Ci volevano proprio il carattere
e la determinazione dei sardi perché si uscisse da questo strano clima di
unanimità e di falsa concordia nazionale con i fischi recentemente tributati a
Napolitano.
Il Presidente può certamente
affermare di non essere il rappresentante delle banche, ma gli verrà certamente
più complicato spiegare perché faccia e dica le cose che ci si potrebbe
aspettare proprio dall’establishment bancario.
Il problema, Presidente, non è
cosa Lei sia soggettivamente, ma certi aspetti oggettivi che non possiamo
nascondere sotto il tappeto degli interessi nazionali. Presidente, svolgere il
ruolo di salvatore della patria è un mestiere ben duro, bisogna quindi che Lei
porti pazienza, spieghi ad esempio perché un lavoratore dovrebbe giudicare in
maniera differente il rimanere disoccupato se fa parte di un pacchetto di
provvedimenti per ridurre il deficit di bilancio, o il rimanerlo in seguito a
un default del bilancio statale.
Presidente, certamente mi
sbaglierò, ma mi pare che in Grecia sia già andato in onda l’esperimento che
voleva risolvere i problemi di quel paese con misure di grande rigore
finanziario: quelle misure stanno portando quel paese sul ciglio del baratro ed
ormai nessuno lo nega, neanche quei politici che hanno spinto verso questa
situazione. Tutto ciò che si riesce a fare è soltanto ritardare il momento del
default per l’ovvio motivo che il rapporto tra un debito che non può essere
ridotto, ma al massimo si può mantenere costante, ed un PIL in picchiata a
causa proprio delle misure di rigore finanziario, tende ad aumentare e non a
ridursi, come quando si tenti di sciogliere un nodo ed invece lo si stringa
sempre più fino al soffocamento...
Lei e soprattutto il suo senatore
a vita ed oggi premier Mario Monti agitate il caso della Grecia come spauracchio,
ma in realtà proprio questo esempio è la dimostrazione dimostrata che quella
strada non fa uscire dal baratro ma al contrario lì porta diritti diritti.
Dovremmo forse fidarci dei dogmi
liberisti che Monti nomina sempre come un mantra, secondo cui per creare
occupazione è una cosa da principianti assumere persone e farle lavorare, che
invece bisogna creare le condizioni, togliere lacci e laccioli, e le forze del
libero mercato, libere di agire indisturbate, si potranno dispiegare in piena
libertà?
Le forze del mercato, che tendono
a favorire la competizione, lo fanno riducendo i costi, il che significa
aumentando l’automazione degli impianti, o pagando sempre meno i propri
lavoratori. Alla fine, visto che di competizione si tratta, ci sarà un vincitore
ed uno sconfitto. Lo sconfitto sarà costretto a chiudere e licenziare i suoi
lavoratori, ed il vincente avrà sì vinto, ma avrà anch’egli ridotto
l’occupazione e pagato di meno i propri lavoratori, perché questo è il fattore
determinate per vincere la concorrenza. Insomma, un lavoratore ha solo la
scelta tra due differenti meccanismi di impoverimento, e questo sarebbe il
fascino inebriante del mercato?
Si capisce, il premier ha dalla
sua il fascino del potere, i mezzi di comunicazione di massa proni ad acclamarlo,
ma Presidente, apprenda dai fischi subiti in Sardegna, prima o poi la gente si
sveglia e si accorge che gli stanno raccontando cose impossibili, questi
potenti così prigionieri essi stessi dei meccanismi ideologici liberisti.
Mi pare che non è lontano il
tempo in cui l’espressione “salvatore della patria” diventerà quello che merita
di essere, un insulto rivolto a chi più o meno consapevolmente ha finito con lo
sposare gli interessi del sistema bancario globale.
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