lunedì 27 giugno 2016

BREXIT ED ELEZIONI SPAGNOLE, QUALE INSEGNAMENTO TRARNE

Come volevasi dimostrare, la speranza di tanti europei che il recente successo del BREXIT potesse trasformarsi automaticamente in un processo di disgregazione dell'edificio dell'unione europea, si è rivelato una pia illusione. 
In Spagna, si riconferma una composizione del parlamento altrettanto problematica per costruire una maggioranza rispetto ai risultati precedenti, con in più tuttavia il successo politico dei conservatori ed una batosta alquanto forte per i due suoi principali avversari...

Se fossimo come i giornalisti mainstream che hanno dato le pagelle ai britannici sulla base del fatto che avessero votato come voleva il loro padrone o in maniera opposta, oggi ci toccherebbe dire che sulla Spagna si allunga ancora l'ombra sinistra del franchismo, di quanto siano male informati coloro che hanno votato per il partito conservatore, come essi non abbiano ancora realizzato che la UE è semplicemente una camicia di forza per le nazioni europee, e magari c'avremmo anche azzeccato. 

Ma arrivare a dire che bisognerebbe chiedere una certa idoneità certificata al voto non ci arriviamo, perchè al contrario di questi falsi democratici, crediamo ancora nel valore equivalente di ciascun singolo voto, senza che sia lecito per nessuno fare discriminazioni. Chi in questi giorni ha fatto di simili discorsi, va messo all'angolo, si tratta di persone obiettivamente pericolose, a cui non dovrebbe quanto meno essere consentito di accedere a mezzi mediatici di una certa diffusione. 

In ogni caso, è evidente che i britannici non sono mai stati europei, e questo riguarda in realtà la loro intera storia. L'elemento di orgoglio nazional-insulare ha sempre prevalso, e il loro exit ne rappresenta soltanto l'ennesima certificazione. 
Tuttavia, si tratta di un evento importante, non tanto come i media si sono affrettati a dire, per gli effetti sullo stesso Regno Unito, quanto al contrario su una UE ormai da tempo ridotta in una posizione difensiva, con una crisi di tenuta interna, mascherata da atteggiamento aggressivo. In verità, le vergognose imposizioni fatte alla grecia dopo il loro referendum, sembrano rappresentare il canto del cigno di questa istituzione, e ciò si è visto bene anche dopo questo referendum britannico, quando i varii capi di stato hanno ondeggiato tra un atteggiamento intransingente fino a divenire sprezzante, e uno opposto, di tipo conciliante. 

La UE è uscita quindi severamente indebolita anche dal BREXIT. ma la sua forza rimane l'atteggimento sostanzialmente pauroso che tanti europei mantengono. 

La tatttica di alcuni partiti è di sostanziale assecondamento di questa paura. Podemos, ad esempio, uno dei grandi sconfitti di questa tornata elettorale, è stato sempre molto moderato rispetto alla UE. Seppure non abbia lesinato critiche alla concreta gestione europea, si è sempre mantenuto in una posizione di critica interna, manifestando la volontà non di distruggere, ma di modificare la UE. 

Forse, dopo che i partiti più di sinistra in italia che stanno in questa posizione, sono sostanzialmente spariti dal panorama politico, dopo che il maggiore tentativo di modifica dell'unione europea, quella condotta dal governo greco di Tsipras, è finito in una resa senza condizioni, dopo che l'unico tentativo finora di successo sia stato proprio quello britannico che prevedeva semplicemente l'abbandono, non dovrebbe essere necessario essere dei geni per capire che questa posizione qui non funziona. 

Non è che all'insuccesso di Podemos abbia contribuito questa posizione burbetta, che critica ma non si assume la responsabilità di deciedere, lasciando a non si sa chi, ad una specie di evoluzione spontanea degli eventi la soluzione? 

Questa questione assume rilevanza anche nel panorama politico italiano, dove i vincitori delle elezioni amministrative, candidati ad assumere il governo del nostro paese, i pentastellati insomma, si sono affrettati anche loro a dichiarazioni di tal fatta, sostenendo anche loro questa ormai stantia posizione delle critiche dall'interno, quella che per ragioni istituzionali, strutturali della UE, non potrà mai funzionare. 

Sembra appunto una posizione furbetta, lasci le persone tranquille, ne assecondi le paure, ma ti tiri fuori dalle critiche, anzi ti metti alla testa della protesta anti-UE.

Proprio ieri su fb, ne parlavo con pentastellati, ed era chiaro che anch'essi sanno che la UE non si può cambiare, si può solo rovesciare. Tuttavia, essi dicono che, a fini elettorali,  bisogna tranquillizzare le persone. 
Ecco, su questo punto, io sono in radicale disaccordo. 
Lo sono per due serie di ragioni. 

La prima è appunto che dire che tu vuoi cambiare dall'interno la UE ti rende inaffidabile, perchè una cosa del genere non è mai avvenuta nella storia di questa istituzione. Qualunque governo nazionale volesse negoziare con gli altri stati deve sempre contemplare l'ipotesi dell'exit, sennò la negoziazione risulterà fasulla. Nello stesso tempo, la natura della UE si palesa giorno dopo giorno, e se qualcuno vuole che essa esista ancora, non sarà disposto a metterne in forse l'esistenza solo per renderla migliore, e quindi non si può avere contemporaneamente la botte piena della minaccia di capovolgere il tavolino, e la moglie ubriaca del consenso di chi invece la UE la vuole ancora.  

Il risultato rischia di essere ciò che capita a chi vuole fare il furbo, trovare qualcuno che è più furbo di lui, e fare così la figura del cretino.
 
La seconda ragione sta nella fretta che dovremmo avere di fermare il disastro che sta avvenendo nel mondo con questa globalizzazione, che costa l'immolare tantissime vittime innocenti nel mondo e la progressiva e sempre più rapida distruzione di risorse naturali.

Bisogna fermarli subito, e ciò richiede un cambiamento rapido e radicale, e quindi dobbiamo dare la sveglia alla gente, non farci passare il foglio firmato mentre stanno nel dormiveglia e non leggano così quanto hanno firmato.

La vera vittoria in politica è cambiare la mentalità della gente come tu pensi sia necessario, e tutto il resto è solo una vittoria illusoria, un successo di tipo personale, ma nulla che cambi la direzione della storia. 

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