lunedì 18 aprile 2016

LA MENZOGNA MEDIATICA DELLA VITTORIA DI RENZI AL REFERENDUM

Dobbiamo ammettere che la gestione del referendum di ieri da parte di Renzi è stata perfetta. Sempre più mi convinco, ma forse altri hanno informazioni ben più concrete delle mie, che dietro Renzi ci sia la longa manus di abili strateghi, probabilmente di scuola USA, perchè la tempistica e il merito delle mosse tattiche mostra un'abilità davvero ammirevole. 
Riassumendo brevemente la vicenda, ricordo che essa è partita per iniziativa di nove regioni, che hanno chiesto l'indizione di ben sei referendum su questioni attinenti le trivellazioni marine...

Di fronte a questa iniziativa, il governo, che ormai assume in sè attraverso un chiaro stravolgimento della nostra costituzione anche il potere legislativo, sottratto al parlamento, che rimane una specie di tribuna del popolo, di luogo di pubblicità e ratifica di decisioni altrove assunte, ha deciso di piegarsi alle regioni, accogliendo attraverso alcuni nuovi provvedimenti legislativi quanto richiesto da cinque dei sei referendum. 
La Consulta a questo punto, non ha potuto far altro che prendere atto del fatto che soltanto uno dei sei quesiti poteva ancora essere sottoposto a referendum, visto che gli altri cinque risultavano già superati dall'iniziativa legislativa governativa. 

Se al momento non mi risultò chiaro, adesso sembra evidente che la scelta di non soddisfare tutti i sei quesiti proposti non fu dovuto ad un errore, ma fu una scelta consapevole. 

In sostanza, il governo, approfittando del proprio ruolo, ha definito cosa e quando sottoporre a referendum, e potendo così scegliere di minimizzare il merito dell'oggetto del referendum, e di farlo separatamente da altre convocazioni del corpo elettorale, evitando quindi accuratamente la sovrapposizione con scadenze elettorali che pure si dovranno tenere tra appena un mese e mezzo. 

Il fine evidente che essi si proponevano era di celebrare un referendum che non poteva che fallire nell'ottenere il quorum richiesto. 

Oggi possiamo dire "missione compiuta", Renzi ha ottenuto ciò che voleva, una vittoria mediatica rilevante, che non è meno effettiva per il fatto che fosse scontata per ragioni obiettive. Certo, in linea teorica, il referendum si sarebbe potuto anche vincere, e credo che qualche brivido di paura avrà percorso il fronte renziano, ma le condizioni oggettive in cui si è tenuto rendevano questa vittoria una possibilità del tutto remota. 
La vittoria dicevo è essenzialmente di natura mediatica, ed essa affianca la vittoria reale, quella per intenderci che permetterà alle compagnie di rinviare sine die la dismissione delle piattaforme sostanzialmente già esaurite, e di ridurre la produzione al di sotto della soglia di 50 mila barili l'anno, permettendo loro di evitare di pagare anche quel misero 7% che devono versare allo stato italiano. 
Ma la vittoria mediatica è anche quella che conta di più, ben più dei favori fatti alle compagnie petrolifere. 

Per completare la perfetta gestione tattica della vicenda, abbiamo potuto ieri sera ascoltare Renzi con la solita abilità mediatica che gli dobbiamo riconoscere, ed attraverso due menzogne grandi come una casa che però pochi ascoltatori coglieranno (l'abilità sta anche in questo, nel sapere mentire), utilizzare il risultato referendario non soltanto per farne il proprio personale trionfo, ma anche per attaccare con violenza personalmente Emiliano, il governatore della Puglia, che si è trovato di fatto a ricoprire il ruolo di capofila dei proponenti il referendum. 

La prima delle menzogne di Renzi è quella sui posti di lavoro: non solo i lavoratori implicati nelle piattaforme oggetto del referendum (soltanto quelle entro le dodici miglia) sono circa cento e non undicimila come egoi dice, ma in ogni caso i primi posti di lavoro si sarebbero persi nel 2018, quando le prime piattaforme avrebbero dovuto essere dismesse in caso di vittoria del sì. 
La seconda menzogna è che per legge fosse proibito far coincidere referendum e prossime elezioni amministrative.
L'accusa che egli fa ad Emiliano è di avere lanciato un'iniziativa che è del tutto fallita, ma che ha obbligato lo stato a sprecare centinaia di milioni di spese per l'organizzazione della consultazione referendaria. 
Seppure tale accusa non si configuri formalmente come una terza menzogna, gli somiglia tuttavia molto, perchè ignora platealmente che il successo dell'inziativa sta nell'avere costretto il governo ad accettare ben cinque dei quesiti proposti. 
Sarebbe quindi oggi, oltre che ingeneroso, sbagliato accusare il fronte dei governatori che ha lanciato il referendum di avere fallito, in verità essi hanno stravinto, perchè il fallimento rigurda una frazione piccola di quanto richiesto, raggiunto invece in misura quasi totale. 

La conclusione sembra paradossale, l'iniziativa ha avuto nei fatti largo successo, ma risulta invece miseramente fallita. In parte, ciò è il risultato inevitabile dell'importanza del piano mediatico, che oltre a portare alla paradossale situazione che per avere successo, devi scegliere i tuoi obiettivi più per la loro eco mediatica che per la sostanza del loro contenuto di merito, determina anche un vantaggio enorme da parte di chi il potere già lo detiene, come il governo (o come ogni grosso capitalista). 

Se proprio vogliamo attribuire una responsabilità al fronte referendario, secondo me sta in un errore compiuto mesi fa e non adesso, quando tale fronte non è stato in grado, in parte certo per fattori oggettivi, ma in parte anche per un problema di sottovalutazione, di dare il giusto risalto all'avere costretto il governo a piegarsi alla loro iniziativa, scrivendo in fretta e furia le leggi che evitassero cinque dei sei referendum. 

Si poteva addirittura prendere la decisione estrema di abbandonare il sesto quesito, se si fosse valorizzato questo momento, se sul piano mediatico qualcuno avesse lanciato messaggi mediatici del tipo "questo governo non è in grado di prendere le decisioni necessarie, esso va costretto a farlo dalle iniziative dal basso": Renzi ha perso nei fatti e non sl piano mediatico, quando ha dovuto legiferare controvoglia, e ciò non sarebbe dovuto passare sotto silenzio. 

Detto ciò, per me la lezione più importante che ho appreso da tali vicende è di come la rete, intesa nel mio caso da blogsfera e social networks, non sia per nulla rappresentativa del complesso dell'opinione pubblica. 

Seppure io mi ritenga una persona razionale, e come tale, non avrei mai dovuto illudermi di un risultato impossibile come la vittoria del sì al referendum, confesso che nelle ultime settimane, leggendo tanti e tanti interventi in rete, avevo finito per confondermi, scambiando con la realtà effettiva quel gioco di specchi che costituisce lo scambio di messaggi che si osserva in rete tra persone che si sono scelti tra loro come interlocutori e che quindi rinviano sempre la stessa immagine, facendoci credere che si tratti di una pluralità di immagini di provenienza differente l'una dall'altra: è la stessa immagine riflessa tantissime volte, ma comunque sempre la stessa. 

La rete insomma da' conto di una ben misera percentuale del totale del corpo elettorale: sarà bene in futuro non dimenticarlo mai.

Nessun commento:

Posta un commento