giovedì 26 agosto 2010

OPPORSI ALLA FOLLIA CAPITALISTA

Mai come in questi ultimi mesi si sente il bisogno di una nuova radicalità in politica. Da una parte, la crisi economica spinge il mondo imprenditoriale verso una gara per una concorrenzialità crescente a livello globale, dall’altra cresce parallelamente l’intensità dei disastri ambientali. In quest’anno, abbiamo avuto almeno tre eventi davvero epocali, che ricordo brevemente. Il primo in ordine cronologico è costituito dal riversarsi di un’enorme quantità di greggio nel golfo del Messico, a causa di un incidente collegato a una trivellazione a grande profondità. Sono seguiti, praticamente in contemporanea, eventi meteorologici davvero senza precedenti, almeno da quando si abbiano dati di confronto. L’uno è costituito dall’anticiclone sulla Russia che ha causato temperature assolutamente inconsuete in quella regione, come pure una lunga siccità, e tutto questo risulta eccezionale soprattutto dal punto di vista della durata di queste condizioni. L’altro evento è costituito dalla quantità enorme di precipitazioni monsoniche in una vasta area che va dall’India alla Cina, passando per il Pakistan. In particolare, in questo paese, le precipitazioni hanno causato delle alluvioni che hanno coinvolto un’area vastissima del paese.

E’ evidente che qualcuno può declassare questi eventi fino a farli diventare degli episodi marginali, dovuti a condizioni contingenti. In verità, non può esistere alcuna possibilità obiettiva di collegarli alla politica, di fare cioè discendere questi disastri all’attività umana, così come socialmente organizzata. Nello stesso tempo, per le persone di buon senso è difficile credere a coincidenze particolari, dovute solo alla fatalità.

Insomma, qui si pone un problema enorme, che si può così riassumere. Il capitalismo globale impone una rincorsa verso una crescita sempre maggiore del PIL. La crisi crea una crescita della competizione, perché una domanda debole rende più difficile il piazzare la merce prodotta. La competizione a sua volta impone un aumento della produttività, per potere ridurre i costi. La conseguenza finale di questa logica è che si produce troppa merce, e la si produce con troppa poca gente. Andiamo quindi a una situazione di crescente sfruttamento delle risorse naturali, e nel contempo ciò avviene in presenza di sempre meno occupati. Il fatto è che anche aree del mondo in cui si era creata una legislazione del lavoro orientata al lavoratore, come tipicamente l’Europa, nella presente situazione si trovano di colpo a dovere sottostare a condizioni di lavoro sempre più gravose, con salari decrescenti, almeno in valore reale. Tutto ciò, come dicevo, avviene in un contesto che dovrebbe sconsigliare uno sfruttamento così esteso e sistematico delle risorse naturali per motivi di una gravità assoluta: la stessa possibilità di sopravvivenza dell’umanità.

Se sulla base di buoni motivi, i tre disastri ambientali che citavo, si ritiene che il paventato danno ecologico globale dovuto all’attività antropica abbia già raggiunto, proprio ai nostri giorni, il livello di guardia, e che cioè un perseverare in questa distruzione sistematica dell’ambiente all’unico scopo, in fondo sciocco, di circondarci di sempre più oggetti, allora opporsi al meccanismo perverso della competitività sempre più feroce e in realtà inutile non è soltanto ragionevole, ma addirittura un dovere morale, una capacità di opporsi alla follia collettiva per evitare la catastrofe all’umanità a cui apparteniamo.

Come si capisce, non sembra essere l’ora delle risposte articolate, della moderazione, ma è piuttosto il momento di schierarsi, di gridare ai propri simili che stiamo accelerando il treno che ci porterà verso un burrone da cui sarà impossibile salvarsi.

Ciò che allora dovremmo proporre è una società in cui ci sia lavoro per tutti, che le condizioni di lavoro siano umane, che l’orario di lavoro sia abbastanza ridotto da contenere la produzione totale di merci. E’ inutile nascondersi dietro un dito, ciò comporterà inevitabilmente un ridimensionamento dei consumi, una disponibilità ridotta di oggetti, ma siamo poi certi che questo costituisca un sacrificio, un peggioramento delle condizioni di vita, e non invece una vita più aderente a come siamo programmati naturalmente?

15 commenti:

  1. Finalmente vedo in questo breve saggio quella lucidità di cui, di questi tempi, e, ancor più con questa calura estiva, si vanno perdendo le tracce.
    Secondo me questo post va copincollato in tutti i commenti di tutti i blog che conosci con la richiesta di farlo girare il più possibile.
    Io lo farò sul mio.

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  2. A ulteriore conferma di ciò che dici possiamo aggiungere la sparata di Tremonti, che per produrre sempre più merci a prezzo sempre più basso, vuole ridurre i costi della sicurezza sul lavoro.Ma tutte queste merci chi le potrà comprare,dato che la tendenza è a comprimere i redditi di chi lavora?Vanno in senso contrario di ciò che auspichi,non a ridure i consumi per cercare di salvare il pianeta ma stimolarli facendo scendere il prezzo.

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  3. Una società in cui ci sia lavoro per tutti....condizioni di lavoro umane.....orario di lavoro ridotto ( ma con uguale stipendio suppongo). Tu non ti arrendi ai sogni, eh Vincenzo? Io la tua proposta la sottoscrivo un miliardo di volte,anche perchè per me vivere come tu auspichi non sarebbe affatto un sacrificio, visto che quello è il mio stile di vita, ma temo vivamente che quando la presenteremo ci rideranno in faccia!

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  4. La penso più o meno come Ornella. Ridurre i consumi sarebbe auspicabile per il bene del pianeta e quindi anche nostro. Ma quanti sarebbero disposti a rinunciare a qualcosa per perseguire questo scopo? Da parte mia nessun problema,e lo dico con sincerità. Ma so di molti che conosco che la considererebbero un'utopia. Di mezzo, troppi interessi economici di persone senza scrupoli che se ne fregano di tutto e pensano solo a dio denaro.

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  5. @Paola
    Grazie per il tuo giudizio e per la tua ospitalità.

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  6. @Stefania
    La radicalità di cui dicevo, discende proprio da questo, da questo assecondare un meccanismo suicida che va necessariamente negato nella sua interezza.

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  7. @Ornella
    Non è un sogno, è semplicemente la verità, dire come stanno effettivamente le cose. Non è che se passiamo per un reparto psichiatrico di un ospedale, ci adeguiamo ai comportamenti psicotici, no?

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  8. @Angelo azzurro
    Eppure, le capacità adattative dell'uomo sono enormi. Sembra impossibile, ma cambiare si può.

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  9. Il fatto è che i più, soprattutto quelli che detengono il potere, sia economico che politico, ritengono che i pazienti del reparto psichiatrico siamo proprio noi!

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  10. @Ornella: io credo invece che proprio quelli che detengono il potere si siano resi conto della gravità della crisi, non solo economica, che stiamo attraversando e non sappiano bene quale sia la strada giusta da seguire.

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  11. Della gravità della crisi ce ne siamo resi conto TUTTI ma di certo chi detiene il potere non intende risolverlo col dando lavoro a tutti e con orario ridotto! Quel che vedo io è che stanno licenziando, che non rinnovano i contratti, che vogliono mantenere il precariato, quello sì, a tempo indeterminato, che vogliono ridurre i diritti sindacali e che ritengono un lusso da non potersi concedere persino la sicurezza sul lavoro! Quindi loro la strada da percorrere l'hanno già stabilita e intrapresa, e purtroppo non è certo quella che propone Vincenzo e che io, te ed anche altri sottoscriverebbero di corsa! Ma sono troppo realista per non rendermi conto che il nostro è solo un sogno!

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  12. Condivido appieno. Anche perché sono convinto che il problema non sia quel capo di stato particolarmente insensibile o quella multinazionale particolarmente stronza (se mi passi il termine). Ma è il sistema neo-liberista e globalizzato che porta inevitabilmente a questi scenari

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  13. La parola più usata da tutti i politici è... sviluppo!
    E io per principio da 20 anni non voto nessuno che mi proponga... lo sviluppo!
    Sono in attesa di un politico che mi proponga un programma di... progresso!
    Nell'attesa ascolto Mozart, leggo Tolstoj ammiro edstasiato gli impressionisti... insomma faccio la mia battaglia personale contro lo sviluppo!
    mirco

    mirco

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  14. Oramai le menti sono uniformate e di fatto abbiamo un vero torpore cerebrale.

    Tu pensa che, ed è un esempio, per condannare la lapidazione imminente di Sakineh qui al massimo si è mosso facebook ed un po' Saviano. In Francia c'è stata una manifestazione civile di piazza. Orea è vero che erano forse anche un po' seccati per le parole dette contro la Bruni, ma quella manifestazione credo sia stata precedente e cmq tesa a rivendicare una giustizia che qui da noi non sentiamo più di chiedere neanche per noi stessi.

    Scusa se apparentemente posso essere andato un filo off topic, ma questo paralleleo mi sembrava interessante per dimostrare come questo torpore cerebrale sia di fatto una realtà da contrastare assolutamente.

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  15. beh che dire, sono d'accordo con quanto scrivi..

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