Un partito come il PD, inteso come gruppo dirigente e come semplici
cittadini che vi si riconoscono, riesce come appare ai nostri giorni a
conciliare incomprensibilmente l'avere posto il consenso espresso
attraverso il voto come lo strumento essenziale di legittimazione del
potere politico, e la sua contestazione in base a considerazioni che
vorrebbero entrare nel merito della capacità personale degli elettori a
esprimere un voto consapevole...
Mi chiedo come può un partito che
esibisce il meccanismo delle primarie, esteso a tutti i cittadini
indistintamente che siano disposti a spendere due euro, come mezzo di
selezione della propria classe dirigente, che cioè dichiara la propria
piena fiducia nella capacità individuale di qualsiasi elettore di
esprimere una propria opinione ragionevole perfino nel definire un
organismo da cui non si considererà rappresentato, nel contempo
pretendere di entrare nel merito del valore individuale dei voti.
La filosofia delle primarie, che assume questo meccanismo come elemento di una propria superiorità morale perchè estende il campo della partecipazione popolare alla politica al di là delle elezioni ufficiali, riesce in tutta un'area culturale a convivere allegramente con il disprezzo verso il voto se contrario all'opinione di questa stessa area, vissuto, ed è questo l'aspetto più grave, come un problema da risolvere per potere ripristinare la vera democrazia.
La logica perversa sarebbe quindi quella che magnifica l'espressione del voto popolare, salvo sottoporlo nel contempo al vaglio della propria personale opinione, assunta quindi come la vera istanza sovrana. Votate, votate tanto, ma il giudizio sulla qualità del tuo voto spetta a me.
Un altro aspetto poco frequentato di questa faccenda è che questo presunto degrado nella qualità del voto si sarebbe verificata nella fase in cui il potere è esercitato da un governo espresso proprio da questa stessa area culturale, che dovrebbe spiegare perchè la propria gestione porti a questi risultati giudicati così negativamente, insomma la contraddizione più palese assunta a proprio sistema di giudizio.
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