martedì 14 novembre 2017

CENTRODESTRA, CHI ERA COSTUI?

C'è una parola che diventa giorno dopo giorno sempre più diffusa nella politica italiana ed è "centrodestra". 
Il successo di Musumeci nelle recenti elezioni siciliane ha prepotentemente rilanciato questo termine ed una coalizione che fino a pochi mesi sembrava decotta, come se insomma ormai il duello per conquistare la maggioranza nel nuovo parlamento che uscirà nel 2018 fosse ormai confinato agli altri due gruppi politici italiani numericamente consistenti.


Io tuttavia mi chiedo se sia lecito usare questo termine, se esso abbia un senso e se la risposta è affermativa, quale ne sia il senso... 
Lo dico soprattutto dopo le recenti dichiarazioni a mio parere inequivocabili di Berlusconi, che sembrano confermare una politica del tutto omogenea a quella portata avanti dall'attuale governo Gentiloni. 

Dire che Draghi dev'essere intoccabile, ad esempio, ha un significato inequivocabile, significa dire che esistono istituzioni sovranazionali davanti alle quali il potere politico della nazione italiana deve fermarsi, e quindi affermando implicitamente una severa limitazione nella sovranità della nostra patria. 

Paradossalmente un certo ribellismo senza conclusione alcuna di Renzi sembra ben più contestatario rispetto al Berlusconi-pensiero, fino a suggerire che i problemi che Renzi sta incontrando non derivino tanto dal suo conformarsi alla tendenza da sempre maggioritaria in italia della cessione di fette consistenti della nostra sovranità a interessi esteri, ma al contrario da un suo difetto in questo conformarsi, come se si trattasse di un personaggio che, magari anche soltanto in termini mediatici o perfino caratteriali, non fosse abbastanza obbediente a tali interessi contrari a quelli nazionali. 

Si potrebbe giungere perfino alla conclusione che Berlusconi rappresenti il nuovo (sic!) cavallo su cui il potere globalista punta oggi per continuare una ormai lunga tradizione di tradimento della nostra patria da parte della nostra classe dirigente. 

Salvini può continuare con le proprie sparate, ma alla fine deve sottostare alle tendenze che sorgono nella sua area politica, come ad esempio si è osservato a proposito dei recenti sondaggi in Lombardia e Veneto, in cui si è trovato a inseguire le iniziative dei suoi compagni di partito. 
La Meloni può continuare a spiegarci che ella sceglie l'alleanza di centrodestra perchè vuole vincere, ma forse rischia di vincere sì una coppa, ma come dicevamo quando ero giovane, la coppia in palio è una coppa del nonno, un popolare gelato confezionato al caffè, usato come caricatura di una vera coppa. 
Il punto è che l'obiettivo della politica non può ridursi ad andare al governo, perchè la conquista del governo è solo una tappa, lo strumento attraverso cui praticare una certa specifica politica nel paese che si va a governare. 

Esiste, mi chiedo, un programma credibile di governo del centrodestra, viste che le posizioni di partenza appaiono così distanti? 
E se anche il fine di questi politici è quello di andare al governo come ambizione strettamente personale, sono certi di poterselo permettere? 

Già possono sentire il fiato sul collo di formazioni come CasaPound, perchè una rivendicazione abbandonata è un regalo fatto ad altre formazioni politiche. 

Se davvero c'è una caratteristica peculiare dei nostri tempi, mi pare di natura antropologica, quella di rinviare i problemi, di avere uno sguardo di breve orizzonte senza porsi interrogativi che vadano al di là del termine temporale di qualche anno. 

La politica diventa così non una disciplina progettuale, ma la semplice capacità gestionale del presente, ed in economia lo scoppio della bolla finanziaria del 2008 non ha dato luogo a una distruzione della causa, la massa imponente di titoli tossici emessi dalle banche di fronte ad un potere politico compiacente, ma la semplice difesa di questo cancro attraverso imponenti immissioni di liquidità da parte delle banche centrali, in sostanza il semplice rinvio in attesa passiva dello scoppio della prossima bolla. 
Oggi, ciò che occorrerebbe è una classe dirigente nuova, in grado di chiarire i termini dei contrasti politici che attraversano la nostra epoca e che i nostri avversari affrontano vittoriosamente innanzitutto proprio creando confusione a livello mediatico. 

Essere intellettualmente onesti oggi è la sostanza di un comportamento rivoluzionario. 

Mi chiedo se sia ancora oggi possibile trovare un numero sufficientemente alto, da fare massa critica, di sovranisti che si danno questo compito appunto rivoluzionario, anche soltanto nel dire la verità (la verità è rivoluzionaria), ma invece vedo che le crescenti prospettive maggioritarie della Lega sembra avere attratto i più, convinti che non sia la verità la prima emergenza, ma presunte abilità politiche tattiche, come se insomma una vera e propria rivoluzione come quella sovranista possa andare in porto basandosi su piccoli o piccolissimi stratagemmi. 

Vorrei che tutti, almeno tutti i sovranisti mi leggessero e si chiedessero davvero se non stanno sbagliando qualcosa, non qualcosa a caso, ma qualcosa di fondamentale che influenzerà la loro personale vita e il destino stesso della nostra amata patria.

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