giovedì 23 ottobre 2014

DOVE SONO FINITI OGGI I RIVOLUZIONARI?

Su un altro blog, sono intervenuto sulla ipotesi lì ventilata di mettere su una lista di opposizione nel caso sempre più probabile che nel 2015 si vada ad  elezioni anticipate. 
Apparentemente, il dibattito sembrava vertere su chi avesse dovuto far parte di questa coalizione di lista, il che mi pare certamente una questione importante. 
Tuttavia, la cosa che mi ha lasciato molto perplesso è che si desse nel contempo per scontato il programma con cui presentarsi. 
I due partiti si dividevano quindi tra chi si poneva come unico obiettivo l'uscita dall'euro, e chi invece pretendeva una qualifica di sinistra (non mi pare neanche sufficientemente specificata nel merito). 
Come forse avrete letto al link che vi ho proposto, io ho tentato di spostare il dibattito su un altro piano.
In primis, ridimensionavo l'importanza dell'eventuale inclusione di sigle già esistenti, sulla base dei comportamenti elettorali recenti degli italiani, sempre più volatili. 
V'era però un altro elemento che voglio appunto riprendere qui con maggiore approfondimento...

Il punto che lì non ha trovato spazio alcuno, riguarda ciò che per tutti avrebbe dovuto costituire l'aspetto di gran lunga più importante, e cioè l'elaborazione di un manifesto elettorale in grado contemporaneamente di intercettare il consenso dei cittadini, ma nel contempo di offrire un'alternativa reale che rifugga dalla spettacolarizzazione dominante nel paese. 
Tento quindi qui di entrare nel merito di questa elaborazione di programma, almeno per quanto riguarda alcune condizioni preliminari. 
Parto quindi dal governo, dal nostro onnipresente presidente della repubblica Giorgio Napolitano, e dalla schiera ormai affollatissima di seguaci replicanti le parole dei capi. 
Tutta questa gente sostiene che si devono fare urgentemente le riforme. 
Innazitutto, una persona che non voglia apparire inconcludente, dovrebbe capire che dire riforma significa ancora non dire nulla. Ciò che qualifica la riforma, è il suo contenuto. Viceversa politci sotto i 40 anni, assieme a politici alle soglie dei novanta, sono tutti impegnati a sollecitare l'adozione delle riforme, ma si gurdano bene dall'entrare nel merito, ed anzi, come dimostra esemplarmente la vicenda delle revisioni costituzionali approvate dal senato in prima lettura, le riforme vengono presentate come un pacchetto che si deve accettare senza potere emendare e alle obiezioni si ritiene di non dovere neanche controargomentare, ma rispondere con la logica dei numeri. 
Le riforme sono quindi definite per antonomasia, e in realtà sappiamo che esse consistono nell'abbattere ogni resistenza ai dettami del neoliberismo che trionfa nel mondo intero, e quindi in definitiva chi dice che bisogna fare le riforme, ci sta dicendo che dobbiamo smettere di organizzare la convivenza sociale come abbiamo fatto finora, almeno a partire dall'emanazione della nostra costituzione. Drastici cambiamenti devono essere compiuti tali in effetti da rivoluzionare la nostra società. 
Il neoliberismo è nel fatti una vera e propria rivoluzione, qualcosa che cambia il nostro modo di percepire la realtà, che pretende che si debba alterare profondamente le stesse priorità delle nostre vite e quindi la graduatoria dei nostri valori. 
Questo è il messaggio centrale che andrebbe diffuso, reso esplicito alla gente comune. Tutti dovrebbero capire che una rivoluzione è già in atto, ed è quella neoliberista. Rivendicare oggi che le cose debbano rimanere invariate, appare come un tentativo inevitabilmente destinato al fallimento. 
Dobbiamo dirlo chiaramente, siamo in una situazione insostenibile, e quindi cambiare è inevitabile. Ogni paura per un futuro ignoto va messa da parte, il futuro è ignoto per definizione e non serve a nessuno ritrarsi impaurito. 
Cosa invece serve? Serve affrontare a viso aperto la situazione data, proprio a partire dalla necessità di cambiamenti che non è esagerato definire rivoluzionari. 
Affrontare però è l'esatto contrario che subire passivamente diktat del capetto di turno che vuole spiegarci come va il mondo e come ci si debba adeguare. 
Il neoliberismo non solo costituisce una rivoluzione, ma è una rivoluzione disastrosa che può cioè portare l'umanità a sbocchi epocali catastrofici. I due sbocchi che si possono individuare sono una terza guerra mondiale con l'uso di ordigni nucleari, e una vera e propria crisi ambientale che renda il nostro paese inospitale per l'umanità. 

Dobbiamo quindi rispondere decisamente e a muso duro a questa pretesa di imporci le riforme di lor signori, ormai sempre più disperati, sempre più potenti e sempre più incapaci di proporre soluzioni che salvaguardino la nostra stessa specie. 

E' per queste ragioni che io sostengo ostinatamente l'attualità della rivoluzione, e che non considero più possibile contribuire ad un progetto politico che non parta dalla constatazione della profondità dei cambiamenti dei nostri giorni, e che si limiti ad avanzare proposte politiche minimaliste. Se l'avversario neoliberista ci chiede rigore, io lotto per diminuire l'entità del rigore, se ci toglie la sovranità monetaria tramite l'euro, io chiedo il ripristino di tale sovranità monetaria, senza rendermi conto che essa è del tutto insufficiente se non include uno stretto controllo del movimento di capitali e di merci. 

Questo è il primo dei problemi di quella che una volta si chiamava sinistra, l'incapacità di opporre alle iniziative dell'avversario, qualcosa di più di una pedissequa opposizione puntuale che non serve a nulla se non è inquadrata in una visione complessiva della realtà e ed è priva della definizione degli obiettivi finali. 

Quando agito la parola rivoluzione nel web, vedo in sostanza un silenzio imbarazzato, una fuga dalla discussione di queste tematiche, per andare alla concretezza pretesa di piccole isole di resistenza che in realtà tutto sono tranne che concrete. 
Oggi, è velleitario proprio pensare di potere incidere politicamente sulla realtà al di fuori di una visione rivoluzionaria. 

Consapevole quindi dell'esigenza di una adeguata rappresentanza mi associo pienamente all'ipotesi di costituire una lista elettorale, ma sostengo con forza la necessità di porsi davanti all'elettorato con una prospettiva del tipo che ho qui descritto, rifuggendo dalla tentazione di abbassare il livello della proposte politica, pensando così di ottenere più voti. Questa strada è già stata tentata senza successo, oggi è necessario ed anche onesto porre ai cittadini per intero il peso enorme delle scelte presenti.

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