venerdì 26 febbraio 2016

FAMIGLIA E NATURA

A margine dell'infelice battuta di Alfano (che in quanto a cose di questo tipo è davvero un grande specialista), rimane la questione se sia lecito ed opportuno richiamare il concetto di natura a proposito della famiglia...

Dal punto di vista culturale generale, l'ideologia liberale dominante nelle sue differenti articolazioni tende ad affermare che in generale il concetto di natura e di naturale non vada richiamato, perchè noi viviamo in una società civile, quindi in un ambito culturale, e quindi richiamare un dato naturale non ha senso. Secondo costoro, che non costituiscono comunque la maggioranza del pensiero liberale ma una specie di avanguardia particolarmente ortodossa, l'ambito culturale ci garantirebbe di potere definire noi cosa sia desiderabile per noi, e che quindi riferirsi ad un dato esogeno rispetto a quello culturale costituirebbe un'indebita limitazione alle nostre scelte. Questa è ad esempio la tendenza di gran lunga dominante nell'ambito del pensiero femminista, che costituisce, generalmente in maniera inconsapevole, una delle principali branche del pensiero liberale.
I marxisti a loro volta, abbracciando un tipo di antropologia tutta fondata sull'homo aeconomicus, un'antropologia che io considero rozza e che costituisce uno dei punti più deboli di tale teoria, mettono al centro della loro attenzione il fattore storico. Risiede secondo loro nell'evoluzione delle strutture economiche la fonte dei comportamenti degli uomini, e quindi tendenzialmente anche i marxisti tendono ad oscurare il concetto di naturale.

Per me e tanti altri invece, la dicotomia natura/cultura costituisce ancora oggi la migliore base a partire dalla quale elaborare un'antropologia che abbia un minimo almeno di ambizione realistica.

So che richiamare una presunta natura soffre di un'obiezione che non sottovaluto, che cioè si rischia adottando come riferimento la citata dicotomia, di imporre un determinato modello culturale, spacciandolo per naturale, e così sfruttando un forte elemento autoritativo che tende a delimitare l'ambito della discussione. Insomma, c'è il rischio di un uso strumentale o anche soltanto inconsapevole dell'usbergo della natura, per potere controbattere con successo ad argomentazioni avverse anche quando queste siano del tutto fondate.

Seppure io consideri del tutto fondate queste obiezioni, non credo che esse possano costituire un motivo valido per abbandonare il concetto di naturale. Al contrario, credo che esse ci dovrebbero portare alla massima attenzione possibile nel maneggiare tali concetti, il che si traduce nell'apportare motivazioni adeguate ad ogni ipotesi sulla nostra natura umana che portiamo avanti, bandendo ogni forma di dogmatismo in questa materia.

Credo che per risalire ad almeno alcune caratteristiche della nostra natura, ci possa aiutare l'osservazione di ambiti meno culturalizzati, come ad esempio i nostri piccoli, o l'osservazione comparata di culture differenti, anche se la cultura occidentale è diventata così pervasiva che dobbiamo affidarci in massima parte ad indagini etnologiche del passato. Infine, anche l'etologia ci può aiutare in maniera considerevole, pur con i limiti dovuti alla variabilità che osserviamo tra una specie all'altra che ci impone delle scelte su cosa considerare e cosa scartare, introducendo un elemento di discrezionalità, ma soprattutto alla verifica relativamente recente del fatto che la cultura non è appannaggio esclusivo dell'uomo, introducendo quindi una forma di inquinamento culturale anche nel comportamento di alcuni animali, quelli tra l'altro più prossimi a noi e che quindi potrebbero costituire il riferimento più adatto.

Pur consapevole quindi delle difficoltà e della presenza di un elemento inevitabilmente aleatorio nella definizione di una presunta natura umana, rimango tuttavia convinto dell'impossibilità di prescindere dal concetto di naturale e quindi della necessità di definire una natura umana con la precauzione del fatto che si tratterà sempre di un modello con elementi errati e quindi sempre bisognosa di una sua evoluzione.

Possiamo ora andare al merito della questione che il titolo di questo post richiama: è possibile associare il concetto di natura alla famiglia?
Dico subito che naturalmente il matrimonio non ha niente di naturale, è al contrario un'istituzione statale e come tale sta pienamente nell'ambito culturale.
Per la famiglia al contrario, si può parlare di una struttura naturale e la base di questa affermazione sta nel legame del tutto naturale tra madre e figlio, quindi in ultima istanza, al fatto che siamo mammiferi e quindi, come in tutti mammiferi la stessa sopravvivenza della prole è legata alla cura materna del neonato. Questo legame quindi costituisce il fondamento naturale della famiglia.

Si può invece discutere a lungo sulla natura del legame tra la coppia madre/figlio e il padre. Probabilmente, qui si mescolano inestricabilmente elementi culturali ed elementi naturali. Dal punto di vista storico, la famiglia ha subito processi di trasformazione, in luoghi differenti, la famiglia ha assunto forme differenti, ma un elemento è rimasto costante, il suo essere centrata sul rapporto madre/figlio.

Ciò quindi ci porta a comprendere come è la procreazione e la cura dei piccoli il fondamento della famiglia, e non come erroneamente si continua ad affermare, il legame tra due partners sessuali.

Storicamente, il matrimonio serve a definire un ambito che lo stato vuole privilegiare, in quanto sede a cui sono affidati i piccoli della nostra specie. Ogni altra interpretazione è del tutto infondata e di conseguenza è altrettanto infondata  la tesi secondo cui il fatto che il matrimonio sia previsto solo se contratto tra partners di sesso differente, costituisca una forma di discriminazione. La discriminazione se così la si vuole chiamare, sta nel fatto che solo tramite rapporti sessuali tra uomo e donna si procrea. Sarebbe in sostanza lo stesso che un maschio si sentisse discriminato perchè non può partorire, la discriminazione non la stiamo compiendo noi uomini, ma è dovuta alla nostra stessa natura.

L'equivoco sorge a causa del fatto che il matrimonio riguarda i coniugi, e così non si coglie come la sua motivazione sta nella prole e non nei genitori, anche se poi riguarda direttamente loro, e la prole soltanto indirettamente. Del resto la sofferta vicenda della stepchild adoption, mostra appunto come anche gli omosessuali si rendano conto della centralità della funzione di cura della prole nell'istituzione familiare, ma tralasciano la mancanza della prima parte la procreazione e l'allattamento al seno del piccolo, che richiede in natura una donna e la sua inseminazione da parte di un maschio e quindi prevede un rapporto eterosessuale.
Questa imprescindibile differenza tra sessualità etero ed omo non scompare perchè si sono nel frattempo sviluppate tecniche che permettono la fecondazione artificiale, Si tratta appunto di tecniche che tentano di copiare la natura, che rimane quindi il riferimento di fondo. D'altra parte, l'utilizzo di qualsiasi tecnica andrebbe considerata nella sua globalità, e non concentrandosi sull'effetto voluto, trascurando tutti gli effetti collaterali. 

In conclusione, il matrimonio è certamente un'istituzione culturale, ma la famiglia, seppure anch'essa influenzata nelle sue forme specifiche dalle culture storicamente determinatesi, ha certamente un fondamento naturale che, discendendo dal carattere assolutamente peculiare del rapporto tra madre e figlio, non può avere alcun equivalente nel caso di rapporti omosessuali intrinsecamente sterili. 

E' quindi del tutto doveroso distinguere il matrimonio come istituzione specificamente destinata a garantire ed anche direi a controllare la riproduzione, da qualsiasi altra forma di relazione, seppure anch'essa meritevole di particolari tutele.

2 commenti:

  1. Devo dire che il discorso fatto qui risulta definito molto meglio (in qualche passaggio anche troppo per le mie possibilità) rispetto al post del 29/01. Articolo che forse non avevo compreso al 100% (non sono mai stato precoce in niente, a proposito di natura).
    E, pur non essendo convinto sull'opportunità di avere istituzioni diverse dal matrimonio per regolare le unioni omosessuali, condivido il discorso di fondo.

    RispondiElimina
  2. Si tratta di questioni complesse, e rifletterci con maggiore calma e tempo, sicuramente aiuta a chiarirsi e ad esprimersi in modo più comprensibile, e ciò vale per ciascuno di noi.

    RispondiElimina