Ricordo perfettamente quella mattina di quaranta anni fa.
Ero un giovane ricercatore all'Università, da poco tenevo un insegnamento per incarico dopo più anni di precariato.
Come ogni mattina, mi trovavo già sul posto di lavoro nel mio Dipartimento, quando ricevemmo una serie di telefonate da nostri colleghi che ci comunicavano l'avvenuto agguato in via Fani, anche se in termini vaghi data ancora la mancanza di informazioni più chiare.
Gli anni settanta sono stati un decennio di lotte e di schieramenti, ed io ero schierato alla sinistra, iscritto a Democrazia proletaria e sindacalista nella CGIL proprio del settore universitario dove ricoprii anche dopo pochi mesi da allora il ruolo di componente dell'esecutivo nazionale.
Provenivo da anni di lotte dei precari, cioè di assegnisti e contrattisti, due figure di ricercatori a titolo precario, e nella lotta si era creata una struttura di coordinamento che ci teneva a contatto e che naturalmente aveva creato dei rapporti umani e politici tra noi come oggi si tenta di imitare attraverso il web, temo con scarsa fortuna.
Ricordo come fosse facile a quei tempi mobilitarsi, quanta alta fosse la consapevolezza della propria forza e della propria capacità di incidere.
Solo alcuni mesi prima, avevamo invaso il rettorato, obbligando un rettore temuto e con un potere senza rivali nell'Ateneo a riceverci, dove con una riuscita battuta avevo fatto ridere i miei colleghi a danno dello stesso rettore che era stato costretto a balbettare una risposta qualsiasi.
Così, in presenza di notizie così gravi che subito tutti abbiamo interpretato come una provocazione, abbiamo convocato una assemblea improvvisata.
Chi allora non c'era ancora o era troppo piccolo per seguire la politica, non può capire chi fosse Aldo Moro, il personaggio che forse più di ogni altro rappresentava il potere della DC, o almeno ne rappresentava uno dei leaders indiscussi, visto che la DC non ha mai avuto un unico capo, tranne forse ai tempi di De Gasperi, ma è un periodo troppo lontano anche per me.
Sarebbe lo stesso se improvvisamente oggi si venisse a sapere che fosse stato rapito Giorgio Napolitano, per offrire un confronto con un personaggio del nostro tempo che sta al centro della situazione politica, da cui insomma non si può prescindere. Nel caso di Moro, c'era l'età ben più ridotta che evitava i limiti che l'anagrafe alla fine impone a chiunque, anche a Giorgio Napolitano.
La vicenda di Moro poi io la vissi solo parzialmente perchè solo dopo pochi giorni andai a Cambridge dove trascorsi due mesi per svolgere una ricerca scientifica presso quella Università, e così seppi dell'uccisione di Moro quando ancora mi trovavo lì, ma ho voluto darvi questa mia esperienza personale di quel terribile giorno, anche come occasione per dare uno sguardo alla vita in quegli ormai distanti anni settanta e di cosa fosse allora la partecipazione politica in una stagione storica che ormai volgeva, anche a seguito di questo assassinio, al termine iniziandone una buia e con esiti ancora ignoti, in cui tuttora viviamo.