mercoledì 22 febbraio 2012

ESSERE TANTO, TROPPO, SCHIFOSAMENTE RICCHI

Dunque, ora lo sappiamo, abbiamo a che fare con un governo composto da super-ricchi. Poco importa se molto verosimilmente anche i passati governi fossero composti prevalentemente da gente con tali redditi da capogiro, rimane il fatto incontestabile che questi guadagnano tantissimi soldi. 
Così, la più riccona tra questi ricconi, la Severino, si è sentita in dovere di spiegarci che non c'è nulla di male a guadagnare tanto, purchè ciò avvenga onestamente.
Eppure, io avrei da obiettare a questa esternazione del ministro.
Io credo in verità che debba esistere una misura nelle cose, che i guadagni debbano confrontarsi con almeno due aspetti. L'uno riguarda la spiegazione del valore orario dell'attività di una determinata persona, mentre l'altro, che poi a me appare il più importante, è lo sbocco, cioè l'utilizzo possibile di tutti questi soldi. 
Partiamo quindi dal primo aspetto per verificare ancora una volta la fragilità del pensiero liberale. Seppure i principi di eguaglianza sembrerebbero dover garantire uguale dignità a tutte le persone, essi non pongono limite alcuno a quanto un singolo individuo possa guadagnare, ed anzi comunemente si considera un requisito di libertà questa illimitatezza del possibile reddito lecito. 
Il punto a cui il liberalismo non può dare alcuna risposta minimamente convincente, è perchè nel corso del tempo il rapporto massimo tra retribuzioni, che negli anni '50 non varcava mai la soglia sacra del valore cento (in realtà rimanendo comunemente ben al di sotto di questa stessa soglia), l'abbia poi abbondantemente sfondata raggiungendo anche valori superiori a mille. Cosa mostra questa evoluzione nel rapporto tra estremi di retribuzione se non che esiste un elemento che non corrisponde ad alcuna razionalità che determina i comportamenti individuali, totalmente trascurata dalle teorie liberali?
Andiamo adesso al secondo aspetto. Farò a questo proposito un giochino. Dividiamo innazitutto il reddito annuo per i giorni dell'anno, e otterremo naturalmente il reddito giornaliero. Pensiamo adesso alle nostre funzioni fisiche primarie, e così potremo dedurre di quanti soldi disponiamo per ciascuna di tali funzioni...
Prendiamo ad esempio proprio un reddito simile a quello della Severino, diciamo diciottomila euro al giorno. Per ciascuno dei tre pasti giornalieri così, ad esempio, questo individuo dispone di seimila euro. Anche considerando il reddito al netto delle tassazioni varie, tremila euro per ciascun pasto non saranno un po' troppi, cosa mai mangeremo per potere spendere una cifra che si avvicini a questi tremila euro? Oppure potremmo calcolare di quanti soldi disponiamo per ogni volta che uriniamo nel corso della giornata. Per sei volte, e sono già tante, questo ipotetico individuo potrà riflettere sul fatto che dispone di 1500 euro netti. 
In verità, queste cifre possono avere un significato solo in due casi che magari si possono sommare l'uno all'altro, o per motivi di confronto, del tipo che certi servizi e beni sono rari e si possono quindi ottenere solo da parte di poche persone che pertanto hanno bisogno di avere tanti soldi proprio per vincere questa competizione con altri ricconi del suo calibro, o allo scopo di accumulare beni patrimoniali. Insomma, dopo essermi permesso ogni genere di confort ed avere pagato le tasse, ed essermi assicurato un reddito per la mia vecchiaia, penso ai miei discendenti, magari sino alla settima generazione. Ciò apre la questione di quanto sia eticamente accettabile e coerente con il principio delle pari opportunità così tanto predicato dal libveralismo, l'istituto dell'eredità, ma su questo aspetto mi fermo subito. 
Forse alla fine i comportamenti delgi uomini non sono così razionali da fare in modo che il mio reddito serva a vivere con quel livello di agiatezza che renda qualitativamente migliore la mia vita, e da essere così liberi da non essere invece influenzati dal comportamento di chi mi sta attorno. 
Alla fine, se pure qualcuno potrà giudicare come bolscevico ciò che dirò, io penso che si dovrebbe fissare un limite al reddito di cui un determinato individuo possa disporre. Capisco che la cosa è complessa ed anche di difficile attuazione, ma almeno accettiamo questo principio, affinchè l'essere eccessivamente ricco (eccessivamente rispetto a ciò che serve per vivere bene) diventi una vergogna invece di apparire come qualcosa di cui andare fieri. Ciò sarebbe di per sè una piccola ma significativa rivoluzione culturale.

13 commenti:

  1. Per natura non sono invidioso, e mi importa poco se uno guadagna tanto. Non credo sia importante il valore massimo di quanto uno guadagni, quanto il valore minimo. La vergogna è nelle pensioni da 500 euro al mese, nei contratti da 700 euro, nella paga media di 1200 euro che basta appena per fare il giro del mese. Sono questi che tolgono dignità alla persona.
    (Poi è tutto relativo: chi decide cosa è eccessivo?)

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  2. Se tutti contribuissero onestamente pagando quanto dovuto non credo che sarebbero necessarie limitazioni al reddito... E comunque legherei piuttosto il reddito all'effettiva utilità alla società di quello che ha generato questo reddito. Mi spiego: se l'opera di una persona crea benessere e vantaggi a tante persone trovo giusto che guadagni tanto. Se il suo reddito deriva solo accordi economici tipo le mega liquidazioni di Profumo o di Geronzi allora c'è qualcosa che non va.

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  3. anche io la penso come rouge: non mi posso lamentare del mio stipendio, ma ho anche una professionalità adeguata e quindi perchè dovrei sentirmi in colpa, mi spiace per chi ha una professionalità pari o superiore alla mia e viene sottopagato, in famiglia ne avevo un esempio: mio marito direttore di una filiale importante e grande guadagnava come me che ero una semplice impiegata, io di certo non ho mai avuto le sue responsabilità.

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  4. Curioso che tutti voi, nessuno escluso, scrive come se non avesse neanche letto il mio post, ma soltanto il titolo. Lo dico perchè apparentemente non entrate nel merito delle mie argomentazioni, proprio come se non le aveste lette. Poichè sono certo del contrario, allora significa che avevate già un'opinione fortemente radicata.
    D'altra parte, con la stessa franchezza, vi confesso che a vostra volta non mi avete convinto.
    Chiarisco che in sè non solo non ho nulla in contrario a che ci siano significative differenze di reddito tra una persona ed un'altra, ma che anzi lo ritengo necessario, che non sono mai stato a favore del reddito uguale.
    Prendete queste parole come una premessa alle risposte vere e proprie.

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  5. @Rouge
    Non capisco perchè tirare in ballo l'invidia, trovo proprio bislacco invocare l'invidia proprio quando affermo che la ricerca di tutti questi soldi sembra un fine in sè e non al servizio del procacciamento di non so quali servizi o oggetti.
    Ancora, ma secondo te ha senso lamentarsi degli stipendi troppo bassi e tacere su quelli troppo alti? Cioè, tutti milionari e tutto va a posto.
    Ed invece, se proviamo un attimo a mettere sul piatto della discussione i motivi di compatibilità ambientale, allora potremmo accorgerci che sarebbe criminale pretendere di avere tutti ricchi, e che se vogliamo togliere quanta più gente possibile dall'indigenza, dobbiamo puntare solo ed esclusivamente su una più equa ripartizione delle risorse, perchè la quantità complessiva di risorse non è una variabile indipendente che possiamo aumentare a nostro piacimento.

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  6. @Giulio
    Sono d'accordo con te, ma non vedo come sarebbe possibile attuarlo, chi misurerebbe l'utilità sociale?
    Inoltre, se tu rispondi (così sei il solo ad entrare nel merito di ciò che scrivo) sul primo aspetto, taci sul secondo, e cioè alla domanda "a che servono tutti questi soldi, chi ne può davvero avere bisogno?

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    1. Beh hai ragione che ho trascurato la seconda parte del tuo discorso. Il fatto è che spesso pure io mi sono domandato a cosa serva accumulare ricchezze spropositate se non per la smania di potere che queste ricchezze generano. Però trovo anche il tuo discorso di difficile attuazione: come stabilire un reddito massimo e come applicarlo se, come di solito accade, magari viene conseguito in parte all'estero? Alla fine penso che sarebbe meglio concentrasi su una corretta ed equa tassazione che è l'unico vero strumento utilizzabile per appianare le eccessive disuguaglianze sociali

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  7. @Zefirina
    Ma se tu mi personalizzi così la cosa, come se stessi parlando di te, è chiaro che non so cosa risponderti.
    Però, devo dire anche a te ciò che ho detto a Rouge, che si capisce che basta chiedere di aumentare il reddito dei più poveri per glissare sulla questione se ci sia uno straccio di ragione che giustifichi redditi così elevati, sia dal punto di vista dell'utilità sociale, che da quello per me decisivo della finalità che si può immaginare tutti questi soldi possano avere.

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  8. Il tuo post l'ho letto, e l'unica cosa che mi è venuto da pensare è quanto ho detto nel precedente commento. Per me la vergogna sta nei redditi bassi, che non significa affatto pretendere che si sia tutti ricchi, piuttosto pretendere che ognuno possa vivere del proprio stipendio con dignità, il che significa per un padre di famiglia riuscire a mantenerla dignitosamente. Se uno guadagna milionate buon per lui, ma è una cosa che a me non interessa minimamente in quanto non giudico le persone dal proprio conto in banca. Ciò comunque non significa che vorrei essere al suo posto, voglio dire, non è una cosa, far soldi, in cima ai miei pensieri: mi basta quello che ho.
    Rispondere ai punti che sollevi, se vuoi lo faccio, ma non è quello che mi ha colpito del post, mi ha colpito il fatto che sei andato a fare i conti in tasca al ministro :).
    Comunque a mio avviso il liberismo è una teoria economica, punto e basta. Non si propone di migliorare l'uomo nel suo essere, a parte il suo aspetto materiale, dunque dire che non è razionale per come lo intendi tu ha poco senso, semmai non è etico, o morale.
    Il secondo punto: chi determina di quanto e cosa un uomo ha bisogno? Ciò che vale per me può non valere per te, e per vivere una persona non è che abbia bisogno poi di granché: una volta soddisfatte le esigenze primarie di nutrirsi e ripararsi, il resto è tutto superfluo a ben vedere.

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  9. @Rouge
    La cosa strana è che tu la pensi abbastanza coime me a livello di scelte personali, ma poi, pur partendo dallo stesso punto, arriviamo a conclusioni divergenti.
    Dal mio punto di vista, tu non ti rendi conto di quanto invece quanto succede alle persone che ci circondano, che fanno parte della nostra società, ci coinvolga. I modi di vita degli altri ci coinvolgono per tanti aspetti, ed io ne avevo richiamato uno, quello secondo me più significativo, ma non certo l'unico, quello che per fare un esempio che dovrebbe essere chiaro dovrebbe impedire ai SUV di girare per le nostre città.
    Complessivamente, noto che l'ideologia liberale ha veramente intriso questa società, tanto da non farci vedere qualcosa che dovrebbe apparire invece evidente, quanto tutti siamo legati e correlati tra noi.

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  10. Sicuramente siamo tutti legati e collegati tra noi. Lo dico perché ne sono convinto, e lo siamo a livello spirituale. Ma siamo entità uniche e distinte, ognuno con la propria identità e la propria coscienza. Così non fosse non saremmo esseri umani, ma formiche o bacherozzi, uniti da una unica coscienza collettiva, che pure c'è. Il fatto di essere unico mi porta, al contrario di molti, ad essere comunista, perché pongo alla base di tutto quanto il pensiero che io non sono diverso da chiunque altro, e ho uguali diritti e uguali doveri. Non faccio atti di fede, mi ritengo comunista ma a ben vedere è perché tutto il mondo tira a destra e bisogna equilibrare (del comunismo non mi piacciono alcune fondamentali cose, come il voler decidere della vita degli altri ad esempio, il che mi porterebbe ad essere anticomunista un minuto dopo un suo possibile avvento). L'ideologia liberale ha come tutte le cose vantaggi e svantaggi, non sto lì a demonizzarla come non demonizzo praticamente nulla.
    Mi rendo perfettamente conto di quanto le scelte degli altri finiscono per influenzare anche la mia vita, ma è una cosa senza rimedio a cui mi posso opporre solo mantenendomi libero nel pensiero e nelle scelte, nei limiti del mio possibile. Di mio cerco di non recare danno agli altri, non coscientemente. Forse facessero tutti così le cose andrebbero meglio. Così non è, pace.
    Non sono ateo, e non credo affatto che tutto si riduca a qualche decina d'anni su questa terra. Ho un mio percorso, e se sono ciò che sono, sono nato dove sono nato quando sono nato è per un ben preciso motivo. Questo è il motivo per cui non mi frega nulla se qualcuno ha più soldi di me: io faccio con quello che ho come gli altri fanno con quello che hanno. L'importante è non recare danno agli altri, anzi se possibile il contrario, ma penso anche che a volte lo si può fare senza volerlo. Dipende, da un sacco di cose. Discorsi lunghi.
    Un saluto.

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    1. In effetti credo proprio sfugga che la ricchezza non solo non viene dal cielo o è data in sorte, ma non è nemmeno legata al merito individuale (altrimenti non si spiegherebbe perché così tanti imbecilli son pieni di soldi) - essa è solo ed esclusivamente frutto di un processo sociale che la genera per alcuni proprio nella misura in cui la toglie ad altri (sia in termini relativi che assoluti).
      Che è poi lo stesso processo che permette l'accumulazione del tutto irrazionale di proprietà (la questione dell'eredità di cui parla V.C.) - ma io andrei ancor più alla radice: in che senso qualcosa è "mio"? E' sulla categoria stessa di "proprietà" che avrei parecchio da dire. E ciò vale, attenzione, sia per quella privata che per quella pubblica (statale o lottizzata o mafiosa che sia). Ma il discorso è davvero lungo...

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