Mi chiedo chi, tra coloro che si sentono parte del fronte antieuro, sia consapevole che al suo interno convivono almeno tre differenti opzioni di politica economica...
L'una, bene impersonata da Borghi ed abbracciata dalla Lega, pensa che l'uscita dall'euro sia già sostanzialmente la soluzione del problema, perchè immagina l'euro come un handicap che ci obbliga a compatere sui mercati mondiali in uan condizione di minorità. La soluzione sarebbe quindi quella di riacquistare la libertà monetaria e metetrci alal pari con le economie ad esempio del mondo anglosassone. E' una scelta che io chiamo liberista, perchè ignora l'origine della crisi, nata, è bene ogni tanto ricordarlo, proprio nella tanto agognata economia anglosassone, e non certo nell'eurozona, e così non mette in discussione la competizione globale, e neanche l'uso spregiudicato delle attività finanziarie che pure costituiscono con tutta evidenza il nucleo fondamentyale della crisi.
Una seconda, quella che mi appare la più frequentata, è rappresentata da quelli che chiamerò "i keynesiani a prescindere". Credo che mai keynes sia diventato tanto popolare come oggi. Questo consenso alle sue tesi prescinde dal fatto che storicamente non esiste neanche un esempio in cui le teorie keynesiani si siano rivelate come la soluzione a lungo termine delle crisi economiche. Ricordo che già nel 1937 la ripresa dopo la crisi storica del 1929 si era interrotta e che la soluzione reale e definitiva a quella crisi va individuata nel conflitto mondiale che distruggendo tantissima merce, pose i presupposti per un lungo e periodo di rapida crescita economica.
Soprattutto, essi sembrano ignorare che le teorie keynesiani, seppure invochino un certa politica fiscale, rinviino in ogni caso a misure di carattere monetario (la stampa del denaro necessario per praticare politiche fiscali espansive), che tuttavia sono analoghe a quelle finora praticate, con tutta evidenza senza successo, negli USA e in UK e con caratteristiche specifiche in Giappone. Seppure questi paesi non abbiano praticato una politica economica keynesiana, essi hanno tuttavia assunto decisioni di politica monetaria del tutto analoghe a quelle previste da Keynes. Cetamente c'è differenza tra dare i soldi stampati alle banche piuttosto che a sostegno del bilancio statale, ma sarebbe saggio non ignorare la liquidità che è già nel sistema, anche se attualmente confinata nei circuiti bancari.
In ogni caso, costoro non mettono in discussione il ruolo centrale del mercato in un contesto di competizione globale e affidano tutto a un vigoroso processo di ripresa economica, prendendo ancora una volta come riferimento il PIL come panacea di tutti i mali.
Vi è poi una terza opzione, quella che anch'io sostengo, che vede l'uscita dall'euro come rifiuto del meccanismo della globalizzaizone, quelli che potremmo definire "i sovranisti antiglobalizzazione". Per costoro, è proprio la competizione globale la radice di tutti i mali, e quindi la soluzione può risiedere nell'uscire da quella che Polanyi definisce "la società di mercato" che è qualcosa di più del capitalismo, è il capitalismo che si afferma a metà dell'ottocento, dopo una prima fase che egli definisce di mercantilismo.
A questo scopo, essi riconoscono come strumento fondamentale la piena rivendicazione dei poteri nazionali, l'affermazione delle sovranità nazionali e la difesa intransigente delle costituzioni su cui la stessa sovranità è basata.
Faccio presente che non si tratta di una posizione nazionalista perchè parte dal riconoscimento delle sovranità nazionali al plurale, cioè delle pluralità delle nazioni che le assicura un carattere internazionalista. Non viene esalatata la propria nazione a scapito delle altre, ma viene asaltata l'organizzaizone democratica basata su costituzioni come la nostra, nate proprio a seguito di confliti sanguinosi e come mezzo di convivenza pacifica tra i popoli.
Questa è l'unica posizione che possa essere definita ambientalista perchè rifiuta il mito della crescita ininterrotta, e prevede una pianificazione dell'economia, unica soluzione possibile per la preservazione dell'ambiente.
Mi chiedo dove possa essere riconosciuto un terreno realistico di alleanza tra posizoni così distanti ed anzi tra loro conflittuali, e a cosa possa servire far finta di niente e parlare di un fronte antieuro basato sull'ambiguità.
Sono sostanzialmente d'accordo sul fatto che vada messo in discussione il modello globalista con tutto ciò che comporta. Sono però convinto che l'abbandono dell'euro e lo scioglimento dei vincoli europei sia la condizione necessaria, ancorché non sufficiente, per avviare un qualsiasi percorso di rinascita.
RispondiEliminaDetto in altri termini: non me ne frega niente di chi e come ci libera dall'euro, purché si faccia alla svelta. Dopo di che (ma anche nel frattempo) si studia e ci si confronta sul modello socio/politico/economico da applicare.
Ciao,ho letto con molta attenzione,è argomento che mi interessa,anche per il dibattito che anima questo periodo.Escludendo le prime due opzioni,e concordo sui motivi da te esplicitati,sulla terza ipotesi,ed in particolare sulla pianificazione dell'economia che non metta al centro la crescita ininterrotta-corollario il consumo indiscriminato e ad ogni costo,mi trovo d'accordo con te.Ma perché non tentare di portare in Europa questa opzione che ormai sembra una necessità,anziché uscirne?Non so se e per quanto le singole nazioni potrebbero tentare di risolvere il problema,senza scontrarsi,necessariamente,con interessi di altri paesi europei in una guerra economica,meno cruenta di altre che già abbiamo conosciuto,ma non meno disastrosa.Non parlo da esperta di economia,e le mie teorie somigliano forse più ai sogni che alla realtà.
RispondiEliminaIl punto sta nel comparare l'importanza dell'uscita dall'euro e l'importanza di ciò che seguiràa questo primo passo. Dire oggi che non frega nulla di come avverrà l'abbandono dell'euro, significa che questo passaggio è quello decisivo, preponderante quindi con quanto possa poi seguire.
RispondiEliminaPenso che tra noi questa differente valutazione sull'importanza relativa dei due momenti sia quella che determina poi l'opinione sulla necessità di prevedere da subito cosa si vuole fare nel percorso complessivo come penso io o l'opportunità, come invece tu pensi di non disturbare questa prima fase, rinviando al futuro la scelta del passaggio successivo.
Da antiglobalista, non vorrei trovarmi ad avere lottato per uscire dall'euro e ritrovarmi a finaziare le attività finanziarie fuori controllo del sistema bancario, voglio chiarezza da subito.
Non mi sono spiegato.
RispondiEliminaL'abbandono dell'euro NON è la cosa più importante del mondo. E' solo quella che va fatta per prima, perché senza questa non si può fare quasi niente altro. Ciò non toglie, e l'ho scritto, che intanto occorre studiare e definire un percorso di ricostruzione secondo un modello diverso.
Al tempo stesso però, l'attesa di mettere a punto un modello diverso, non può essere la scusa per non fare questo primo passo. Se aspettiamo di essere pronti per partire, non partiremo mai.
Certo, se la questione fosse quella di studiare cosa fare dopo, sarei d'accordo con te. Il fatto è che le tre strade a cui ho accennato sono già state ben tracciate, e corrispondono ad opinioni politiche ben definite.
EliminaLa mia vuole essere una sollecitazione a ciò che è rimasto della sinistra di smetterla di stare alla coda di forze come la Lega, se c'è una modalità di uscita dall'euro che possa ragionevolmente considerarsi di sinistra, che la si imbocchi con coraggio e determinazione, invece di lamentarsi del fatto che gli antieuro sono dei fascistoidi, come se la collocazione politica di chi sostiene una determinata posizione, ne determini automaticamente il segno politico.
Questo passaggio politico determinante di uscita dall'euro rischia di avvenire nella maniera peggiore, con la sinistra divisa tra una maggioranza scettica e paralizzata e una sparuta minoranza inutilmente attiva, perchè destinata a sostenere questo passaggio che verrà inevitabilmente gestita da altri e a modo loro. Il minimo che dovremmo fare è esigere chiarezza, sennò faremo gli utili idioti.