfino confinanti.
Voglio qui ribadire che la causa della crisi finanziaria in cui ci troviamo sta nella diffusione forsennata di titoli tossici da parte del sistema bancario, prevalentemente di area anglosassone: se lo dimentichiamo anche soltanto un momento, non facciamo che bendare i nostri stessi occhi di fronte alla realtà.
A quella crisi, cosa che parimenti dovremmo ricordare, Bush, negli ultimi mesi della sua presidenza, e tutti gli altri governanti non fecero altro che accodarsi, rispose stampando banconote da concedere alle banche perché tornassero ad essere solvibili.
Ancora, sarebbe saggio non dimenticare che i titoli tossici rimasero in circolazione, e quelli ancora non scaduti stanno ancora sul mercato globale, con il loro potenziale di deflagrazione sull’intero sistema bancario. La concessione di liquidità da parte della FED alle banche per salvare le grandi corporations tecnicamente corrisponde perciò a ritardare il momento della resa dei conti.
Molti economisti si sono affannati a raccomandare misure di regolamentazione di banche e mercati, ma davvero bisogna ammettere che c’è ben poco da regolamentare data la situazione di fatto già esistente. E’ come pretendere di spegnere un incendio in corso stabilendo nuove norme anti-incendio: chiunque, al momento dell’emergenza, non si affida al legislatore ma ai pompieri che sono i più titolati ad agire nel modo più efficiente. Se i pompieri falliscono, è perché l’incendio è indomabile, ed allora non resta che circoscriverlo e lasciarlo al suo destino.
Fuori di metafora, se le banche hanno continuato in questi ultimi anni ad emettere titoli, è solo perché ne hanno un disperato bisogno per crearsi liquidità, nella sostanza ricomprano i propri titoli emettendone di nuovi. E’ ridicolo rimproverarli per quello che fanno, visto che sembra ovvio che non vogliano fallire, e gli stati hanno dimostrato di essere i primi a temere questo fallimento che sarebbe contagioso per tutto il sistema finanziario globale. Stati e banche da più di un decennio fanno la stessa cosa, spostano in avanti il problema senza risolverlo, nascondendo la polvere sotto il tappeto della costruzione costante di nuova liquidità. Il rinvio del problema non è solo un palliativo, una soluzione fittizia, ma costituisce un aggravante perché impone la creazione di sempre nuova liquidità, ma la liquidità eccessiva è proprio la sostanza stessa del problema. Nel monticello di polvere che si va creando sotto il tappeto, si annidano popolazioni batteriche che prima o poi ci infetteranno tutti quanti.
Ho voluto così puntigliosamente ricordato l’origine e la natura della crisi perché mi pare che i giornalisti l’abbiano dimenticato, potrei dire rimosso, determinando un dibattito sull’argomento che rimane confinato nel cortiletto della nostra Europa.
Vedo sorgere un sentimento anti-tedesco che trovo estremamente preoccupante, oltre che miope. Già leggiamo oggi le più o meno ironiche titolazioni di giubilo per le difficoltà che la stessa Germania soffre nel collocare i propri titoli messi all’asta, mentre lì in Germania ci classificano già come porci (l’infelice acronimo PIGS), come spendaccioni e fannulloni.
Allora, ricordiamolo ancora una volta che la crisi è nata fuori dal nostro cortile dell’eurozona, non concediamo ai piromani dell’area anglosassone l’additarci come se noi fossimo i carnefici quando invece siamo le vittime della loro politica bancaria insensata e del tutto irresponsabile, non permettiamo di nascondere le loro specifiche e conclamate responsabilità creando rivalità e reciproci rancori tra di noi.
Il problema dell’Europa non sta quindi dell’attribuire le responsabilità a suoi specifici membri, ma, stabilito il nostro comune interesse a difenderci dall’avidità altrui, nel predisporre difese efficaci comuni, e solo in direzione di questo obiettivo abbiamo il diritto/dovere di rivolgere critiche.
Predisporre difese comuni conferisce senz’altro maggiore efficacia all’azione dei singoli stati europei, e permette forse di salvare la moneta comune, e quindi andrebbe comunque considerata una politica positiva.
La scelta più coraggiosa sarebbe quella di spezzare il circuito internazionale dei mercati finanziari. Non mi illudo certo che sia un’operazione semplice, e non ho neanche le competenze per capire come agire, ma se permettiamo a soggetti incontrollabili come le grosse corporations di area anglosassone di inondarci impunemente di titoli come gesto disperato di chi sta perennemente sull’orlo del fallimento, a nulla varranno le migliori misure di austerity che potremmo mettere in atto, esporteranno in Europa la loro crisi.
In via subordinata, potrei perfino accettare di attribuire alla BCE la facoltà di stampare a proprio piacimento banconote, che almeno avrebbe l’effetto di scoraggiare le incursioni a cui stiamo assistendo, purchè siamo d’accordo nel predisporre mezzi adeguati per proteggerci dalla ondata di titoli che invadono il mercato globale.
Se però si giunge alla conclusione che non si possono identificare iniziative comuni che siano da tutti condivise, divorziamo subito definendo un percorso di ritorno alle valute nazionali, e senza rancori tentiamo di salvare ciò che possiamo del progetto federalista europeo.
Ciò che proprio non si deve fare da parte dei governi è palleggiarsi le responsabilità in un dibattito tanto defaticante quanto inconcludente, con in più il tifo da stadio dei mass media divisi per nazione, perché si mette così in moto un meccanismo che presto potrebbe diventare incontrollabile e che potrebbe quindi portare a eventi tragici come, cosa che oggi appare del tutto improbabile, conflitti tra stati europei.
Sottovalutare le possibili conseguenze di un fallimento complessivo dell’Europa a cui si giunge dopo che i governi non trovino alcun accordo, perché nel frattempo la speculazione internazionale c’ha portato via tutto, è irresponsabile, perché un simile infausto percorso lascerebbe rancori robustissimi e molto rischiosi anche per una pacifica convivenza: vi prego, non giochiamo con aggeggi così pericolosi!
Che bel post! Lo condivido in pieno! Leggerti è davvero una goduria. :-))
RispondiEliminasi dai il migliore fra gli ultimi scritti. pero' vedi alla fine ti rivolgi a me, a ornella, a certamente tanti altri, ma credo una decisa minoranza. non solo, ma consideri politici banchieri economisti manager come persone da poter educare, almeno in parte. io credo che quasi tutti siano ineducabili perche' o conniventi con il sistema o totalmente indottrinati. eh lo so sembro pessimista, ma temo sia solo realismo. altre guerre sono alle porte, per rimpolpare il serbatoio ed anche per distrarre, certamente. siamo in una epoca di transizione bella tosta, ma finche' non cadremo col culo per terra non succedera' nulla. ancora la fiducia in monti e' elevatissima, ed a me questo pare veramente fuori di ogni logica, buon senso, istinto di sopravvivenza e non so che altro dire.
RispondiEliminasaluti vincenzo
ps: forse ti quotero' fra qualche giorno :)