lunedì 21 marzo 2016

L'UNDICI MARZO DELLE FALSE APPARENZE: LE DICHIARAZIONI DI D'ALEMA

Ancora sull'ormai non più prossimo undici marzo.
Mi restava da esaminare lo scossone che D'Alema aveva voluto suscitate dentro il PD con parole di una chiarezza inconsueta in un politico di formazione da prima repubblica, sempre attento a pesare le parole, e tale esame volevo metterlo in relazione al discorso sulla distanza tra apparenza e realtà.
Dunque, l'apparenza è quella di un attacco violentissimo sferrato a Renzi, forse a nome di non meglio precisate forze internazionali che hanno cominciato a stufarsi dell'attuale premier, anche se dalle parole di D'Alema non è che si possa minimamente scorgere quale potrebbe essere la soluzione alternativa...

La realtà è ben altra, l'obiettivo di "baffino" non è Renzi, ma al contrario è costituito dall'opposizione interna del PD.
Nei fatti, si tratta quindi di una lotta interna al vecchio gruppo dirigente dei DS, poi confluito nel PD, certo di perpetuarvi il proprio potere oligarchico a vita.
Come sappiamo, le cose sono andate diversamente. Tutta colpa di Bersani che non ha mai avuto il profilo di un capo, troppo codardo per praticare quella determinazione che tale ruolo impone. Un ottimo gregario come dimostrato dalle sue esperienze da amministratore pubblico, ma come tale sempre bisognoso di un capo, di qualcuno al di sopra di lui, che gli guardasse le spalle, ruolo per decenni praticato da D'Alema che aveva sì il profilo del capo, ma ossessionato da una grave nevrosi da primo della classe, che lo ha portato a crollare sul piano dell'immagine pubblica, cioè del consenso che rimane ancora, malgrado tutto, un ingrediente non facoltativo dei sistemi democratici, anche se magari solo sul piano formale.

In sostanza, tale oligarchia pensava di potere continuare a dominare il partito più importante dello scenario politico italiano indefinitamente, basandosi esclusivamente sul meccanismo della cooptazione, che avrebbe dovuto evitare ogni possibile forma di opposizione. 

Era un meccanismo ereditato dai tempi del centralismo democratico, ma che ha ragione di esistere soltanto in un partito vero, in cui si discute davvero, ci si divide per poi compattarsi al momento della decisione finale.

Con le sezioni ormai vuote, con un partito coincidente col vertice, questo meccanismo si trasformava inevitabilmente da un mezzo per gestire la democrazia interna, senza nel contempo mettere in pericolo la compattezza, a un mezzo per la autoperpetuazione di un vertice ormai completamente autoreferenziale e per niente rappresentativo di una base sempre meno militante. 

Renzi era sì apparso sin dall'inizio un corpo estraneo da cui guardarsi, ma mai era stato valutato per la pericolosità di distruzione di quest'ordine così artificiale. 
Le primarie, adottate nel nuovo statuto come mezzo per regolare eventuali dissensi di vertice e per legare in qualche misura a sè una base sempre più distratta, dovevano poi rivelarsi il grimaldello utilizzato da un Renzi spregiudicato per affondare questo vertice, avendo tra l'altro evocato il meccanismo della rottamazione per limite d'età, ed in tal modo eliminato l'unico avversario veramente pericoloso che avrebbe potuto avere, appunto D'Alema, con il tacito assenso della maggioranza dell'oligarchia, convinta di potere eliminare il capo oppressivo,senza rendersi conto dell'indebolimento che avrebbe subito.

Abbiamo quindi oggi due differenti forme di opposizione, che non rappresentano momenti differenti di un'articolazione di un unico fronte, ma che anzi si combattono tra loro. 

Da una parte abbiamo appunto un fronte che ormai è stato del tutto allontanato da ogni ruolo di gestione del partito, e che con l'esclusione dal parlamento, risulta nei fatti un fattore ormai del tutto esterno al PD, anche se ancora vi aderisce formalmente, e un altro fronte invece che rimane interno al partito, a cui rimane incollato come una cozza allo scoglio, e che ormai dimostra di esistere brontolando, sempre pronto a dare dei penultimatum, chiamati così perchè le minacce non hanno mai seguito, ed al momento cruciale, questi si allineano prontamente. 
In sostanza quindi, D'Alema, ponendo il problema della costituzione di un nuovo partito alla sinistra del PD, fa finta di attaccare Renzi, ma di fatto, non portando alcun elemento veramente nuovo di critica, si dimostra in tale direzione intrinsecamente innocuo, mentre pone problemi reali alle persone a lui più prossime, come Bersani che è stato un suo uomo, per certi aspetti una sua creazione, nel momento in cui propone una strategia alternativa a quella da costoro professata, dell'opposizione eternamente interna al partito, qualunque cosa questo sia diventato, con l'argomento risibile del fatto che questo è il loro partito. 
E' come se qualcuno gli avesse espropiato la casa, e il Bersani di turno insistesse dicendo che dormirà dietro il cancello della villetta perchè quella è la sua casa: è già fuori da quella casa. 
Bersani ha risposto a D'Alema, dicendo una cosa vera, che non v'è spazio alcuno per una una nuova formazione politica a sinistra del PD, omettendo tuttavia di dire che anche dentro il PD non v'è alcuno spazio politico per chi non si allinea al capo. 

La verità è che hanno torto entrambi tra D'Alema e Bersani, rinfacciandosi l'un l'altro la pochezza della strategia adottata dall'altro. 

Il punto fondamentale che tanti non si vogliono porre a sinistra, è la crisi epocale della sinistra, il suo non avere più alcuno spazio politico. 
Se la sinistra ha sempre meno consensi, è perchè non esiste nè a livello nazionale nè a livello europeo una linea di sinistra, una proposta credibile alternativa all'attuale situazione. 

Se il PD, come del resto l'intera socialdemocrazia europea è protagonista attiva dell'ondata di globalismo ordoliberista che ha distrutto l'intera economia europea, chi sta a sinistra non fa nulla di meglio. O si rifugia in un massimalismo marxista, che si coniuga perfettamente con la convivenza col capitalismo imperante, in attesa del messianico avvento del comunismo, o finisce per adattarsi anch'esso con le esigenze sempre emergenziali che chi comanda impone (vedi Tsipras, come esempio emblematico). 

Alla fine, l'elemento identificante della sinistra sono i cosiddetti diritti civili, cioè un elemento ideologico liberale. Se quindi la sinistra decide di sostenere rivendicazioni di natura liberale, come potrebbe essa stessa risultare protagonista di una proposta alternativa al liberalismo che è la fonte di tutto ciò che sta accadendo oggi davanti ai nostri occhi?

Magari gli elettori non avranno così chiare tali eclatanti contraddizioni della sinistra, ma percepiscono comunque chiaramente che da lì non verrà nulla che possa minimamente risolvere i propri problemi esistenziali. 

E' sempre più urgente quindi che in politica si esca alfine dalla dicotomia del tutto superata ed ormai francamente e pericolosamente ambigua destra/sinistra, perchè le forze ancora sane e vitali di quanti si considerano di sinistra, vengano liberate e possano dare un contributo determinante a quel processo rivoluzionario, divenuto giorno dopo giorno sempre più necessario ed urgente.

2 commenti:

  1. "E' sempre più urgente quindi che in politica si esca alfine dalla dicotomia del tutto superata ed ormai francamente e pericolosamente ambigua destra/sinistra, perchè le forze ancora sane e vitali di quanti si considerano di sinistra, vengano liberate e possano dare un contributo..."
    Sono d'accordo, ma... da che parte si comincia?
    Anche solo avere una denominazione è un problema. Se qualcuno mi chiede "tu sei di sinistra?" io sono portato a rispondere di sì; salvo poi non potermi identificare con nessuno dei partiti che si definiscono a vario titolo "di sinistra".

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  2. Intervenire sul piano lessicale è sempre complicato, perchè bisogna convincere almeno la gran parte della comunità dei parlanti, a cambiare modo di esprimersi, e questo già esprime la difficoltà dell'operazione.
    Tuttavia, sul piano squisitamente politico, possiamo individuare l'esistenza di un potere globale ingiusto, miope e fondamentalmente autolesionista, e quindi da abbattere.
    Potrebbe costituire una formidabile operazione di chiarezza e semplificazione se decidessimo di metterci da due parti differenti, una ad ovest, in base al fatto di considerare come augurabile la perpetuazione di questo potere, ed una ad est, in base al fatto di volere invece combattere e sconfiggere.
    Così la finiremmo di considerare il partito socialdemocratico come alternativo al partito popolare, e quindi potremmo accomunarli, e potremmo al contempo considerare non così opposti un partito lepenista ed una linke tedesca, tanto per fare due esempi significativi.
    E' ovvio che questi due fronti rimarranno compositi al loro interno, e ciò richiederà un ulteriore processo di chiarificazione, ma almeno ci toglieremmo di dosso questi fantasmi ormai inutilmente ingombranti del novecento.
    Si potrebbe quindi fondare un fronte contro il liberalismo globalizzante, che significa specificare una serie di contenuti politici fondamentali e molto dirimenti, quali:

    - l'anticapitalismo
    - l'antiglobalismo
    - il sovranismo
    - la democrazia
    - l'ecologismo

    tanto per citarne soltanto alcuni.
    Dopodichè, una volta intrapreso il progetto, ognuno avrà il diritto di dire la sua, non pretendo certo di poter prevedere tutto ciò che si potrà fare sia sul piano teorico che pratico.

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