lunedì 11 luglio 2016

IL CROLLO DEL SISTEMA RENZI

Fase molto convulsa nella politica italiana.
Per descrivere sinteticamente ciò che sta succedendo, direi semplicemente che è crollato di colpo e senza possibilità di equivoci tutto il castello di carte che Renzi aveva creato per chiudere con successo questa decisiva fase della politica di quest'anno...

Con successo intendo dire subire senza danni la inevitabile e del tutto prevista sconfitta alle amministrative, mantenere l'italicum senza che ci fossero possibili ripensamenti, ed infine vincere il referendum costituzionale raccogliendo una maggioranza di sì.
Forte delle riforme istituzionali ottenute attarverso l'effetto sinergico della nuova legge elettorale e delle modifiche costituzionali, egli dimostrava ai suoi mandanti come fosse stato in grado di eseguire gli ordini che vedono la nostra sovranità nazionale sempre più sacrificata, e per questa via, avrebbe potuto contiunuare a dominare la scena politica nazionale.

Come dicevo, tutto ciò è miseramente fallito innanzitutto perchè la pretesa di considerare irrilevante il risultato elettorale sugli equilibri politici nazionali, non si è rivelato come un'ipotesi credibile. Renzi ha voglia di ripetere la stessa solfa che la questione della guida di una città sarebbe confinata ai cittadini di quella città, non riesce a convincere neanche sè stesso. 

Avere sperimentato il clima che si respira di fronte ad una chiara sconfitta elettorale, i costi che si pagano, gli ha fatto venir meno quella spocchia con cui intendeva affrontare la scadenza referendaria.
Aveva dichiarato più volte fino a qualche mese fa che in caso di vittoria del no, egli non si sarebbe limitato a dimettersi da premier, ma avrebbe perfino abbandonato la politica attiva. 
Di tutto questo non v'è più traccia, con la stessa arroganza con cui si esponeva  personalmente come baluardo per la vittoria del sì, adesso nega quanto promesso, sostenendo anzi esplicitamente che non ababndonerebbe il ruolo di segretario del PD. 
Ora, è certo lecito avere ripensamenti, ma quando ciò avviene, e dovrebbe avvenire raramente, bisognerebbe dare adeguata motivazione al cambio di opinione, senza cui ciò che si afferma diviene puro "flatus vocii". 

Ora, si fa avanti la questione dello spacchettamento che circolava in verità sin dalla fine di maggio, ma che adesso è diventata d'attualità, vista la raccolta di firme in corso tra i parlamentari finalizzata proprio allo scopo di proporla alla Corte di Cassazione.

In sè, questa mossa appare disperata, perchè nei fatti impraticabile. Non è possibile spacchettarla integralmente cioè comma per comma modificato, perchè ciò si tradurrebbe nel proporre un numero così alto di differenti quesiti che causerebbe problemi enormi sia sul piano sem'plicemente organizzativo, che nella possibilità dell'elettore di esprimere un parere così articolato. I)noltre, certe combinazioni di modifiche sono necessarie, perchè sennò il testo che ne verrebbe fuori sarebbe autocontraddittorio. 
Quindi, bisognerebbe che si faccia uno spacchettamento mirato in modo da ridurre il numero dei quesiti proposti, ma anche di fornire compatibilità logica a tutti i risultati possibili. Parrebbe che sia possibile una soluzione che preveda otto distinti quesiti, che mi pare già un numero troppo alto. 
Mi pare in ogni caso una soluzione pasticciata che sembra contraddire con lo stesso progetto di revisione, nato cn la pretesa di avere una sua logica unitaria, e che davvero non credo che la cassazione possa prestarsi ad accettare. 
Si moltiplicano nel frattempo le interpretazioni di questa mossa. 

Certamente, non mi sembra una mossa favorevole a Renzi, in quanto mina appunto la credibilità del piano complessivo. La Boschi ha ripetutamente rivendicato il carattere unitario del progetto di revisione e frantumarlo in pezzi separati, significa negare questo principio, a favore di un'interpretazione di singole modifiche scollegate tra loro. 

Alcuni si spingono a sostenere che si avanza l'ipotesi di spacchettamento non per ottenerlo, ma semplicemente per prendere tempo, in qunto la cassazione potrebbe a sua volta rinviare la palla alla Consulta che come noto non ha tempi di funzionamento proprio brevissimi. Così, si potrebbe realizzare un rinvio consistente, cioè fino ai primi mesi del 2017, altrimenti impossibili con la normativa esistente. 

Bisognerebbe però chiarire quale possa essere il vantaggio del rinvio. 

A questo punto, dovremmo richiamare la questione della legge elettorale. 

Come noto, la prospettiva che il meccanismo previsto da questa legge finisca col favorire il M5S invece del PD sembra molto realistica. 
Renzi deve necessariamente difenderla anche contro ogni evidenza di effetto contrario al proprio partito, perchè ne va della sua figura a livello mediatico, l'uomo delle scelte drastiche e coraggiose che si fa imbrigliare in discussioni interminabili, come sarebbero suscitate da un abbandono del testo già approvato in quanto si aprirebbe una pluralità di discussioni sui differenti punti affrontati dall'Italicum, come da qualunque legge elettorale. 

Bisogna cioè capire come la fortuna di Renzi si sia finora basata prevalentemente sul suo stile. Non importa cosa contengano nel merito le leggi fatte approvare dal parlamento, ciò che davvero ha contato è stata la sua determinazione a farle approvare senza modfiche e nei tempi più brevi per dimostrare di essere molto più produttivo di chiunque prima di lui. 

Non si tratta quindi di come rimangiarsi una specifica norma, questo riesce ancora a giustificarlo, si tratta del complesso del profilo mediatico che ha finora offerto e che egli non vorrebbe mai abbandonare, pena la perdita del suo successo. 
Se tuttavia, fosse la Corte Costituzionale a bocciare l'Italicum i primi di ottobre sulla base di un'apposita richiesta, allora Renzi avrebbe un alibi molto credibile, che forse gli permetterebbe di rafforzare il suo mugugno verso la struttura inefficiente delle istituzioni, e nello stesso tempo rendere complicato per una forza come il M5S conseguire la maggioranza assoluta dei seggi parlamentari. 
In tutto questo, si cominciano a muovere personaggi che gli sono stati molto prossimi e che lo hanno fin qui appoggiato, e primo tra tutti sembrerebbe essere Franceschini che, oltre ad avere ottimi rapporti con Mattarella, gode ancora di un pacchetto notevole di voti propri, che cioè ha avuto l'abilità di non sciogliersi dentro il gruppone Renzi. 
Intendiamoci, la politica in Italia la fanno dall'estero, i mandanti stanno negli USA con influenze non trascurabili dagli ambientini di bruxelles, e quindi Renzi o Franceschini, il PD praticherà una politica analoga. 
Tuttavia, il fatto che la guidi un Franceschini piuttosto che un Renzi non è senza importanza. E' evidente che sarebbe impossibile per il primo imitare il secondo, si avrebbe cioè un ritorno a stili più aplomb, e lo stile è anche sostanza del modo di governare. 

Come capite, e come viene spontaneo dire, è tutto un casino. 

Tuttavia, a differenza di altri, credo che casino sia non solo in apparenza mentre invece trame tattiche dettagliate sono già in corso, ma sia anche nella sostanza. 
Nessuno dei protagonisti ha così chiaro dove andranno a parare gli eventi, anche perchè i soggetti implicati sono tanti. C'è la Cassazione, c'è la Consulta, c'è il Capo dello Stato, ci sono poi i varri soggetti politici interni ed esterni al PD, ci sono i potenti del mondo che ci controllano e determinano. 
Non è quindi credibile che c'è chi si sia esercitato ad avanzare una ipotesi completa e dettagliata di tutti i passi possibili. 

Ci si muove a vista, con Renzi che continua a considerare le riforme intoccabili, ma che è pronto a cambiare posizione quando sarà chiaro che le riforme saranno toccate, se non proprio massacrate. Franceschini ha lanciato la sfida, ed aspetta tuttavia una sconfitta palese di Renzi per proporsi al suo posto ad un Mattarella a quanto pare molto disponibile ad assecondarlo, e quindi anch'egli costretto a calibrare ogni sua mossa sulla base di un'evoluzione in gran parte imprevedibile. 

Uno scopo intanto la maggioranza l'ha ottenuto, gettare un bel po' di confusione sui temi caldi, a partire dai comportamenti familiaristici di Alfano, ma soprattuto per quanto riguarda le stesse riforme che vengono gonfiate di fattori correlati ma non attinenti al loro testo. 
In questo clima, il confronto sereno ma fermo sui temi veri e propri che sarebbero all'ordine del giorno, diventa un esercizio quasi impossibile. 
Prepariamoci quindi a una fase particolarmente turbolenta della politica italiana, mentre gli avvenimenti internazionali a partire dal BREXIT, e dalle prossime elezioni presidenziali USA, dall'esplosione delle proteste in tutto il mondo richiederebbero invece un clima interno almeno più chiaro. 

In campana, mi raccomando, questo 2016, come ebbi già modo di dire, sarà cruciale.

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