lunedì 14 luglio 2014

L'IMPOSSIBILE RIVOLUZIONE A COSTO ZERO

Non ci siamo, non ci siamo proprio per niente. I dominatori del mondo annaspano incapaci di trovare una strategia che permetta loro di continuare a dominare ed arricchirsi come hanno fatto da sempre, e qui in Italia (temo anche negli altri paesi occidentali) ci si continua a gingillare, apparentemente senza rendersi conto della fase storica in cui ci troviamo, delle rivoluzioni che si vanno compiendo di fronte ai nostri occhi per opera degli stessi dominatori alla disperata ricerca di nuovi equilibri nei loro paesi e nel mondo, e evitiamo accuratamente di mettere in discussione nel profondo i sistemi politici in cui ci troviamo, come se il problema fosse costituito dall'impossibilità di determinare i cambiamenti che vorremmo perchè troppo radicali...

Paradossalmente, le cose stanno esattamente all'opposto, che cioè è impossibile non cambiare ed anche in maniera radicale,  e che quindi è impossibile sperare di continuare a vivere come abbiamo fatto fino al giorno precedente.
Se le cose stanno così, la questione che si pone in primo piano è la natura del cambiamento, non quindi come uscire da un modello di convivenza sociale che riteniamo inadeguato, ma come piuttosto prendere il controllo degli eventi non subendo passivamente quanto ci viene imposto.
Il problema fondamentale, come avrete più volte letto su questo blog, è costituito oggi dalla globalizzazione, è la globalizzazione che ci impone delle regole di convivenza che non ci siamo scelti da noi, in omaggio ad alcuni dogmi con i quali veniamo quotidianamente martellati dai media. Più tali dogmi vengono smentiti dalla realtà che vediamo attorno a noi, più essi vengono riproposti inalterati e in maniera sempre più autoritaria.
In verità, nel campo dell'opposizione nessuno argomenta davvero a favore della globalizzazione. Non dico che le idee siano chiare in proposito a livello di classe dirigente nazionale, o se lo sono, non vengono comunicate a livello di opinione pubblica. La globalizzazione viene intesa generalmente come si potrebbe giudicare un evento naturale, ad esempio il succedersi delle stagioni. Visto che si tratta di eventi che sfuggono per principio al nostro controllo, nessuno pensa di sottoporli ad una critica sistemtica, ci si potrà lamentare talvolta dei fastidi di questi cambiamenti ciclici climatici, ma giustamente si da per scontato che ad ognuno di noi tocca più o meno volontariamente adattarsi. 
La globalizzazione però non è un evento naturale, è un evento culturale dovuto a scelte umane, e quindi questo subire passivamente tutti gli inconvenienti ad esso correlati non è una scelta saggia, è una scelta sostanzialmente vigliacca e stupida. 
E' tuttavia vero che date le gambe robuste su cui essa corre, la globalizzazione non è un processo facile da fermare, e che richiede scelte che non è esagerato definire rivoluzionarie. Come dicevo all'inizio, la rivoluzione è in ogni caso già in atto, noi non siamo in un mondo dove i nostri avversari praticano una politica conservatrice, questa visione del tutto miope è quella che passa tuttora a livello di grande opinione pubblica, e Renzi sfrutta a pieno questo errore di prospettiva in cui il buono è chi vuole cambiare (lui stesso, naturalmente), e i cattivi sono quelli che vogliono mantenere. Se la finissimo di mentire allo scopo di rimbecillire la gente, si capirebbe quanto la nostra vita è stata già stravolta dalle esigenze del potere di autoalimentarsi. 
Eppure, a tanti di coloro che si schierano all'opposizione, e soprattutto ai più giovani, un progetto rivoluzionario sembra irrealistico. Tanto per fare un esempio che trovo illuminante, leggevo su un blog da parte di un giovane sicuramente brillante come esempio di irrealismo dell'opposizione alla globalizzazione, il fatto che essa richieda un controllo statale nel movimento dei capitali, e quindi l'impossibilità di utilizzare le carte di credito viaggiando all'estero. 
A parte che c'è "modus in rebus", e quindi bisogna vedere come si attua il controllo dei capitali (ma ci vuole anche quello delle merci), mi chiedo come si possa anche solo pensare fugacemente di contrastare il potere mondiale senza cambiare il nostro modo di vita, senza eventualmente accettare alcune rinunce. Capisco che per uno della mia generazione che ha vissuto una parte consistente della sua vita senza carte di credito (i mitici traveller's cheques...), che ha visto nascere i PC e ne ha seguito per intero gli sviluppi, è più facile relativizzare, rendersi conto di come le innovazioni tecnologiche abbiano sì cambiato profondamente il nostro modo di vita, ma nello stesso tempo quale sia la prodigiosa capacità di adattamento della specie umana che ne permette l'abbandono anche nel breve giro di una settimana. 
E' chiaro che l'obiezione era avanzata non da un punto di vista strettamente personale, che essa riguardava la domanda "ma chi ci segue, chi riuscirà a rinunciare a cose senza dubbio comode che ormai diamo per scontate?", ma rimane l'ingenuità di fondo, che fare la rivoluzione, tanto per rimanere nelle citazioni, non è fare una passeggiata, che le svolte epocali si fanno non tentando di ridurre al minimo i cambiamenti, anche quelli sgradevoli, ma giustificandoli sulla base di una differente visione della realtà che valorizzi certe cose e ne squalifichi altre, che senza rivoluzione culturale, non v'è rivoluzione in assoluto, non è possibile delimitarla ad alcuni provvedimenti amministrativi, ci vuol ben altro. Insomma, ritorno al mio leitmotiv, la rivoluzione non si fa non perchè sia così difficile convincere la gente, ma perchè non esiste una nuova classe dirigente che ha una differente visione della realtà e che abbia la ferrea volontà di imporla a chi gli sta attorno. 
E le cose con l'avanzare della crisi non migliorano, come magari si sarebbe potuto credere, al contrario sembrano chiudersi nuove prospettive. Non dico, badate, che la crisi induca questa chiusura, questo non lo credo, ma che essa non è in grado di contrastare un movimento più ampio e forte che riguarda il controllo sempre più stretto della cultura. 
Ho aperto questo blog nell'ormai lontano gennaio 2009, quindi già più di cinque anni fa, e ciò che vedo è un declino di questo mezzo. Non mi riferisco ovviamente alla sorte specifica del mio blog, questo non sarebbe interessante, no, mi riferisco alla chiusura di numerosi blog che frequentavo, ma soprattutto all'affievolirsi del dibattito. Il blog viene ancora abbastanza letto, ma quelli che languono sono i commenti, di sicuro quelli importanti, diciamo i commenti strutturati, abbastanza lunghi ed argomentati da costituire un'efficace risposta all'articolo proposto. Purtroppo, contemporaneamente al successo dei social networks in cui il cazzeggio imperversa senza freni, quel confronto costruttivo che il mondo dei blog offriva subisce una crisi che rischia di essere letale. 
L'immagine di un'umanità rimbecillita che si bea di vincere la noia tra battutine, gossip ed esibizionismo telematico avanza, ma naturalmente non è il caso di drammatizzare, prima o poi vedrete che ci sveglieremo. 

In ogni caso, viviamo in un'epoca intrinsecamente rivoluzionaria, senza consapevolezza alcuna, il che ci porta a giustificare un atteggiamento mentale pigro e conformista, per cui la rivoluzione è roba da sognatori, mentre è già in circolazione, e siamo noi con la nostra cecità a non scorgerla, pur di non rinunciare a neanche una delle futilità che la nostra società ci offre.

1 commento:

  1. Beh, potrei semplicemente risponderti che il credere che la rivoluzione sia cosa da adolescenti è un concetto infantile. Basti considerare che nella storia dell'umanità le rivoluzioni ci sono state, e quindi sembrerebbe saggio considerarle parte della realtà attuale o anche solo possibile.
    A me francamente avere un atteggiamento come il tuo, mi sembra come una scusa alquanto rozza per adeguarsi al clima culturale e politico dominante. Qui, tutto cambia e c'è chi pretende addirittura di considerare i cambiamenti come impossibili, mi sembra che stiamo rasentando l'assurdo.

    Su blog e social networks, mi sembra anche qui che non ci siamo. Non è che cinque anni fa sul web fossimo in pochi, ed accanto ai blog c'erano le chat, che è proprio il luogo dove i vari fb hanno pescato. I grandi cambaimenti sono avvenuti già negli anni novanta (prima non c'era neanche l'E-mail, davvero un altro mondo. Ma anche ammettendolo (senza peraltro concederlo), a me interessava analizzare quel piccolo mondo in cui ero inserito, di amici di web con cui ci scambiavamo discussioni molto stimolanti, e che mi pare essersi a poco a poco dissolto. Personalmente, credo che non vada considerato un fenomeno confinato ala rete, credo invece che sia cambiato qualcosa di più profondo che riguarda l'intera società, per certi versi strettamente legato alla conclusione del percorso dal PCI al PD, che ha lasciato una grande divaricazione in quell'area tra chi oggi si riconosce in Renzi e in coloro che ormai considerano il PD una specie di clone di FI. Chi sta con renzi, non ha ragione di discutere, basta che segua Renzi su twitter, e trova la linea, chi ha lasciato il PD alla sua deriva verso destra, cerca altre strade o in taluni casi ha smesso di cercare e si rifugia nel privato.

    Sulla globalizzazione, hai idee alquanto approssimative. La globalizzazione non è un mezzo per favorire il commercio mondiale, è esso stesso il fine. Distruggendo l'autorità statale, distrugge la democrazia, crea un comando mondiale privo di controlli e quindi in grado di essere sottomesso ed utilizzato ai fini più ignobili.

    RispondiElimina