giovedì 1 gennaio 2015

NAPOLITANO: IL PROGETTO DI RIDUZIONE DELLA DEMOCRAZIA DEVE ANDARE AVANTI

E così ci siamo, il 2015 è appena cominciato con i soliti cenoni e botti di fine anno, brindisi, auguri e proponimenti vari che lasciamo sistematicamente il tempo che trovano. 
Tra gli altri riti di fine d'anno, si è svolto anche quello del discorso da parte del Presidente della Repubblica, che confesso di non avere ascoltato assecondando la scelta dei miei amici che mi ospitavano...


Chi mi segue, sa che mi sono occupato spesso di Napolitano, una persona di alto profilo, un uomo che nel bene e nel male è stato determinante per i destini della nostra nazione, già ben prima di assumere questo ruolo presidenziale.
Ebbene, la mia opinione è che Napolitano rappresenti pienamente la sua nazione, ed in particolare la sua classe dirigente, e poichè sono estremamente critco verso questa direzione, lo sono di conseguenza anche nei confronti di questo uomo che a mio parere ha fatto un uso pessimo delle sue doti di intelligenza, della sua prespicacia politica. 
In particolare, dalla fine del 2011, egli si è assunto il ruolo, dopo essersi liberato di Berlusconi, di assecondare un disegno mondiale che suggerisce insistentemente una certa strategia di uscita dalla crisi. 
Ho dedicato tanti post su questo blog alla natura di questo disegno, alle sue cause, ed anche al suo essere destinato all'insuccesso, configurandosi in definitiva come un progetto finalizzato soltanto a procastinare lo scoppio di una ben più grossa e definitiva bolla. 
Bene, per ragioni che non conosco e che comunque sono di rilevanza limitata, Napolitano si è convinto di questo sgangherato piano che ha dalla sua lo schieramento di poteri che lo appoggiano attivamente, ma ha contro la logica politica ed economica. Il guaio di tutto questo è che i costi di questo fallimentare piano non sarà pagato dai suoi autori ma dalle moltitudini di uomini sparsi un po' in tutto il mondo, che, pure senza responsabilità alcuna, sarà coinvolto in scelte così scellerate.
Da allora, la politica italiana, sempre così asfittica di progetti autenticamente propositivi, si è rischierata. Si passa così da una sterile divisione tra berlusconiani ed antiberlusconiani, ad una nuova ripartizione tra napolitaniani ed antinapolitaniani. Chi a vario titolo ha in questi anni assunto responsabilità politiche, ha dovuto egualmente sottostare a un piano più grosso di lui, limitandosi pertanto a svolgere un ruolo di puro e semplice esecutore di questo piano. Evidentemente, in questo fronte mondiale gli accordi non sono mai compiuti, permanendo fasce di dissenso su aspetti più o meno secondari, e così è presumibile che Matteo Renzi, sponsorizzato dalla dinastia Clinton, svolga un ruolo in qualche misura differenziato rispetto allo stesso Napolitano, più vicino all'eurocrazia, ma il piano di smantellamento delle democrazie nazionali a favore di una multinazionale capitalista vede su questo obiettivo centrale uno schieramento compatto a cui nessuno di coloro che comandano in Italia si è sottratto. 
Quindi, Napolitano incarna in maniera emblematica questo piano di sottrazione di ulteriore ricchezza ai più poveri per destinarla ai più ricchi, e che viene astutamente presentato come processo di riforme. Tale processo di riforme può essere efficacemente riassunto con l'espressione "riduzione della democrazia". In un mondo governato globalmente dal cosiddetto mercato, agli stati, possiamo dire all'umanità intera, non resta che adeguarsi al ritmo delle transazioni finaziarie che ormai corrono lungo i cavi telematici a velocità forsennata. 
La divisione dei poteri di montesquie non è più compatibile con tali ritmi che la tecnologia ci ha messo a disposzione, e così assistiamo a un processo di concentrazione dei poteri. 
Prima è stato il governo a sottrarre potere al parlamento. Basti riflettere sul crescente uso della fiducia alle camere, e parallelamente dell'impossibilità di fatto che singoli parlamentari o gruppi di parlamentari possano affidare alle procedure parlamentari proprie proposte di legge: certo, il parlamento è intasato dalle iniziative legislative del governo nella duplice forma della conversione dei decreti legge e dell'esame dei disegni di legge di iniziativa governativa. Quindi, di fatto alcuni nominati, scelti proprio in base alla loro tendenza all'obbedienza e alla loro bassa capacità critica, fanno finta di esprimere un'opinione sulle leggi che vengono invece di fatto decise dal governo che così illegittimamente riassume in sè i due poteri legislativo ed esecutivo sulla cui separazione si pensava fossero basate le democrazie occidentali. 
Bene, con l'avvento di Napolitano, si ha un'ulteriore fase di centralizzazione, un uomo solo che dovrebbe riassumere in sè lo spirito della nazione ed essere il supremo custode della costituzione, assume iniziative di parte in prima persona,  tra cui quella infausta di revisionare il testo costituzionale che viceversa dovrebbe custodire. Anche in presenza di procedure del tutto legittime di revisione, il capo dello stato non dovrebbe prendere alcuna posizione, se non addirittura scoraggiare il processo, fino al momento dell'approvazione definitiva a cui non potrebbe più sottrarsi. 

Il fatto che Napolitano abbia inteso ribadire anche in occasione di quello che dovrebbe essere l'ultimo discorso rivolto alla nazione l'esigenza del processo di riforme, mostra l'ostinazione con cui questo uomo così vecchio e malandato porti avanti un progetto così dannoso per il paese, senza che egli ne prenda coscienza, come se ormai egli ingannasse in quest'ultima fase della sua vita, anche sè stesso.

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