venerdì 29 gennaio 2016

FAMIGLIA, MATRIMONIO, UNIONE CIVILE

Premetto che sono a favore di leggi che possano permettere a chiunque di stabilire rapporti privilegiati riconosciuti dalla legge con chiunque vuole.
Ad esempio, se siamo due amici che riconosciamo di potere convivere, e che vogliamo che si riconosca come questa relazione di amicizia sia particolarmente importante e quindi meritevole di una speciale tutela sociale, credo che tutto ciò dovrebbe essere possibile.
Se poi vogliamo allargare il concetto di famiglia, ed includervi anche questo tipo di relazioni speciali scelte dalle persone coinvolte, anche questo credo che sia possibile.
Tuttavia, non posso non osservare come la discussione sulla nuova legge si svolga in un clima di apparente incapacità di conseguenzialità logica delle persone, che per colmo, nel momento stesso in cui violano ogni regola logica, deridono o inveiscono contro tesi differenti dalle loro, affermando che si tratta di tesi assurde.

Il punto di partenza mi pare sia costituito dalla convinzione ormai diffusasi a macchia d'olio, che il fatto che il matrimonio preveda l'unione tra un maschio ed una femmina costituisca una forma di discriminazione verso gli omosessuali...
Ciò è evidentemente falso, giacchè nessuno chiede ad un individuo quali siano le sue preferenze sessuali quando egli chiede di sposarsi. I sostenitori del matrimonio omosessuale non menzionano il fatto che essi non chiedono di accedere a qualcosa che altri hanno già, ma che stanno chiedendo una nuova istituzione. Se un vegano va a mangiare in un ristorante e chiede di avere cibo vegano, non può lamentarsi di essere discriminato se nel ristorante trova solo cibo contenente ingredienti di tipo animale. Egli può naturalmente chiedere al quel ristorante di includere piatti vegani, ma mai, se è onesto, potrà dire di essere discriminato, sta chiedendo che sia previsto qualcosa anche per quelli che sono come lui. Direi anzi che questa metafora non sia neanche del tutto appropriata, per il fatto che mangiare è un'esigenza primaria degli individui, ma sposarsi non lo è, è solo una scelta che tradizionalmente le società hanno offerto, ma che nella società occidentale contemporanea non è più ritenuta come l'unico accesso all'attività sessuale. 
Il matrimonio è un'istituzione che storicamente ha costituito la presa d'atto della prassi già esistente consistente nella scelta di convivenza di una coppia maschio - femmina, almeno per quanto riguarda la famiglia mononucleare tipica del mondo occidentale. 
Il matrimonio in effetti è stata una scelta istituzionale derivante dalla rilevanza della famiglia nella funzione di riproduzione e di cura della prole. In sostanza, si potrebbe dire che la scelta di convivenza ha come conseguenza di vera rilevanza sociale il fatto che convivendo due individui di sessi opposti generano dei figli. Questo fatto è stranamente ignorato nel dibattito in materia. 
Si parla tanto di famiglia, ma si tace sui motivi per cui la legge dovrebbe occuparsi della famiglia, perchè nella storia sia sorta questa istituzione chiamata matrimonio che ha preteso di regolamentare la formazione delle famiglie. 
Dietro lo sventolamento del diritto di sposarsi, sta, ma questo sembrava chiaro nel '68, l'esatto contrario, l'intrusione dello stato in un fatto altrimenti privato, la scelta del tutto privata di due persone di scegliere di vivere assieme e di condividere quindi scelte di vita tra cui anche quella della eventuale nascita di figli. 

Voglio dire che l'esistenza del matrimonio non è una necessità di chi decide di formare una famiglia, ma al contrario della società di regolamentare prima ancora che la famiglia in quanto tale, la funzione di riproduzione. 
Questa reale funzione di controllo delle vite individuali è stata indorata con la concessione di alcune misure economiche favorevoli a chi si sposa, quali privilegi in sede di successione alla morte di uno dei coniugi, gli assegni familiari, insomma la legge sostiene la natura speciale di quel rapporto. 

Rimane tuttavia il fatto incontestabile che lo stato si occupa della famiglia perchè essa è la sede privilegiata della riproduzione, questo elemento non può essere ignorato in nessuna discussione in materia se si vuole essere intellettualmente onesti. 

La circostanza poi che non tutte le famiglie vedano la presenza di figli o per sterilità dei coniugi o per loro scelta deliberata, non inficia questa affermazione perchè rimane il fatto statistico. Come è ovvio, non conta il caso singolo, ma proprio perchè questo interesse statale deriva dalla rilevanza sociale, conta esclusivamente il fatto statistico.
Seguendo questo filo logico, si capisce che quando ho detto che se il matrimonio viene concepito come esclusivamente eterosessuale, non lo si fa per discriminare qualcuno, ma perchè l'aspetto interessante è almeno tradizionalmente costituito dalla tutela dei minori, non lo facevo per introdurre un artificio retorico, ma perchè al contrario si tratta di un punto sostanziale. 

La questione sostanziale che dicevo è costituita dal fatto di puntualizzare che oggi si sta chiedendo di istituire una nuova forma di relazione esplicitamente riconosciuta dalla legge. Ciò implica che la funzione della nuova normativa vada adeguatamente esplicitata, visto che configura una nuova fattispecie di relazione. 

Togliamo a questo punto di mezzo la questione affettiva. Secondo un'altra vulgata ormai dominante, la base del matrimonio starebbe nell'amore. 
Questa è ovviamente un'idiozia ed il fatto che idiozie così palesi divengano così popolari e condivise è un'altra dimostrazione di quanto una società liberale è la più conformista delle società possibili, ed anche la meno libera se la libertà ha come requisito esseenziale un minimo di senso critico individuale.

Che due persone si sentano attratte tra loro, e che condividendo un minimo di valori comuni fondamentali e avendo un senso di stima anche per quegli aspetti del partner che non condividono, che insomma stiano bene assieme. tutto ciò costituisca la base, la motivazione della scelta della convivenza, è una cosa fin troppo ovvia. 

Per niente ovvio è però che avendo compiuto questa scelta, essa vada ufficializzata dallo stato. In ogni caso, se si volesse sostenere che il fondamento del matrimonio è l'amore, si dovrebbe prevedere una procedura mediante cui lo stato dovrebbe accertare l'esistenza di questo requisito una volta che si sostiene (stupidamente) che esso costituisce il fondamento dell'istituto matrimoniale. 
C'è un ulteriore aspetto in questo richiamo al valore dell'aspetto affettivo. Se tale elemento è quello dirimente, allora anche gli aspetti più intimi della convivenza diventerebbero di rilevanza pubblica. Se non proprio d'ufficio, quantomeno su richiesta di una delle parti, si potrebbe indagare sulla frequenza dei rapporti sessuali, sulla presenza o meno di altri rapporti sessuali. Per preservare insomma la dimensione privata del rapporto interpersonale, come del resto il liberalismo sostiene, è assolutamente necessario negare ogni e qualsiasi valore all'aspetto affettivo, perchè in caso contrario anch'esso sarebbe inevitabilmente coinvolto inaccettabilmente in una dimensione pubblica. 

Chiarito a questo punto che una cosa è il matrimonio vero e proprio e come tale esclusivamente eterosessuale, ed un'altra sono forme di convivenza con l'imprimatur dello stato che non implicherebbero altre conseguenze, e quindi neanche l'esigenza che tale rapporto riguardi partner sessuali (perchè escludere relazioni puramente amicali?), non vedo chi e per quale ragione vi si dovrebbe opporre. 

Alla fine, si tratta soltanto di questo, che due persone vogliono che lo stato attesti il loro stato di convivenza dovuto a qualsiasi tipo di motivazione che non violi il codice penale, e che di conseguenza dia a d esso uno speciale statuto cn alcuno privilegi anche di natura economica. 
Se invece si vuole che le unioni civili abbiano altre prerogative, queste vanno esplicitamente vagliate ad una ad una.

9 commenti:

  1. "Rimane tuttavia il fatto incontestabile che lo stato si occupa della famiglia perchè essa è la sede privilegiata della riproduzione"
    Io invece contesto.
    Non mi pare che il codice civile dica nulla sulla riproduzione, e anche la Costituzione evita l'argomento: "È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio." Lo scopo riproduttivo non è neanche ventilato. Anzi, il fatto che i figli naturali siano parificati a quelli legittimi dimostra la distinzione logica tra matrimonio e riproduzione.
    Il matrimonio (tralasciando ovviamente la visione religiosa che non ci interessa) è un contratto. E i contratti si stipulano per due scopi: regolare i rapporti tra gli interessati e opporli a terzi.
    Se non esistesse il matrimonio, esisterebbero comunque le famiglie e ci si riprodurrebbe allo stesso modo. E anche i rapporti all'interno delle famiglie non sarebbero poi così diversi.
    Quello che fondamentalmente cambia con il matrimonio sono i rapporti verso il resto della società.

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  2. A me pare invece che la pensiamo in modo simile, forse più di quanto potrebbe apparire.
    Ad esempio, potrei tranquillamente sottoscrivere la parte finale del tuo intervento:
    "Se non esistesse il matrimonio, esisterebbero comunque le famiglie e ci si riprodurrebbe allo stesso modo. E anche i rapporti all'interno delle famiglie non sarebbero poi così diversi.
    Quello che fondamentalmente cambia con il matrimonio sono i rapporti verso il resto della società."
    Ciò equivale a dire che il matrimonio non fonda la famiglia, semplicemente interviene su qualcosa che gli preesiste.
    Rimane tuttavia da capire perchè il matrimonio sia stato istituito.
    Quali sono le caratteristiche peculiari della famiglia? Due, l'attività sessuale e la riproduzione e cura della prole.
    Personalmente, sono più propenso a considerare che per la società la cosa più importante sia quanto riguarda la prole perchè ad essa è affidata la propria stessa sopravvivenza alla morte degli individui. Perchè la società continui ad esistere, altri individui devono sotituirsi ai genitori, e quindi i piccoli non sono mai strettamente privati, sono al contrario un patrimonio sociale.
    Francamente, non credo che il fatto che leggi e costituzione non esplicitino questo punto, abbia tanta importanza.
    Il matrimonio è un'istituzione di lunghissima data, ed i padri costituenti non avevano ragione di occuparsi di aspetti già ampiamente sedimentati.
    L'articolo della costituzione chge tu citi però conferma il ruolo di cura della prole, ed anche l'equiparazione dei figli naturali conferma indirettamente che lo standard a cui appunto si vuole che i figli naturali vengano equiparati, è fissato dall'ambito familiare.
    Io comunque non l'affronterei sul piano strettamente giuridico, il mio discorso era di tipo storico-deduttivo, e mi pare che abbia una sua logica.

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    1. Ad essere precisi neanche la famiglia è necessaria per la riproduzione: gran parte del mondo animale ne fa a meno.

      "Rimane tuttavia da capire perchè il matrimonio sia stato istituito."
      Chiarito che tutto sussisterebbe comunque anche in assenza di matrimonio, il motivo principale è evidentemente il riconoscimento sociale della relazione e quindi la gestione dei diritti nei confronti della società.
      Del resto la legge non regola, né può farlo, la vita privata, ma le relazioni sociali. Non parla di procreazione perché è un fatto privato; interviene solo DOPO che questa è avvenuta per garantire ai figli (soggetto debole che va tutelato) il necessario per crescere.
      Quindi non sono d'accordo con te nel sostenere che il matrimonio è esclusivamente eterosessuale; anzi, penso che definire altre tipologie di relazione femiliare possa essere una complicazione inutile. Si stabilisce che per contrarre matrimonio basta essere due adulti liberi e consenzienti. Il perché sono fatti loro.

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  3. Caro Peppe, lo stato è coinvolto da subito nell'evento procreativo.
    Se così non fosse, non ci sarebbe la dichiarazione all'anagrafe "OBBLIGATORIA" della nuova nascita, non ci sarebbe l'obbligo dell'istruzione, non ci sarebbero i vincoli in sede di successione e così via.
    Lo stato non arriva ad obbligare alla procreazione, ma in alcuni paesi, valga per tutti la Cina, sono stati posti dei vincoli ai figli che si possono procreare.
    Tu sostieni che lo stato sarebbe interessato solo al riconoscimento sociale della relazione, ma mi pare che non argomenti neanche di striscio perchè se tu ed io siamo amici la cosa non interessa lo stato, ma se io voglio convivere con una donna e farci dei figli la cosa diventa per lo stato estremamente interessante e per in vogliarmi a regolizzarla lo stato mi concede alcuni privilegi.
    Tu ti ostini a sostenere che sia la relazione il centro dell'interesse di natura istituzionale, ma ciò è contrario ad ogni evidenza: delle relazioni bilaterali tra due adulti, lo stato allegramente se ne impipa, non vedo come si possa sostenere il contrario.
    E' la pecularietà della famiglia come sede della riproduzione e della cura dei piccoli, e come sede dell'attività sessuale che motiva l'interesse statale, non capisco come si possa ignorare questa evidenza tranne che chiudendo entrambi gli occhi.
    Tuttavia, la famiglia ha sempre meno il monopolio dell'attività sessuale (anche se mai tale monopolio ci sia mai veramentre stato), ma soprattutto mi pare che non dovremmo considerare con favore il fatto che lo stato si occupi di faccende che appartengono alla nostra più intima sfera privata (povero sessantotto, che fine ha fatto elle mani di quegli stessi che se ne dichiarano propugnatori e testimoni).
    Infine, la questione di riproduzione e cura della prole è autonomamente e prepotentemente sostenuta proprio dagli omosessuali che pretendono di accedere all'istituto dell'adozione, e per questa via non fanno che confermare la mia tesi, che la famiglia è stata ed è tuttora sede privilegiata dell'interesse istituzionale proprio per questa funzione, e nell'accedere anch'essi a una non meglio specificata famiglia, tendono a confondere le acque, sostenendo che finora essi non ne hanno avuto accesso aa causa di una fascista discriminazione nei loro confronti, mentre astutamente di fatto trentatno di far passare una istituzione del tutto nuova come del tutto assimilabile alla famiglia esistente.

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  4. "Caro Peppe, lo stato è coinvolto da subito nell'evento procreativo.
    Se così non fosse, non ci sarebbe la dichiarazione all'anagrafe "OBBLIGATORIA" della nuova nascita, non ci sarebbe l'obbligo dell'istruzione, non ci sarebbero i vincoli in sede di successione e così via."
    Tutte cose che infatti intervengono DOPO la procreazione.

    "Lo stato non arriva ad obbligare alla procreazione, ma in alcuni paesi, valga per tutti la Cina, sono stati posti dei vincoli ai figli che si possono procreare."
    E ti sembra un fatto positivo? A me no, e ormai neanche ai cinesi che si sono resi conto, con decenni di ritardo, quali scompensi porta una simile politica.

    "se io voglio convivere con una donna e farci dei figli la cosa diventa per lo stato estremamente interessante"
    Certo, perché a quel punto subentra un terzo (il figlio) che in quanto soggetto debole va tutelato.

    "delle relazioni bilaterali tra due adulti, lo stato allegramente se ne impipa"
    Ma proprio no. Dimmi quale legge tratti qualcosa di diverso da una relazione tra soggetti diversi.

    "mi pare che non dovremmo considerare con favore il fatto che lo stato si occupi di faccende che appartengono alla nostra più intima sfera privata"
    Sono d'accordissimo. E per fortuna questo in Italia non avviene (se non in qualche caso sporadico); in altri paesi non è così.
    La legge regola le relazioni tra persone, non il come e il perché queste relazioni nascano.

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  5. Be', Peppe, però mi chiedo perchè in un ambito dialogico, tu faccia finta di non capire cosa io intendo quando scrivo:
    "delle relazioni bilaterali tra due adulti, lo stato allegramente se ne impipa"
    Come già scrissi, e quindi tu non eri nella posizione di poter equivocare in proposito, se la relazione è di tipo amicale, lo stato non è che ci offra il caffè, o ci dia una pacca sulle spalle.
    Tale relazione amicale ricade ovviamente nella legislazione generale che regola le relazioni interpersonali, ma non gode di una sua specificità, mentre le relazioni familiari sì.

    Tu dici poi che tutto ciò che riguarda il neonato, avviene post-procreazione. Non è vero perchè già da embrione egli gode di una tutela statale, quindi semmai non c'è prima del concepimento, ma vorrei vedere come si potrebbe fare il contrario. Ad ogni modo, ma che rilevanza ha questa discussione sulla cronologia? Mi pare irrilevante se è prima o dopo o quanto prima o quanto dopo: il fatto è che i genitori godono di una serie di facilitazioni e servizi statali per il fatto stesso di procreare.
    Che poi ciò sembri ovvio a te come a me, non cambia il fatto che ciò avvenga.

    Io vorrei riportare la discussione lì dove è iniziata, cioè dalla domanda che mi faccio sul perchè il matrimonio sia stato istituito, trasformando la famiglia da un fatto esclusivamente privato, da quindi un rapporto informale come rimane tuttora un rapporto amicale, ad un fatto riconosciuto istituzionalmente.

    La mia opinione è che in tutto ciò, l'interesse è dello stato e non dei cittadini coinvolti.
    Nel '68, predicavano il libero amore senza legami istituzionali, convinti che lo stato non dovesse entrare in fatti che consideravamo a torto o ragione privati, cioè nostri.
    Oggi, mi stupisce vedere che miei concittadini la cui convivenza e relazione non comporta la nascita di piccoli lottino così tenacemente perchè lo stato si occupi dei loro fatti personali, e che preveda un'istituzione tutta per loro, quindi costruisca una legislazione ad hoc.
    Ovviamente non ho nulla in contrario, ma chiedo solo che le cose vengano chiamate col loro nome.

    Trovo grave che persone del tutto ragionevoli come te, non riescano poi a sottrarsi al pensiero dominante in proposito, fino a sostenere che la legge deve regolare le relazioni tra le persone, e quindi facendo dedurre che le relazioni vadano classificate a cura dello stato. Come ciò sia poi coerente con quello che scrivi prima che sei d'accordo che lo stato non entri nei nostri fatti privati, rimane per me misterioso. Decidendo di disciplinare differentemente le relazioni in base al fatto che con quella persona ti incontri saltuariamente, se ti vedi regolarmente, se ci convivi, se ci convivi e ci fai anche sesso, e così via, mi pare che lo stato divenga molto intrusivo, o no?

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    1. Grazie per avermi dato del "ragionevole".
      Io non ho detto che lo stato DEVE classificare le relazioni umane. Ho detto che lo stato si occupa di questo nel momento in cui diventa pubblico; e diventa pubblico quando gli interessati lo decidono o quando entra in ballo un terzo da tutelare. Altrimenti rimane un fatto privato.

      Poi sono dell'idea (e in questo mi pare che ci troviamo d'accordo) che lo stato debba offrire a chi lo richiede la possibilità di formalizzare la propria relazione, a prescindere dai motivi. Permettimi un esempio banale: due amici decidono di vivere insieme; un riconoscimento formale gli permetterebbe di subentrare nel contratto di affitto e di darsi assistenza in ospedale.

      Se poi vogliamo far ricadere tutto nell'istituto del matrimonio esistente (ipotesi che tu, mi pare, escludi) o creare forme diverse, più specifiche, è un aspetto "tecnico" di cui discutere per trovare la soluzione migliore.

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  6. L'esempio dei due amici l'avevo tirato fuori già io nel post, ma ti faccio notare che a livello di opinione pubblica la tesi è totalmente diversa, tant'è che tutti si affrettano a parlare di amore come fondamento ultimo del diritto a stare assieme e ad avere riconoscimento pubblico.

    Un'ultima osservazione. Il coinvolgimento della collettività non può dipendere in via esclusiva dai diretti interessati. Essi possono esprimere un desiderio ed una rivendicazione, ma questo punto di vista esclusivamente individuale tipico del liberalismo non posso condividerlo.

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    1. Non era mia intenzione appropriarmi di quello che hai scritto, ma hai ragione: si sentono cose fuori da qualsiasi logica, da entrambe le parti.

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