La situazione nel mondo arabo è confusa, ma una cosa si può affermare con certezza, si tratta di una situazione impossibile almeno nel breve periodo da normalizzare. Caracciolo di Limes, con un'immagine efficace che condivido, dice che il genio è con le rivolte della primavera araba uscito dalla bottiglia e nessuno sa come rimetterlo dentro...
Questo era ciò che affermavo allora, che si trattava di fatti di portata storica che avrebbero rimescolato le carte della politica internazionale, sfuggendo di mano anche a quella parte dell'occidente che c'aveva visto un'opportunita di omologare il mondo musulmano all'occidente, ai suoi stanchi riti consumistici ed alla esaltazione di una libertà sempre più efficacemente conculcata, proprio nel momento in cui a parole la si celebra.
Come spesso accade, il vero centro e termometro del mondo arabo è costituito dall'Egitto, dove il confronto decisivo tra militari e fratelli musulmani è in pieno svolgimento con esiti al momento imprevedibili.
Tuttavia, anche lo scenario siriano appare in grande evidenza per il livello tragico ormai assunto dalla lotta tra Assad ed i suoi oppositori.
Qui davvero si ha un'ulteriore evidenza della sempre maggiore incapacità della stampa di svolgere un proprio autonomo ruolo critico rispetto a chi gestisce il potere. Come è possibile non rendersi conto di come la presidenza Obama esprima ormai in maniera palese la sua sostanziale marginalità, di come il governo formalmente insediato degli USA subisca l'influsso decisivo di poteri extra-istituzionali che ormai hanno deciso di saltare la funzione mediatrice del potere politico?
Nel post precedente, mi soffermavo sull'effetto della cosiddetta primavera araba, ma qui vorrei spostare l'attenzione su questa nuova configurazione del potere. Se il presidente degli USA per manifestare il proprio dissenso dalla spinta delle lobbies ad entrare in guerra con la Siria semplicemente rifiutandosi di farlo e inventandosi l'escamotage della richiesta del dibattito in parlamento, come avrebbe potuto egli assieme agli altri capi di stato decretare il fallimeno del sistema bancario globale, cosa ben più delicata e avversata dai poteri economici reali?
C'è un ulteriore aspetto inquietante in questa vicenda, la mancanza di un fine palese in questa guerra, visto che si dichiara dall'inizio di non volere abbattere il regime di Assad: come si può allora logicamente giustificare l'intervento se serve a spargere sangue senza gli obiettivi che sono tipici delle guerre, quelle di cambiare il governo del paese attaccato? Infine, come è possibile andare su questa strada dopo la disastrosa esperienza del primo attacco all'Iraq all'inizio degli anni ottanta, che ha portato tanta distruzione lasciando Saddam Hussein con un potere praticamente inalterato, richiedendo la seconda guerra allo stesso Hussein solo un decennio più tardi?
Insomma, il quadro che ne viene fuori è quello dell'unica potenza imperiale dei nostri tempi in mano ormai a interessi più che di parte, personali, di qualche capitalista ormai alla ricerca disperata della soluzione della crisi finanziaria sempre più grave e sempre più considerata irresolvibile altrimenti, tramite la distruzione massiccia di merce che debba poi essere rimpiazzata innestando una ipotetica virtuosa crescita del PIL così vorticosa da permettere la soluzione dei problemi finanziari.
Nel mondo globalizzato, per comandare su un determinato territorio e sulla sua popolazione, non occorre il possesso fisico del territorio, basta insediare un governo locale compiacente. Le guerre di occupazione oggi sono decisamente superate, almeno a livello di grandi potenze, E' chiaro che in caso di potenze di rilevanza locale, questa supremazia richiede invece il controllo fisico del territorio.
RispondiEliminaOggi quindi la distinzione passa essenzialmente tra guerre per detronizzare un personaggio scomodo o semplicemente per dargli una lezione. Bene, non vedo alcun esempio riuscito di lezione inferta a qualcuno che gli abbia fatto cambiare politica, per questo trovo una mossa disperata questa degli USA di ammazzare un po' di popolazione a scopo dimostrativo.
La cosa che comunque rimane più inconsueta è la divisione intyerna al fronte occidentale a malapena masherata dalal risoluzione al G20.
Sulla primavera araba, come in genere su ciò che si muove nel mondo, mantengo un fermo dissenso a questa visione determinista che tu ed altri avete, per cui "non si muove foglia che Dio non voglia", dove in questo caso Dio sarebbero i poteri sovranazionali.
Questi esistono e tentano di fare il loro mestiere, ma sono ben lungi dall'essere onnipotenti, si devono continuamente misurare con il rifiuto della realtà ad adeguarsi passivamente ai loro voleri.