giovedì 13 giugno 2013

CHE SIGNIFICA "VIVERE AL DI SOPRA DEI PROPRI MEZZI"?



Oggi, mi soffermerò sul significato dell’espressione molto abusata da qualche anno a questa parte, che dice che nei decenni passati siamo vissuti al di sopra deI nostri mezzi.
Come tutti dovrebbero sapere, il circuito economico si articola nelle tre fasi della produzione, dello scambio e del consumo. Una merce viene prima prodotta, poi nella gran parte dei casi viene venduta scambiandola con denaro e poi chi l’ha acquistata la consuma...

Quando ci si riferisce al tenore di vita, evidentemente si sta parlando del consumo, dire che siamo vissuti sopra i nostri mezzi, corrisponde a dire che abbiamo consumato più di quanto potevamo permetterci. Ora, ciò potrebbe anche essere vero, ma rimane un limite fisico, non abbiamo potuto in nessun modo consumare più di ciò che è stato prodotto, una merce per essere consumata è stata necessariamente prima prodotta, da qui non s’esce, non è che io possa mangiare una mela prima ancora che il melo l’abbia prodotta, su questo dovremmo tutti convenire. Quindi, dallo stretto punto di vista del rapporto tra produzione e consumo, non si vede dove stia il problema, abbiamo consumato al più tutto ciò che abbiamo prodotto, magari il problema è che la dispensa ora è vuota, le mele sono forse terminate prima che il melo ci consegni le nuove mele della nuova stagione (ma ci stanno già ciliege ed albicocche…).
Le cose si complicano alquanto se includiamo in questo ragionamento il momento dello scambio, il problema evidentemente sorge in questo snodo dell’attività economica. La geniale invenzione del denaro ha permesso di uscire dall’era del baratto, permettendo lo scambio come fatto permanente, non richiedendo più che lo scambio avvenisse soltanto quando entrambi i due soggetti coinvolti avessero merce da cedere, mele in cambio di agnelli ad esempio, così che si rischiava che io avessi le mele quando il pastore non aveva agnelli da cedere e viceversa.
E’ per tale ragione che io, seguendo Polanyi, sostengo che il denaro non è merce, è solo un mezzo tecnico teso ad agevolare lo scambio, e quindi l’attività economica. Tra i poteri statali, ci dovrebbe essere anche quello di stampare moneta come uno dei più importanti mezzi per influenzare l’attività economica, stamparne di più o di meno in funzione dell’effetto che voglio ottenere. Stampandolo, stimolo l’attività economica inducendo un aumento dell’inflazione, bruciandolo raffreddo l’attività economica riducendo il tasso d’inflazione.
Nel tentativo di accumulare ricchezze in ogni modo, l'uomo ha finito col trasformare il denaro, da un mezzo tecnico per facilitare gli scambi, in uno strumento di arricchimento senza soste e limiti, ed è per questa ragione che gli da' la qualifica di merce, proprio perchè diventi un mezzo di arricchimento.
Tuttavia, dovrebbe essere ovvio che il denaro, non avendo intrinsecamente un valore d’uso, non potrà mai costituire una merce, sarà sempre e soltanto un credito che io spero che il debitore su mia richiesta onori. Che mai potrei fare di una banconota, se non andare in un negozio per scambiarla con merce? E questo è tanto più vero per un cosiddetto deposito bancario, che richiamerebbe l’immagine di un cassettino dove la banca ripone le mie banconote. Naturalmente questo cassettino non esiste, e quindi la stessa espressione deposito bancario a rigore è errata, si tratta solo di un prestito che io ho fatto a una banca che lo utilizzerà per concedere a sua volta un prestito ad un altro soggetto (e da qui, anche l’idiozia del movimento per l’eliminazione del denaro, come se il denaro in banca continuasse ad essere mio, mentre in realtà io l’ho alienato al momento di versarlo, sperando che la banca in futuro sia in grado di restituirmelo).
Ancora più lontano dal concetto di merce è un titolo di credito, anzi in questo caso lo stesso nome sottolinea che trattasi di un rapporto creditore/debitore, e come tale soggetto a un possibile esito d’insolvenza.
Tutti questi strumenti finanziari sono stati immaginati come mezzi per favorire lo scambio, ma, come dicevo, per l’avidità innata dell’uomo, si vogliono utilizzare come mezzi per accumulare ricchezze. Tuttavia, non v’è modo di far diventare merce ciò che merce non è. Ciò che è successo dalla fine degli anni novanta, è stata la creazione di ricchezza in titoli emessi soprattutto da banche private, ma tutta questa massa di titoli si rivela ciò che veramente è, solo una massa di cartaccia, quando la si confronta con il controvalore in merce che non esiste nel mondo intero. Se insomma improvvisamente tutti coloro che posseggono valori finanziari di qualsiasi genere, pretendessero di scambiarlo con merce reale, dovrebbero fare una fila per almeno nove anni di seguito prima di avere queste merci (in realtà molto di più, non credo che l’umanità intera starebbe a guardare in silenzio la confisca di tutte le merci che servono per la sopravvivenza di tutti noi).
La verità è che, malgrado tutti gli sforzi dei maghi della finanza creativa, si finisce col consumare quasi soltanto le merci che si producono nello stesso anno o poco più.
Ricordo ancora come esempio di questo equivoco sui limiti del trasferimento della ricchezza nel tempo, la questione delle pensioni, passate dal sistema retributivo a quello contributivo. L’argomentazione principale era in realtà una solenne sciocchezza, e consisteva nel dire che ognuno doveva ricevere con la pensione solo i soldi che aveva effettivamente versato. Anche qui, viene richiamata l’immagine del cassettino dove vengono conservati i contributi che ognuno di noi ha versato per la pensione.
Questo cassettino tuttavia non esiste, ed i miei contributi sono serviti a pagare la pensione a quelli venuti prima di me, mentre la mia pensione è affidata a coloro che mi seguono, quindi niente di più fallace della corrispondenza tra versamenti e pensione. Guardate che non si tratta solo di una questione nominale, si tratta di un fatto effettivo. Le preoccupazioni per le pensioni dei nostri figli ad esempio sembrano inappropriate: chissà tra decine di anni come andrà l’economia, può ben darsi che la situazione si rimetta a posto e che ci saranno abbastanza contributi per pagare pensioni adeguate, il riferimento ai versamenti fatti oggi non è corretto, è frutto della logica fallace del cassettino.
Quindi, finiamola con questa espressione sul vivere al di sopra dei propri mezzi, visto che anche se volessimo, non potremmo proprio farlo. Si tratta qui piuttosto di affrontare il ruolo della finanza il che coinvolge appunto la natura stessa del denaro e la credenza errata che si tratti di merce, ma di questo parleremo un’altra volta.

3 commenti:

  1. seguendo Polanyi, sostengo che il denaro non è merce

    Grazie, Vicenzo. perchè è questo equivoco che i marxisti fanno molta fatica a comprendere, finendo per essere i primi ideologi della finanziarizzazione dell'economia senza comprendere che il monetarismo è sovversione bella e buona e nient'altro.
    Il monetarismo è una branca del movimento sovversivo e parla di libero mercato quando le sue dottrine economiche lo sconfessano dappertutto, questo è importante da capire altrimenti si continuerà a credere nel neo-liberismo che a conti fatti non esiste. Quello che è esistito è neo-keynesismo ad uso privato.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie per l'intervento, fa piacere almeno ogni tanto avvertire una certa comunanza di opinioni (a me poi capita abbastanza di rado).

      Elimina