Al di là dello specifico merito della questione, la recente sentenza della Cassazione mostra una straordinaria rilevanza.
Per chi non avesse seguito la questione, si trattava di giudicare un immigrato indiano che intendeva seguire la tradizione dei guerrieri Sik che per motivi religiosi, portano con sè un pugnale, che malgrado le apparenze contrarie, è nei fatti reso quasi inoffensivo (come un temperino, dicevano alla TV)...
Ebbene, non solo la Cassazione ha dato torto all'immigrato, ma ha voluto esplicitamente affermare che chi viene a stare nel nostro paese, si deve conformare agli usi locali, cosa che come è facile notare, travalica abbondantemente il merito della questione su cui la corte era chiamata a pronunciarsi, e quindi appare come la manifestazione della volontà di quei giudici di utilizzare strumentalmente questa sentenza per mettere dei punti fermi sulla vexata quaestio delle forme di convivenza nello stesso paese di comunità di differente provenienza.
Come forse saprete, attualmente esistono due differenti tendenze in merito.
L'una è quella anglosassone, minimalista che semplicemente impone il rispetto delle leggi statali, per cui tutto è consentito tranne quanto sia esplicitamente proibito. E' il modello delle società multirazziali, che più correttamente andrebbero chiamate multietniche o multiculturali. Dal punto di vista teorico, sembra il modello più corretto, peccato tuttavia che tale modello non funziona, e ad esempio il rapporto tra comunità nera e bianca negli USA è la stessa immagine simbolo di questo fallimento storico ormai plurisecolare.
L'una è quella anglosassone, minimalista che semplicemente impone il rispetto delle leggi statali, per cui tutto è consentito tranne quanto sia esplicitamente proibito. E' il modello delle società multirazziali, che più correttamente andrebbero chiamate multietniche o multiculturali. Dal punto di vista teorico, sembra il modello più corretto, peccato tuttavia che tale modello non funziona, e ad esempio il rapporto tra comunità nera e bianca negli USA è la stessa immagine simbolo di questo fallimento storico ormai plurisecolare.
Il modello alternativo è quello francese che va oltre, stabilendo che debba essere proibita l'ostentazione di simboli di specifiche credenze. Poichè una società civile si nutre inevitabilmente di simboli, la cosa si traduce di fatto nell'imporre a tutti i simboli dominanti. Ricorderete che questo modello ha scatenato discussioni feroci a proposito dell'abbigliamento a mare delle donne musulmane, il famigerato burkini.
Non v'è dubbio quindi che la sentenza della Cassazione sposi in pieno questo modello molto più interventista francese.
Il mio personale parere è che ci troviamo in presenza di due modelli entrambi non in grado di funzionare.
Quello anglosassone che si potrebbe in linea di principio sposare per il ruolo privilegiato dato alla legge, potremmo dire nel pieno rispetto dei principii liberali, si dimostra nei fatti fallimentare, per il motivo semplicissimo che, non ostacolando l'isolamento di comunità etniche nello stesso territorio, non fa che sancirne la separazione potenzialmente per sempre, e quindi genera i conflitti dovuti alle differenze nei costumi che data la contiguità territoriale, si confrontano tra loro in continuazione, generando paure di essere contagiati e sottomessi alle culture altrui.
Il modello francese mi pare in linea di principio davvero indifendibile. Se una donna si copre di tutto punto a mare, ciò implica che stia ostentando il suo essere musulmana, ma se scopre il seno invece, non dimostra di appartenere a una cultura libertaria occidentale? Quale sarebbe un comportamento neutro? E' evidente che un comportamento neutro semplicemente non esiste.
Il pericolo quindi che si incorre con tale modello è ancora maggiore, si consente la presenza di nuclei etnici che vivono con frustrazione la discriminazione indiscutibile che subiscono nel paese ospitante.
Per queste ragioni, trovo un'ulteriore conferma del fatto che, quando si confrontano sistemi di pensiero ben strutturati, organici, alternativi tra loro, e quindi tipicamente le religioni, soprattutto quelle monoteistiche, pensare di poterle accostare l'una all'altra senza patirne conseguenze negative, costituisce una pia illusione. L'unica soluzione che può apparire saggia è la separazione logistica, io mi vivo le mie tradizioni locali nel mio paese, che i musulmani si vivano liberamente le loro tradizioni nei loro luoghi di origine, mescolare a livello di massa non mi sembra saggio nè opportuno, mentre a mio parere andrebbe quanto più possibile salvaguardata la possibilità del singolo di cambiare luogo e tipo di cultura dove vivere.
L'importante è non mescolare istanze personali con fenomeni di massa, di gente che tutto vorrebbe tranne che andare a vivere in luoghi lontani da quelli natii.
La comune obiezione a questa linea di ragionamento è affermare perentoriamente quanto sia illusorio pensare di potere separare i popoli e le loro culture in un mondo la cui dimensione si è ridotta a seguito degli sviluppi tecnologici che ci pemettono di comunicatre in tempo reale con mezzi telematici ed anche come trasdferimento fisico dato lo sviluppo del trasporto passeggeri, in primo luogo per via aerea.
Io trovo questa affermazione estremamente grave, ed anche molto diffusa. Qui, si scambia una convinzione ideologica con una constatazione, come se quindi la globalizzazione fosse un destino.
Ebbene, non solo la globalizzazione non è un destino, ma al contrario è una scelta deliberata, portata avanti investendo enormi risorse e vincendo formidabili resistenze. Basterebbe che tali sforzi venissero arrestati e la globalizzazione arretrebbe, e del resto esistono precedenti storici, in quanto ci fu nel novecento una fase di globalizzazione che venne poi interrotta ed invertita.
Affermare che c'è qualcosa di ineluttabile significa mortificare la politica fino a far credere che essa possa venire annullata.
In verità, accettare questa inevitabilità della globalizzaizone corrisponde invece a compiere un'operazione politica che, consapeviolmente o inconsapevolmente, appare scorretta.
Il punto è che la politica è inevitabile, che l'uomo è un animale politico e che anche quando non fa nulla di politico, in maniera esplicita, di fatto sta facendo politica, in questo caso a favore del potere costituito.
L'errore sta nello scambiare il fatto che oggi sia tecnologicamente possibile ridurre le distanze con l'automatismo nella riduzione delle distanze. Possibile non può significare inevitabile.
D'altra parte, se davvero coloro che la pensano a questo modo fossero convinti che la storia ha già deciso su questo fronte, non vi sarebbe ragione di intervenire per ribadirlo. Tale intervento con tutta evidenza si iscrive tra gli atti politici, mostrando al di là di ogni ragionevole dubbio come i potenti stiano tentando con alcuni successi di imporci ciò che desiderano, proprio spacciandolo per una faccenda che automaticamente la storia ci consegnerà indipendentemente da ciò che faremo.
Non è del resto solo la globalizzazione che viene considerata inevitabile, è molto diffusa soprattutto tra i più giovani la convinzione che esista un meccanismo automatico che ha ridotto lo spazio della politica.
Da parte mia, non posso che tentare di convincervi che è sempre la politica, quelle nostre più o meno soggettive e più o meno discrezionali opinioni politiche che determinano la direzione che prende il mondo: non fatevi fregare, non fatevi strappare dalle mani quella vostra fetta di potere che la vostra stessa esistenza vi concede, non piegatevi quindi alle opinioni dominanti.
La comune obiezione a questa linea di ragionamento è affermare perentoriamente quanto sia illusorio pensare di potere separare i popoli e le loro culture in un mondo la cui dimensione si è ridotta a seguito degli sviluppi tecnologici che ci pemettono di comunicatre in tempo reale con mezzi telematici ed anche come trasdferimento fisico dato lo sviluppo del trasporto passeggeri, in primo luogo per via aerea.
Io trovo questa affermazione estremamente grave, ed anche molto diffusa. Qui, si scambia una convinzione ideologica con una constatazione, come se quindi la globalizzazione fosse un destino.
Ebbene, non solo la globalizzazione non è un destino, ma al contrario è una scelta deliberata, portata avanti investendo enormi risorse e vincendo formidabili resistenze. Basterebbe che tali sforzi venissero arrestati e la globalizzazione arretrebbe, e del resto esistono precedenti storici, in quanto ci fu nel novecento una fase di globalizzazione che venne poi interrotta ed invertita.
Affermare che c'è qualcosa di ineluttabile significa mortificare la politica fino a far credere che essa possa venire annullata.
In verità, accettare questa inevitabilità della globalizzaizone corrisponde invece a compiere un'operazione politica che, consapeviolmente o inconsapevolmente, appare scorretta.
Il punto è che la politica è inevitabile, che l'uomo è un animale politico e che anche quando non fa nulla di politico, in maniera esplicita, di fatto sta facendo politica, in questo caso a favore del potere costituito.
L'errore sta nello scambiare il fatto che oggi sia tecnologicamente possibile ridurre le distanze con l'automatismo nella riduzione delle distanze. Possibile non può significare inevitabile.
D'altra parte, se davvero coloro che la pensano a questo modo fossero convinti che la storia ha già deciso su questo fronte, non vi sarebbe ragione di intervenire per ribadirlo. Tale intervento con tutta evidenza si iscrive tra gli atti politici, mostrando al di là di ogni ragionevole dubbio come i potenti stiano tentando con alcuni successi di imporci ciò che desiderano, proprio spacciandolo per una faccenda che automaticamente la storia ci consegnerà indipendentemente da ciò che faremo.
Non è del resto solo la globalizzazione che viene considerata inevitabile, è molto diffusa soprattutto tra i più giovani la convinzione che esista un meccanismo automatico che ha ridotto lo spazio della politica.
Da parte mia, non posso che tentare di convincervi che è sempre la politica, quelle nostre più o meno soggettive e più o meno discrezionali opinioni politiche che determinano la direzione che prende il mondo: non fatevi fregare, non fatevi strappare dalle mani quella vostra fetta di potere che la vostra stessa esistenza vi concede, non piegatevi quindi alle opinioni dominanti.
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