sabato 12 marzo 2016

VENERDI' 11 MARZO, UN CASO CLAMOROSO DI COME REALTA' ED APPARENZA POSSANO IN POLITICA DIVERGERE ENORMEMENTE



Difficilmente, una giornata può apparire politicamente così differente dalla realtà come ieri.

La peculiarità di ieri sta nella coincidenza casuale di due vicende del tutto separate.

L’una è quella che ha visto come protagonista Massimo D’Alema, ed il suo attacco forsennato a Renzi ed al suo gruppo di potere, l’altro è quello costituito dalla reazione dei mercati finanziari alle decisioni di giovedì di Draghi.

In questo articolo, mi occuperò di quest’ultima questione, rinviando a un prossimo articolo la questione D’Alema..


Stamane, i giornali titolano entusiasti sui notevoli incrementi degli indici di borsa, che essi prendono come una evidenza sperimentale del fatto che le misure assunte da Draghi funzionano, che la manovra della BCE sia adeguata e che si dimostrerà efficace per raggiungere l’obiettivo più volte esplicitamente dichiarato di portare ad un’uscita dalla deflazione in corso.

Peccato che i giornali non siano in grado di motivare questo giudizio positivo sull’azione di Draghi se non prendendo atto dell’andamento di borsa.

Che la borsa salga, significa soltanto che gli operatori finanziari si sono messi a comprare. Mi pare tuttavia che le motivazioni per cui si compra, possano essere molteplici e che sia errato interpretare gli aumenti osservati come un segno di fiducia a Draghi ed alle sue scelte di politica monetaria.

Inoltre, se anche davvero fosse come i giornalisti assumono, e cioè come una forma di consenso a Draghi, tale consenso sarebbe limitato a pochi soggetti che per la loro posizione oggettivamente molto parziale, hanno una visione inevitabilmente distorta dell’economia.

Magari, ci si potrebbe aspettare dai giornali che entrassero nel merito, analizzando le misure assunte dalla BCE per il loro contenuto.

Se i giornali avessero svolto questo compito, si sarebbero resi conto che nelle misure assunte giovedì passato, non c’è assolutamente niente di nuovo. La riduzione sui tassi praticati per prestiti della BCE alle banche, come i tassi negativi sui depositi delle banche presso la BCE, è roba già vista e sperimentata ampiamente nei mesi trascorsi ed i cui effetti pressoché nulli sull’inflazione sono sotto gli occhi di tutti.

In verità, Draghi si è limitato a ripetere quanto già fatto nel recente passato, ma aumentandone l’aspetto quantitativo.

Il QE è stato portato da 60 a 80 miliardi di euro al mese, il tasso negativo sui depositi è stato portato a dun padossale valore di -0,4%, quindi ancora più negativo di quanto fosse prima, i tassi per prestiti sono stati azzerati (ma visto che erano già dello 0,25%, non è che sia cambiato granchè), la percentuale di titoli di stato che possono essere acquistati è aumentata, ed oggi si è allargata la platea di titoli oggetto del QE.

L’aumento quantitativo delle manovre monetarie è quindi certamente avvenuto ed in misura accentuata, ma non si trova in esse nulla di realmente innovativo.

D’altra parte, veniamo da mesi in cui lo scetticismo sulle misure prese dalle banche centrali un po’ in tutto il mondo, a partire dalla stessa FED, è stato evidente e del tutto giustificato dal fatto che la deflazione sembra dominare ancora oggi incontrastata soprattutto nell’area euro, malgrado tutti gli sforzi per combatterla della BCE.


A me pare che questa politica della BCE possa essere definita come un classico caso di accanimento terapeutico in un caso in cui diagnosi e terapia da parte del medico curante siano inadeguati. Se una determinata cura fallisce nel curare un paziente, sembra insensato continuare ad insistere con lo stesso farmaco che viene anzi dato in dosi sempre crescenti. E’ un’elementare norma di una corretta prassi medica quella di verificare sempre i risultati raggiunti. Per somministrare dosi crescenti di farmaci, è assolutamente necessario avere riscontrato miglioramenti nel paziente, anche se insufficienti per farlo guarire. Si deve potere affermare che la strada intrapresa è quella giusta, e solo allora la decisione conseguente di aumentare le dosi appare giustificata. In caso contrario, siamo in presenza di un atteggiamento dogmatico che ha grandissime probabilità di portare il paziente verso la morte. 


L’impressione che viene fuori è che questi irresponsabili banchieri centrali stiano facendo di tutto per creare bolle finanziarie.

Non ricordo dove lessi che in fondo le bolle possono essere molto utili. Ciò che pare sfuggire a chi sostiene questa tesi è che la prossima bolla sarà di un tipo e di una intensità mai vista prima nella storia del capitalismo.

Il motivo è facilmente detto, che l’arsenale degli strumenti finanziari messi in campo in questo genere di eventi è stato già utilizzato, e non si capisce nel momento in cui una nuova bolla dovesse scoppiare, chi potrebbe limitarne gli effetti e attraverso quali altri strumenti.

In fondo, cosa hanno fatto finora i banchieri centrali in accordo con i governanti? Hanno monetizzato i titoli tossici. Aumentando in maniera parossistica la liquidità, hanno consentito al sistema bancario di non fallire.

Tuttavia, dovremmo, dopo i QE delle dimensioni colossali a cui abbiamo assistito, considerare con la dovuta attenzione il rischio per nulla remoto che anche il denaro diventi carta straccia.

Per quanto sia difficile in un periodo di ostinata deflazione in cui ci ritroviamo, il pericolo d’inflazione è tutt’altro che ingiustificato.

Non posso per chiarire questo punto che riportare qui una metafora che avevo usato in passato.


Se un treno troppo lungo e troppo pesante fatica ad avanzare in un tratto in salita, potrebbe sembrare che sia una buona strategia aggiungere una seconda motrice in coda, l’una seguita a tirare, ma viene coadiuvata da una seconda che spinge. Tuttavia, dovremmo considerare cosa succederà in seguito, e precisamente quando il tratto in salita finisce ed inizia la discesa. Se come è presumibile, chi guida la motrice che sta in fondo non vede il punto dove la testa del treno è giunta, seguiterà a spingere quando in realtà sarebbe il caso di azionare invece i freni. 


Avere zavorrato il treno dell’economia globale con crescenti quantità di titoli inesigibili, impone la presenza di una seconda motrice, cioè l’aumento della liquidità. Finchè essa rimane confinata nei circuiti bancari, servirà soltanto ai dementi che guidano la finanza globale per pavoneggiarsi per avere aggiunto un altro zero ai loro patrimoni immensi. Quando tuttavia si arriva in cima al percorso, e cioè nel momento in cui per i fattori più vari questa liquidità uscirà dai circuiti non è rimasta parcheggiata in tutto questo tempo  e invaderà i mercati delle merci, cioè il mondo dell’economia reale (e questo è ineluttabile, non è possibile neanche ipotizzare che il denaro creato rimanga confinato per sempre in questi non luoghi), allora verrà al pettine il fatto ben noto che al totale della ricchezza finanziaria non corrisponde abbastanza merce, e per la legge della domanda e dell’offerta il costo delle merci crescerà impetuosamente, con una velocità che deriva dal fatto che i soggetti implicati sono professionisti della finanza, e quindi che tenteranno di arrivare ad acquistare una determinata merce prima della concorrenza, col risultato che ci sarà un inseguimento del prezzo di quella merce a velocità davvero impressionante.


Insomma, mi pare evidente che in queste condizioni, un big bang finanziario, che porti alla distruzione di tutta la ricchezza di natura finanziaria, incluso il denaro, diventi un esito ineluttabile, e forse torneremo fosse anche per pochi giorni al baratto, in attesa che gli stati sovrani creino una moneta nuova di zecca con cui consentire di nuovo gli scambi commerciali. 


Per scongiurare una simile eventualità, bisognerebbe invece che aumentare la potenza delle motrici impiegate, diminuire il peso trasportato, e cioè fuori di metafora distruggere questa cartaccia in modo controllato senza attendere che questa distruzione avvenga in maniera esplosiva in un momento imprecisato, seppure non così lontano nel tempo.


Se le cose stanno così e com’è ovvio aspettarsi, gli operatori finanziari ne sono consapevoli, allora questa apparente euforia delle borse non costituisce una vera e propria fiducia in questo gesto che si pretenderebbe risolutivo da parte della BCE, ma la continuazione di questa prassi dei mercati finanziari che deriva da una disperazione di fondo, la consapevolezza di essersi infilati in una via senza uscita, e quindi l’accettazione della logica del rinvio, del continuare a spadroneggiare finchè la corda non si stringerà attorno al collo dell’economia globale. 

In conclusione, mi pare evidente che l'entusiasmo delle borse e l'eco nella stessa direzione da parte del media, siano del tutto prive di fondamento: appunto, quando l'apparenza mediatica bisticcia clamorosamente con la realtà dei fatti.

1 commento:

  1. Come giustamente dici, e come è evidente a chiunque non abbia gli occhi foderati, le politiche (monetarie e non solo) applicate non funzionano; gli unici risultati che portano sono un modesto rinvio temporale dell'epilogo e un notevole incremento dell'intensità circa la botta che ci porterà fuori da questa situazione.
    Una botta che potrà essere un disastro finanziario, una rivolta sociale, una guerra; comunque un evento tanto più drammatico quanto più sarà rinviato.
    Fossi nei panni del capotreno starei pregando per un cataclisma naturale: se fosse abbastanza grave avrebbe gli stessi effetti ma la colpa non sarebbe mia.

    RispondiElimina