domenica 5 settembre 2010

SUPERFICIALITA' O PROFONDITA'?

Da saltimbanco delle parole quale è, Baricco ha recentemente lanciato una provocazione sul tema della superficialità e della profondità. Riassumendo, ma naturalmente vi consiglio caldamente di leggere il suo articolo, egli considera positivo cercare il senso del mondo senza approfondimenti, giusto limitandosi a correre da un luogo all’altro, ricomponendo frammenti in un’opera al plurale.

Come mi capita spesso quando non sono d’accordo con qualcuno, questo dissenso si manifesta già sul piano linguistico. Ebbene, piuttosto che dire, come fa Baricco, che attraversiamo il mondo alla ricerca di senso, io direi piuttosto che viviamo sin dall’acquisizione della lingua materna, in un universo simbolico. Il senso non è qualcosa che quasi rincorriamo lungo il corso della nostra esistenza, ma è il mondo che ci strappa dal livello istintivo della nostra esistenza, quella che attribuiamo agli altri animali, per costringerci a frapporre il linguaggio, quello che seguendo Freud possiamo chiamare l’Io, tra noi e il mondo. Da allora, il senso c’è consegnato già bello e confezionato dalla cultura in cui siamo immersi, anche se ovviamente ognuno rielabora in qualche misura questa cultura ricevuta, anche a seguito delle esperienze di vita maturate.

Se le cose stanno così, allora correre da un luogo a un altro del mondo senza farsi domande sulle stesse cose che ci capitano, non significa sostituire un senso profondo con un senso superficiale, ma piuttosto sorbirsi passivamente i sensi che altri danno. Altro che opera al plurale come dice Baricco. Nella sua visione, ognuno porta il proprio frammento e la libertà individuale sta nel momento della ricomposizione individuale. In realtà, se le cose stessero davvero così, allora non esisterebbe neanche la società. La verità è sostanzialmente opposta a quella che Baricco vorrebbe farci credere, il senso più o meno profondo, un senso che ha una sua organicità non è mai stato più monopolistico che ai nostri giorni. Niente pluralismo, niente lavoro a più mani come dice Baricco, ma al contrario un mondo omologato proprio perché questa profondità negata da Baricco che la considera alla stregua di un tesoro leggendario e nei fatti inesistente, viene invece narrata da pochi e assunta acriticamente da tanti. Non è quindi che viviamo su una superficie che rappresenta la totalità del reale, ma che abbiamo assunto senza un vaglio personale critico la profondità che altri ci consegnano. Devo dire che in fondo non c’è nulla di assolutamente nuovo in tutto ciò. Se come io credo noi abitiamo in un mondo simbolico, questo mondo simbolico è sì convenzionale, dovuto alla condivisione di una cultura, in cui siamo immersi da quando siamo in grado di comprendere un linguaggio, ma non per questo può essere possibile, neanche a livello di principio, vivere senza di questa profondità. La questione fondamentale quindi è se tutti, o comunque il maggior numero possibile di persone, può accedervi, oppure se dobbiamo acquisire passivamente ciò che altri hanno elaborato. Perfino a livello tecnologico, il fatto che un utente di un oggetto può utilizzarlo senza sapere com’è fatto non può indurci a farci credere che non esista comunque un ingegnere che l’ha progettato. Seguendo il ragionamento di Baricco dovremmo giungere alla conclusione paradossale che l’uso passivo di un oggetto tecnologico comporta il fatto che tale oggetto si è costituito da solo, che non ci sia un’intelligenza che ha permesso di costruirlo.

La negazione delle ideologie, vero emblema di questa profondità, non significa vivere senza pensare ideologicamente, ma piuttosto subire passivamente l’ideologia dominante.

4 commenti:

  1. Avevo già letto questo articolo su Repubblica e, una settimana dopo, anche la risposta di Eugenio Scalfari, di cui ti manderò il link appena lo trovo.

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  2. Ho trovato il link di cui ti dicevo:
    http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/09/02/barbari-non-ci-leveranno-la-nostra.html

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  3. Paola, grazie per il riferimento dell'articolo di Scalfari. Nel merito, la sua risposta a Baricco è perfino, e non era facile, peggiore dell'articolo che l'ha ispirato. Questo tirare fuori sempre questa "modernità", da parte di Scalfari rischia il patologico. Evidentemente, egli non si accorge che la modernità, intesa come egli la intende, e cioè come un percorso millenario che ha raggiunto il culmine con le opere degli illuministi, è stata messa in crisi perchè non abbastanza profonda. E' stata messa in crisi quando le certezze sulle parole che usiamo per interagire col mondo hanno perso la sacralità che Platone aveva conferito loro, attribuendo alle idee una realtà più elevata del mondo in cui viviamo. Da almeno un secolo, la filosofia si dibatte in una crisi profonda, perchè ha perso ogni fondamento epistemologico, e pare non essere in grado di convivere con questa mancanza di ancoraggi tranquillizanti. E' rimasto solo Severino, suppongo, a credere ancora che una cosa detta, già soltanto perchè detta, sia per questo reale di per sè.

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  4. Comincio anch'io a convincermi della veridicità di quello che affermi. Mi è rimasto solo qualche dubbio sulla questione del linguaggio che, forse perchè non ho delle sufficienti basi filosofiche, non riesco a comprendere appieno.

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