lunedì 28 luglio 2014

COSA ACCOMUNA CRISI ECONOMICA GLOBALE E CONFLITTI SPARSI NEL MONDO?

Cos'hanno in comune la crisi economica mondiale che si trascina irrisolta dal 2008, la guerra civile in Ucraina, la guerra in corso tra Israele e Hamas, il conflitto in corso in Iraq con il travolgente successo dell'organizzazione ISIS ed in genere la forte destabilizzazione dell'area medio-orientale ma anche nord-africano (è notizia recentissima la ricaduta della Libia nel caos armato totale)?...

Apparentemente nulla, passiamo dall'economia ai conflitti armati, ed anche questi interessano scenari del tutto differenti, la Libia non è l'Iraq, meno che mai somiglia ad Israele, e l'Ucraina si trova addirittura a ben altre latitudini, in piena Europa. 
Così, la domanda che formulavo all'inizio sembrerebbe dovere ricevere una risposta negativa. 
Tuttavia, se invece ci interroghiamo sulle cause della crisi piuttosto che sulle stesse crisi, allora sì che troviamo una risposta che le unifica tutte, e la causa è la crisi storica dell'impero USA. 
A distanza di più di venti anni dalla caduta dell'URSS, non ci sono più dubbi, quell'equilibrio mondiale che il bipolarismo della guerra fredda assicurava, al momento del passaggio all'era di un'unica superpotenza, è finito senza trovare un nuovo equilibrio che lo sostituisse. Il risultato è che con una sua cinetica in effetti alquanto lenta (ma non credo ci sia da meravigliarsene), tutto il quadro si vada disgregando in un modo così netto ed incontrovertibile che non avremmo potuto mai immaginare. 
Chi di voi che mi leggete ad esempio avrebbe previsto che il governo Israelita rivendicasse la sua autonomia fino al punto di affermare che gli USA stanno dalla parte di Hamas? 
Chi poteva credere che il Giappone ricadesse in un nuova fimmata nazionalista che l'avrebbe estraniata dal resto del mondo?
Ancor più, chi poteva pensare che il cortile di casa degli USA, e cioè l'intera america latina fino agli anni novanta, il luogo dove la superpotenza faceva e disfaceva a suo piacimento, dove i risultati delle elezioni venivano sistematicamente corretti con golpe militari ad hoc per garantire gli interessi strategici degli USA, vedesse sorgere un nuovo protagonista collettivo a livello mondiale, caratterizzato proprio dal suo schierarsi apertamente dalla parte opposta agli USA? 
Gli USA hanno fallito su tutta la linea, il loro primato tecnologico non è bastato ad assicurargli il successo militare, Iraq ed Afganisthan rappresentano nuovi Vietnam, nuovi insuccessi da cui gli USA possono uscire solo tornando a casa, abbandonando quegli scenari di guerra a loro così infausti. Allo stesso modo, lo sviluppo tecnologico non riesce a rendere competitivi i loro settori produttivi, a fronte del bassissimo costo del lavoro nei settori produttivi cinesi. 
E' un'agonia quella degli USA, una lenta agonia in cui il gigante ormai affetto da una gravissima malattia cronica ha tuttavia ancora la capacità di fare danni enormi, di generare dei colpi di coda estremamente distruttivi prima di dovere soccombere a un nuovo ordine mondiale. 
Assistiamo così a una sostanziale impotenza USA rispetto alle crisi in corso, alla sua incapacità a fornire vere soluzioni ai veri problemi del mondo, ma tutto questo avviene dietro una nuova ondata di aggressitività, dietro la cortina fumogena di minacce di ogni tipo per impedire la completa disgregazione del suo blocco di potere che tuttavia rimane inarrestabile, al più si può solo rallentare questo processo progressivo. 
In uno scenario di questo tipo, risulta davvero incomprensibile l'atteggimento dell'Europa, in aprticolare quello sul nuovo trattato atlantico e sulla crisi ucraina.
Come tanti paesi dell'America latina, anche quelli europei potrebbero smarcarsi dal gigante ormai in avanzato stato di disfacimento, sembrebbe logico non farsi coionvolgere in questa caduta rovinosa. Davvero, nessuno che usi un minimo di logica può considerare positivo per l'Europa il nuovo trattato e certo neanche la nuova crisi nei confronti della Russia, visto che l'applicazione di sanzioni economiche avrebbe come primo e più rilevante effetto di danneggiare proprio l'economia europea, a partire dagli approvvigionamenti energetici. 
Nel frattempo, Putin semina nuove relazioni in giro per il mondo, tentando di creare un polo alternativo agli USA, e ciò dovrebbe costituire un ulteriore buon motivo per l'europa di separare il proprio destino da quello degli USA. 
Per capire quindi perchè l'Europa è l'unica zona del globo che rimane appiccicata agli USA, apparentemente disposta a farsi trascinare sul fondo quando l'ammiraglia USA affonderà (e non trascorrerà troppo tempo...), bisogna spostare lo sguardo dagli interessi statali europei agli interessi dei capitalisti europei. 
E qui incontriamo questa novità storica, la preminenza si potrebbe dire degli interessi di classe rispetto a quelli statali. Non parlo, s'intende di come teoricamente dovrebbe essere, parlo del fatto ormai evidente, causato dalla crescente globalizzazione, del fatto che gli stati-nazione sono ormai considerati dai capitalisti come strumenti funzionali ai loro interessi e la cui gestione quindi non può essere affidata alle elezioni che a loro appaiono come una sorta di sorteggio. 
Non so se è chiaro cosa io considero come un passaggio fondamentale, i capitalisti hanno ovviamente sempre utilizzato ai propri fini la struttura statale. Ciò che è nuovo è che ormai i capitalisti di un certo paese hanno rapporti più stretti con i capitalisti di altri paesi, e quindi ciò implica che esiste già un governo del mondo, e che questo governo è l'esatto contrario di un governo democratico. Poichè insomma i capitalisti erano ostacolati nel loro uso strumentale dei governi dal fatto che tali governi dovevano comunque rispondere al loro elettorato, e poichè non potevano caambiare l'ordinamento democratico formale senza causare chissà che conflitti nei singoli paesi, allora non rimaneva che ridurre al minimo sindacale i poteri statali e trasferirli di fatto a questa internazionale del capitale. 
Quando i vari Cameron, Hollande, Merkel, Renzi e così via decidono di allinearsi agli USA ad esempio sull'Ucraina, non lo fanno perchè credono che questa sia la scelta più vantaggiosa per i loro poli, ma perchè subiscono gli ordini di questa cupola capitalista a cui non sanno sottrarsi. 
Devo aggiungere a onor del vero che io continuo a credere che un forte spirito nazionale esista ancora in Germania, e che quindi la Merkel faccia certe scelte a malincuore, ma si capisce che la Germania non può farsi isolare e deve accettare di condividere certe scelte, ma con uno spirito di riserva che potrebbe in futuro dare conseguenze significative. 

Per queste considerazioni, sono più che mai convinto che la lotta anticapitalista sia di estrema attualità, e credo tuttavia che il pensiero di Marx, tranne in suoi specifici aspetti sia ormai un'arma spuntata e si debba passare a nuove teorie a partire da considerazioni ambientaliste come credo i miei lettori abituali già abbiano letto su questo blog. Solo marginalizzando l'economia, si può davvero superare il capitalismo.

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