domenica 22 gennaio 2012

IL MOVIMENTO SICILIANO DEI FORCONI

Sono siciliano, e parlare della situazione in atto nell'isola mi tocca quasi come un dovere.
A premessa, come dissi già a proposito delle manifestazioni degli indignados, non voglio fare la mosca cocchiera, come si diceva negli anni settanta a proposito dei gruppetti minoritari dell'estrema sinistra, e quindi distribuire promozioni e bocciature. 
Un requisito però è richiesto, ed è una partecipazione di base, questo è un aspetto che non può assolutamente essere trascurato. Ecco, apparentemente questo movimento ha più l'aspetto di un gruppo abbastanza ristretto di persone organizzate quasi militarmente allo scopo di massimizzare i disagi col minimo sforzo partecipativo, che qualcosa che abbia un carattere generalizzato. 
C'è evidentemente un'organizzazione molto efficiente dietro, su questo non credo si possano nutrire dubbi, ed allora bisognerebbe interrogarsi sulla natura di tale organizzazione, che a quanto pare non ha alcuna difficoltà a trattare da pari a pari con le forze dell'ordine, facendosi perfino concedere proroghe. 
Credetemi, conosco i miei polli, e se questa gente si è mossa sottoponendosi a gravi disagi per attuare queste forme di lotta, è pressocchè certo che dietro ci sta qualcuno di potente, qualcuno che promette uno sbocco positivo. 
Infine, anche per quanto riguarda gli obiettivi, si manifesta una incoerenza. Si chiede una severa limitazione nella circolazione di merci extra-UE (leggi cinesi), il che io condividerei, ma nello stesso tempo si chiede una defiscalizzazione dei combustibili, che però, guarda caso, derivano dalla raffinazione del petrolio, articolo tipicamente di importazione, e il cui uso dovrebbe pertanto essere disincentivato (oltre che per i noti motivi ambientali, ovviamente). Qui, insomma, si vuole ridurre il commercio internazionale, ma prevedendo un incremento nei consumi di petrolio, non mi pare ci sia molta coerenza in tutto questo. 
Ciononostante, malgrado tutti questi aspetti fortemente problematici, rimane la speranza che la situazione sfugga di mano agli organizzatori, perchè chi detiene il potere punta solo ad ottenere obiettvi specifici che non siano così globali da compromettere il suo stesso ruolo di potente. Dovesse assumere davvero un carattere popolare di massa, allora certo i motivi di rivolta non mancherebbero, e il tavolo su cui si svolgono giochi e giochini interni alla compagine di potere sarebbe rovesciato portando alla ribalta ben altri protagonisti. Vedremo, la lotta in sè è un elemento di contraddizione la cui evoluzione richiederebbe una organizzazione rivoluzionaria che purtroppo manca, ma la speranza è lecito comunque nutrirla.

6 commenti:

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  2. Cioè, tu speri nel buon senso della massa in rivolta?
    Ho vissuto da sindacalista per 20 anni in Fiat a Termini Imerese e questa tipologia di lotte è stata il mio pane quasi (ciclicamente) quotidiano. Non ti nascondo che alcuni tuoi interrogativi sono realistici specie quando ti riferisci a chi sta pilotando la metodologia delle lotta. Non è una novità per me, anche se alla stragramde massa può sembrare inverosimile questa "sinergia". Porti di Palermo, Stretti di Messina, Punta Raisi, Autostrade presidiati e bloccati senza mai che sorgesse il benché minimo atto o scontro di violenza. La rivoluzione di massa pilotata (dalle forze dell'ordine che ti accompagnano in itinere) è una regola che vige (sto parlando per la nostra Isola) come regola non scritta ma che alla fine ritorna a segreti organizzatori con i molti interessi. Si sta ripetendo la stessa metodolgia con altre figure e certamente con molta più carne al fuoco di ciò che si organizzò tra il 2001 e il 2002 per la vertenza Fiat. Ma ritorno alla tua domanda-speranza: anch'io spero, ma molto più cinicamente di ogni altro. La ribellione o rivolta come la vogliamo chiamare, in Sicilia, non è sinonimo di rivoluzione. A che pro?

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  3. Ti passo il link del mio blog sul mio intervento per lo stesso argomento
    http://www.lacrisi2009.com/2012/01/i-forconi-e-la-sicilia.html
    Certo è anacronistico rivendicare forme di protezionismo, ma almeno proteggere e sviluppare la produzione e il consumo a Km 0.
    ciao

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  4. @Riverinflood
    Non sono certo di avere capito, in che senso consisterebbe questa tua cinica speranza.
    Che poi una rivolta non sia rivoluzione non credo che dipenda da come si origina ma della capacità di un'avanguardia di gestirla per un fine politico deliberato. Se non si tratta di rivoluzione, è perchè non v'è traccia di avanguardia.
    Il punto è che non siamo neanche in una rivolta, e quindi c'è ben poco da sperare, almeno finchè il tutto non sfugge di mano agli organizzatori.

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    1. Beh, tu hai scritto di sperare in una organizzaziine rivoluzionaria: io dico esattamente la stessa cosa, senza crederci nemmeno un po' attraverso una speranza piccola che pure c'è.

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  5. @Francesco
    Non so se è anacronistico, ma io lo credo. Bisgona finirla con l'accanimento terapeutico, per cui il medico liberista uccide il paziente dicendo sempre che la dose finora conferita di liberismo è insufficiente e bisogna aumentarla.

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