Intanto, esiste il popolo italiano? Dal punto di vista soggettivo, il problema dell’Italia di farsi nazione ce la portiamo dietro dal 1861, troppi localismi e troppo poca storia comune. Non dico niente di nuovo ricordando come perfino la lingua italiana si trovi affiancata da idiomi locali, di cui almeno tre vengono considerati delle vere e proprie lingue autonome: siciliano, sardo e veneto. Si potrebbe anche ricordare come solo in tre regioni, Toscana, Lazio ed Umbria, si pronuncino correttamente le vocali, mentre al meridione si pronunciano tutte aperte e al settentrione tutte chiuse. Un tempo, c’era il cattolicesimo a fare da collante, dal Veneto alla Sicilia, ma anche su questo si potrebbe discutere visto che il cattolicesimo in Sicilia è molto prossimo al paganesimo. Alla fine, sembra proprio che l’unità nazionale si poggi sulla squadra di calcio!
E’ strano che questa questione dell’incapacità di questo popolo a farsi nazione venga sottovalutata, direi completamente ignorata quando si parla di italiani, quasi fosse una cosa che si possa trascurare. Quando noi pensiamo a nazione, siamo portati subito a pensare al nazionalismo, ma in realtà le cose sono un po’ più complicate. Credere di far parte di una comunità con cui condividiamo un ordinamento statale, è parte essenziale di un’assunzione di responsabilità. L’italiano semplicemente non ha ancora fatto suo il principio della cessione di alcune delle proprie prerogative “naturali” a un’entità collettiva detta stato. E’ da qui secondo me che bisogna partire per capire che popolo siamo.
Intanto, dobbiamo capire che uno degli effetti paradossali che porta il nostro non essere nazione è quello di facilitare la crescita di micro-, mini-, midi-comunità: se non mi sento parte di una nazione, allora, per superare l’angoscia della solitudine, vorrò essere parte almeno di una comunità più piccola.
La storia di questa nazione è stata fatta in parte rilevante dal 1943 al 1948. L’esperienza storica del CLN (Comitato di Liberazione Nazionale), con i sacrifici partigiani, ha costituito una tragedia attraverso cui si è costruita una solidarietà, una delle condizioni fondamentali per costituire una vera comunità. La Costituzione rappresenta appunto una testimonianza decisiva di questo tentativo di fare dell’Italia una nazione, e questo ne incrementa il suo significato simbolico. Del resto, tutte le nazioni “serie” nascono al centro di grandi tragedie collettive. Sicuramente, i casi più emblematici sono la Francia, che è stata rifondata dalla rivoluzione dell’89, e gli USA, nati dalla dichiarazione d’indipendenza dall’Inghilterra, e anch’essa rifondata nella guerra civile nell’ottocento.
Con la scelta della DC, dettata da motivazioni di politica internazionale, di rompere l’alleanza con i partiti di ispirazione marxista, l’unità che si era creata rischia di spezzarsi. Avviene così la costituzione delle due chiese, quella attorno al papa Pacelli, e quella attorno alla figura di Stalin. Il risultato fu così lo spezzarsi in due dell’Italia, ma non sulla base della collocazione geografica, ma in base alle opinioni.
Riassumendo, l’italiano è tendenzialmente anarchico, non perché ha interiorizzato le regole, perché si autodisciplina, no, soltanto perchè non rispetta le regole. Per una quarantina d’anni, le ideologie hanno supplito allo spirito nazionale, carente, nel fornire un collante sociale. Collassato l’impero sovietico, si è aperta un’ulteriore fase, in cui mi pare siamo tuttora immersi (continua…).
NonUnaDiMeno
11 ore fa
Molto interessante il post. Ho avuto spesso pensieri come questi; ogni volta che si è parlato di federalismo. Mi pare che la necessità di sempre maggiore autonomia, dietro la ricerca di maggiore efficienza, nasconda proprio una conferma di tutto ciò che scrivi.
RispondiEliminaA prescindere dagli accenti (che sono diversi anche in Inghilterra a seconda delle zone) probabilmente è vero che ci manca un collante.
;)
Forse non sono il primo a fartelo notare però mi chiedo: perchè nel dirigere questa nostra "nazione" non ci sono persone come te che, leggendo il tuo post, anche a uno come me riescono a far capire molte più cose contrariamente di certi discorsi fatti da "mestieranti della politica"?
RispondiEliminaIronia della sorte, proprio ieri sera a cena con amici abbiamo affrontato questo discorso che oggi più che mai mi trova in pieno accordo con te. Mi dispiace solo che un post come il tuo circoli nei blog (per carità già è tanto, che se poi ci tolgono anche questi!), mi piacerebbe fosse letto da uno speaker durante un telegiornale per rendere noto a questa accozzaglia di gente che dovrebbero avere più dignità e senso di appartenenza e condivisione.
RispondiEliminaBuon giorno!Appena riesci passi da me?
RispondiEliminaHo risposto al tuo ultimo commento...ci tengo che i miei pensieri non vengano fraintesi.
Buona domenica!:)
@Aldo
RispondiEliminaNon per falsa modestia, ma io sono uno che riesce ad immaginare, a pensare, ma se tu mi conoscessi meglio, vedresti che non sono il tipo adatto a comandare. Intanto, il comando non lo amo per niente (naturalmente, odio allo stesso modo essere comandato), e poi proprio mi mancano doti organizzative. Ti assicuro però che ce n'è tanta di gente degna e capace di dirigerci, ma proprio per queste loro caratteristiche, vengono tenute ai margini.
Comunque, ti ringrazio per la tua stima, che, come sai, è ricambiata :)
@Luz
RispondiEliminaSognare ad occhi aperti, quello ce lo permettono ancora :)