domenica 25 gennaio 2009

IL TEMA DECISIVO DELLA LIBERTA'

Bene, a questo punto dovrei iniziare la fase delle argomentazioni dei vari punti che costituiscono l'ideologia verde che io propongo. Come dicevo nel post precedente, questa impresa l'ho affrontata nel libro che ho scritto, e non posso fare altro che raccomandarne la lettura a chi fosse interessato (notizie per l'ordinazione sul mio profilo). Alla base, ci sta un'ipotesi antropologica, cioè io parto da un mio modo di vedere la natura dell'uomo. Io credo che il terreno decisivo per sconfiggere quella che io riconosco come l'ideologia dominante nel mondo occidentale, stia proprio nel disvelare prima, e nel superare poi una visione dell'uomo che ci portiamo dietro dall'Illuminismo in poi.
Poichè non posso qui riscrivere il libro citato, mi limiterò qui ad affrontare quello che mi pare il punto decisivo, quello della libertà. Naturalmente, già questo solo argomento è enorme (chissà se avrò la perseveranza di scrivere un libro dedicato a questo spedifico punto !). Che la questione fondamentale sia la libertà, lo testimonia tra l'altro il fatto che le più quotate teorie in filosofia politica, pongono proprio la libertà come il bene fondamentale da salvaguardare, anche a costo di altri beni da proteggere.
Se prendiamo ad esempio Rowls, egli afferma che le politiche da attuare devono essere finalizzate a raggiungere un sistema che abbia il massimo contenuto di giustizia. Tuttavia, egli afferma che non si può perseguire la giustizia a scapito della libertà. Insomma, Rowls vuole uno stato che, garantendo come bene supremo la libertà, consegua il massimo possibile grado di giustizia.
Il punto di contestazione sta tutto in cosa si intenda per libertà. Si tratta, se ci riflettiamo, di un termine estremamanete vago. In realtà, la parola libertà si usa quasi sempre accompagnato da una specificazione: solo allora, assume un significato davvero specifico.
Parliamo adesso di libertà di scelta. Ora, è chiaro a tutti, persino a me, che nessuno di noi voglia essere coartato a comportarsi in un certo modo, magari addirittura con la violenza.
Io però penso che dobbiamo andare oltre, che sarebbe errato far coincidere la libertà di scelta come la negazione della coercizione. Io penso cioè che la libertà di scelta, o viene effettivamente esercitata, oppure quella stessa libertà di scelta viene negata.
Se noi constatiamo, anzi concordiamo che nella massima parte dei casi una libertà di scelta che è stata formalmente concessa non è stata esercitata, possiamo ancora affermare che siamo in uno stato che ci rende liberi? Il dubbio successivo è: vogliamo effettivamente essere liberi? Non siamo cioè liberi perchè non abbiamo eliminato tutte le condizioni che ostano alla nostra libertà, e/o della libertà tanta conclamata non sappiamo che farcene?
Io credo che esistano entrambe queste condizioni. Se guardiamo alla libertà di informazione, non basta garantire che tutti posssano divulgare le loro opinioni, se poi io ho a disposizione un blog letto da tre persone, e il proprietario di mediaset ha a disposizione tre TV che coprono quasi il 50% dello sterminato pubblico televisivo. Se i mezzi economici differenti danno accesso a possibilità comunicative così profondamente diverse tra loro, siamo certi che una formalmente consacrata libertà di stampa si traduca in effetti in una generalizzata libertà di informazione?
Dall'altro punto di vista, se si guarda al settore della moda, si vede come per quanto attiene l'abbigliamento, i comportamenti siano omologati. Da quando un tizio ha lanciato i jeans a vita bassa alcuni anni fa, nel giro di pochissimi mesi avevamo frotte di ragazze vestite con tali "orribili" (opinione strettamente personale) pantaloni. Quello che colpisce è la rapidità nell'accettazione e nel rifiuto di determinati tipi di abbigliamento, cioè di comportamenti sociali classificabili come strettamente personali. Naturalmente, il settore della moda è soltanto la classica punta emergente di un iceberg che coivolge un po' tutti i nostri comportamenti sociali. A questo punto nel libro, introduco la tematica dell'autorità, del principio di autorità che, lungi dal come vorrebbe farci credere l'ideologia dominante, come qualcosa che si interpone tra me e e la mia libertà, costituisce a mioo parere un'esigenza ineliminabile della persona umana.
Mi fermo qui. vorrei solo farvi riflettere su quanto sia davvero straordinariamente difficile suntare le mie teorie, a partire da un testo che difatti è anch'esso sintetico, e quindi mi scuso per la insufficiente chiarezza delle mie argomentazioni. Non proverò ad affrontare altri punti dell'ideologia verde che perseguo. Dal prossimo post, inizierò a occuparmi di questioni politiche più specifiche, e magari anche dell'attualità.

3 commenti:

  1. Caro Enzo,
    grazie per avermi risposto e per i complimenti che mi fai. Siamo quasi... "coevi" - sono nato nel '46 - e anch'io cerco di prendere la vita come viene, ma non sempre mi riesce.
    Ho provato a cercare l'amico Ludwig e il suo "Trattato" sulla teoria dei giochi linguistici, e come volevasi dimostrare ci ho capito molto poco. Anzi, nulla. Avrei dovuto iniziare da qualcosa di più semplice, ma non conoscendo l'opera di Wittgenstein ho preso quello che mi è capitato a tiro.
    Così stasera mi sono letto le tue riflessioni sulla libertà, e anch'io ho riflettuto giungendo alla conclusione che non siamo mai stati liberi. Oggi, poi, neppure di scegliere. E non solo per quanto riguarda le nostre scelte più importanti. Coi tempi che corrono, usando un paradosso, non puoi scegliere neppure tra le bottiglie di vino in un supermercato, perché sei costretto a comprarti quella che costa di meno. La libertà, secondo me, ce la dobbiamo guadagnare. Ma non ne siamo capaci, in quanto "distratti" da altro e culturalmente pigri. La stessa Costituzione repubblicana - che nessuno, da anni, più fa leggere neanche a scuola, come del resto l'Educazione civica - viene continuamente contraddetta dai fatti, attorno ai quali ci si arrotola in equilibrismi dialettici ed esibizionismi lessicali senza mai giungere ad una conclusione. Conosco persone che non hanno mai letto un libro, però conoscono a menadito tutti i partecipanti de Il grande fratello (di chi?), o gli spasimanti dell'ultima topina (o topona, secondo i gusti) dell'isola dei... famosi (?). Questo, oggi, conta. Chi prova ad essere libero veramente, alla fine si autoemargina. Come è successo a me, che non vesto alla moda; che, anche se vivo a un tiro di sputo dalla Costa Smeralda, in vent'anni ci sono stato al massimo cinque volte; che non mi faccio le "vasche" in centro nell'ora del passeggio; che non frequento salotti all'infuori di quello di casa mia. Autoemarginato: prima nel lavoro, poi nella vita quotidiana. Ma siccome sono quello che si dice uno "spirito libero", me ne vanto e me ne fotto e continuo a fare quello che mi piace. Ponendo, come limiti a queste mie libertà, solo ciò che mi detta la coscienza e il rispetto per il prossimo. Di quest'ultimo ne farei volentieri anche a meno, ma l'educazione ricevuta me lo impedisce.
    "La vita è un sogno", scriveva Calderòn de La Barca, e io spero solo di non fare la fine di Sigismondo.
    Se non altro - nonostante alla fine il popolo lo abbia voluto re -, perché si è dovuto fare qualche annetto di galera...
    Detto ciò dubito, almeno a breve, che riuscirò mai a trovare la verità attraverso la filosofia. Non sono all'altezza, lo so, e me ne dispiace. Ma non posso pretendere, di punto in bianco, di capire il pensiero di Wittgenstein - o di qualunque altro, come lui -, senza avere le giuste basi. A meno che Wittgenstein, o qualcun altro, non mi parlino con un linguaggio a me più vicino. Al massimo, come Calderòn de La Barca.
    Sarà per questo che leggo volentieri Stefano Benni?
    Ciao, vado a spararmi. Se ricordo dove ho nascosto il mio revolver, e sperando di avere i proiettili.
    Ti leggo sul tuo blog, e aspetto le tue... questioni politiche (altra cosa, la politica, che schifo volentieri).
    Un saluto, Francesco

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  2. Caro Francesco,
    Wittgenstein ha cambiato la sua filosofia durante la sua vita. Nel Tractatus, dove traccia la sua prima filosofia, egli è un neo-positivista, cioè esalta le scienze e disprezza la metafisica. Il Wittgenstein che io ammiro è invece il secondo, quello de “Le ricerche filosofiche”, dove perviene alla esaltazione del linguaggio comune, negando una superiorità al linguaggio scientifico. E’ comunque, un testo ostico da leggere, perché scritto in stile aforistico: brevi scritti autonomi l’uno dagli altri, senza quindi un argomentare conseguente.
    Per quanto riguarda la libertà, il mio parere è che quelli come noi che ne hanno fatto un elemento importante della loro vita, siano dei casi “patologici”, se non altro per il fatto di costituire un’esigua minoranza. Rimango dell’opinione che però ce la godiamo alla grande questa nostra patologia: la libertà dona emozioni inestimabili. In ogni caso, nessuno di noi si sceglie da sé il suo DNA: è saggio accettarsi per come si è. Cari saluti, Enzo

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  3. ciao Vincenzo, l'articolo è interessante e in moltissimi punti condivisibile (talvolta è poco chiaro per me). Ma confesso che il concetto di ideologia verde non l'ho rilevato.
    a presto, marina

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