Non sto parlando delle prossime elezioni comunali, di cui sarebbe ovvio e forse anche opportuno parlare, ma di elezioni politiche, che viceversa non sappiamo quando si terrannno, ma certo dovremmo tutti convenire che non saranno così vicine.
Soprattutto, vorrei fare notare come in ogni caso, il referendum confermativo per la revisione costituzionale precederà le elezioni politiche.
Questo è un punto importante. Anche da un punto di vista strettamente politico, il referendum è una scadenza fondamentale, per il valore che oggettivamente ed anche per scelta esplicita del premier, ha finito per assumere sulle sorti politiche di Renzi.
Come altrove ho scritto, non credo che Renzi abbandonerà il suo ruolo di premier anche nel caso di sua sconfitta, e lo farà puntando sulla complicità con Mattarella che finora ha fattivamente dimostrato di non essere estraneo a quella alleanza che ancora vede in Italia protagonista Napolitano, e che al momento si ha modo di ritenere che non abbia ancora definito un possibile sostituto a Renzi, e che quindi si troverà anche fosse solo provvisoriamente a doverlo difendere, facendo finta di costringerlo a continuare nel suo ruolo di premeir.
Dire ciò non significa tuttavia sostenere che la vittoria del no sarebbe senza conseguenze. Le conseguenze sarebbero enormi come dicevo anche sul piano politico, anche se qui non approfondirò di più questo punto.
La convenienza politica dovrebbe portare perciò a concentrare attenzione e sforzi sul fronte del no, per tentare di assicurarsi la vittoria. Se come mi pare di vedere, va avanti una logica di schieramento, non è che si esauriscano le risorse per occuparsi del referendum, ma sicuramente si creano delle condizioni che tendono a sfavorire il saldarsi di un fronte compatto che combatta quello del sì, perchè tenderà a distinzioni che diverranno presto divisioni. Le elezioni politiche sono per loro natura divisive, e occuparsi di questo, non sembra così saggio nel momento in cui dovrebbero prevalere istanze unitarie.
Infine, visto lo stretto legame che c'è tra quesito referendario e legge elettorale, almeno dal punto di vista degli effetti conseguenti, non sembra saggio oggi immaginare scenari elettorali che dipendono da norme che potrebbero presto essere oggetto di ulteriore revisione (il ripristino del senato con uguale dignità rispetto alla camera porterebbe a maggioranze nelle due camere assolutamente eterogenee, e quindi all'impossibilità di definire univocamente una maggioranza di governo).
In effetti quando dico che ci si comincia ad occupare delle elezioni politiche, lo dico in senso lato. Ciò che io vado leggendo sul web, è una irrefrenabile voglia di schieramento.
Anche sul termine "schieramento" dovremmo meglio capirci. Parlare in politica di schieramento, significa che il posizionamento politico, il tipo di alleanze tra soggetti individuati come formazioni e liste politiche, finisce per mettere in ombra una discussione sui contenuti politici, e quindi parlo di schieramenti come termine in opposizione a contenuti.
Apparentemente, gran parte delle persone con cui comunemente interloquisco su fb, stanno correndo ad accasarsi a qualche lista, ed in questo processo le accuse rivolte l'un l'altro abbondano.
Vedo uno schieramento piddino sempre meno netto sia al proprio intenro sia anche nella determinazione a rimanere tale: Direi da questa finestra di osservazione, che si tratti di un fronte , se non proprio allo sbando, molto prossimo ad esserlo, anche se ancora numericamente molto rilevante.
C'è poi il fronte anti-piddino in grande spolvero, ma in realtà molto diviso al proprio interno con accenti nel confrontarsi sempre meno dialogici e sempre più settari.
Si va costituendo un fronte pentastellato che mi pare molto variegato al proprio interno, nei fatti scontento della gestione di quel movimento, ma ottimista sulla possibilità di influenzarne la direzione nel senso da loro desiderato.
C'è poi un fronte di destra, e qui escludo FI che sempre più converge in direzione del PD, e la cui attuale apparente unità sembra dovuta ad un nuovo attivismo di Berlusconi, ma che a mio parere, dopo una pressocchè certa disfatta elettorale, almeno come lista di partito, nelle prossime comunali, rischia sempre più di scindersi in una parte pronta ad unirsi ad ALA, NCS ed altri cespuglietti del centro, ed in una che potrebbe aderire a "Fratelli d'Italia", formazione sempre più stretta alla lega di Salvini, in un abbraccio nello stesso tempo protettivo ed asfissiante.
Della Lega, c'è poco da dire, nessuna formazione politica raggiunge i livelli di spregiudicatezza e di opportunismo che Salvini ha impresso al suo partito. Apparentemente, tutti gli obiettivi che questi si pone sono confinati al mondo del consenso elettorale, avere tanti voti e tanti rappresentanti, e poi farne l'uso più arbitrario che vuole: votare Lega, è oggi come votare il nulla.
La Meloni, in questa difficile situazione a destra, tenta di veleggiare dando al suo partito un'impronta non tradizionale, e a quanto ne capisco non disdegnando rapporti con una sinistra, tutto ciò che non è PD, ormai quella sì davvero allo sbando, seguendo una teoria politica che ormai ha una sua solidità, e che tende a spostare l'asse della politica dalla dicotomia destra/sinistra, a ad esempio individualismo/comunitarismo (personalmente, io propendo per capitalismo globalista/ambientalismo sovranista, ma, anche su questo non approfondirò in questa sede, insistendo su una pluralità di dicotomie da considerare assieme).
La sinistra non è mai stata così in crisi, una crisi che ha assunto caratteri dissolutivi. La crisi è in quest'area così importante perchè è legata a questioni di fondo, alla insana scelta di prendere dalla tradizione marxista solo alcune parole d'ordine, isolandole dal contesto generale, e di fatto convergere in maniera difficilmente distinguibile dalla becera socialdemocrazia europea, verso un liberalismo che si pretende non liberista, ignorando che non esistono principii liberisti, esistono soltanto principii liberali, e quindi come da un punto di vista fondamentale le sorti del liberalismo e del liberismo non possono essere disgiunte.
Da questa rapida scorsa, è evidente quanto sia desolante il quadro delle forze politiche esistenti.
Come spiegare allora, prima ancora di giustificarla, la voglia di schierarsi, cioè di accomunarsi a compagnie di così infimo profilo?
Io non mi arrendo, continuo a predicare un confronto che sia sui contenuti, e che sia franco fino alla spietatezza, purchè tale spietatezza sia giustificata non da un tifo fondamentalmente innocuo, ma da motivazioni ideali. Ogni reale causa ideale giustifica ogni durezza. Avere imposto un confronto superficiale non ha eliminato la durezza del confronto, l'ha soltanto spostato su un campo di futilità, confermando infine il pensiero dominante.
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