mercoledì 13 marzo 2013

I DUE REALI DUELLANTI RIMASTI SUL RING: GRILLO E NAPOLITANO


Ora, la situazione appare più chiara, da una parte Napolitano, dall’altra Grillo...


Aldilà delle specifiche parole spese in proposito, Napolitano ieri ha concordato direi al 100% con il PDL. Sì, ha dissentito sulle modalità, sull’opportunità di invadere il palazzo di giustizia di Milano, ma che si debba un occhio di riguardo in più per Berlusconi (alla faccia, sia detto per inciso, dell’uguaglianza della legge verso tutti i cittadini), su questo è stato esplicito ed inequivocabile.

Così, ha chiarito la situazione, ha indicato come soluzione per l’uscita dalla crisi l’alleanza PD-PDL, ancora una volta, il peggior nemico del PD ed il maggiore amico del PDL risulta essere proprio colui che per la sua collocazione politica storica non potrebbe esserne sospettato, una specie di serpe cresciuta in seno, si potrebbe dire.

Dopo avere quindi alla fine del 2011 tolto il pallino a Bersani rifiutando l’ipotesi elezioni anticipate ed insediando Monti, oggi impone uno stop ai timidissimi tentativi di dialogo tra M5S e PD, rifiuta la via prospettata dal M5S di una legislatura a tema riforme senza un vero governo con la fiducia delle camere, spingendo per la tradizionale soluzione del governo con i pieni poteri.

Naturalmente, Napolitano è estremamente coerente in questa sua strategia, la governabilità che poi significa in pratica l’assecondamento dei diktat europei (con la benedizione degli USA, come dimostra la successione cronologica delle visite di Napolitano), rimane l’obiettivo prioritario.

Chi ci rimette le penne in tutto questo è proprio il PD (SEL ancora di più, temo), perché se questo governo PD-PDL si farà davvero, il PD dimezzerà i propri consensi alle prossime elezioni, ma i dirigenti del PD non dovrebbero dolersi che con sé stessi e con la loro ormai cronica incapacità di scegliere fino in fondo, e soprattutto di mostrare senza schermi e trucchi quali siano le loro scelte. Un sodalizio tra questi due partiti su cui si era costruita la stagione del bipolarismo italiano, come suggerito da Napolitano, mette in chiara evidenza ciò che solo gli elettori ciechi dei due partiti continuano a non capire, che si tratta di due formazioni senza differenze sostanziali tra loro, tant’è appunto che la proposta di Napolitano risulta del tutto ragionevole. Ci sono stati ben 14 mesi di governo Monti per capire che una maggioranza che comprendesse PD e PDL era possibile, e difatti sono stati assieme per tutto questo tempo, votando assieme qualunque schifezza fosse imposta dall’Europa e dai suoi schiavetti italiani, eppure c’è ancora più di un terzo degli italiani che non l’ha ancora compreso, vedremo se questa nuova coalizione, che il PD non oserà rifiutare al presidente e suo padre-padrone, convincerà fasce significative degli elettori che esistono solo due partiti oggi, quello del rigore europeo che include tutto il quadro politico tradizionale, e quello che rifiuta tutto questo e che stenta ancora a trovare le proprie forme di rappresentanza, oggi quasi esclusivamente costituita dal M5S.

Vedo insomma da parte di tanti politici, ma, ciò che è più preoccupante, da parte dei media, un tentativo di trasformare un problema politico in uno procedurale. Il M5S non può costituire un esecutivo assieme al PD perché ha una politica economica opposta e conflittuale con quella operata dal PD fino ad alcune settimane fa, approvando tutti gli atti del governo Monti/Napolitano/Merkel/Draghi (tanto per citare i più significativi), fino ad accettare di modificare in pudico silenzio (sperando forse che passasse inosservato e tacendone pure nella recente campagna elettorale) la nostra stessa costituzione, così pronti ad elogiarla poi a scopo per motivi propagandistici in ossequio alle richieste europee. Dire oggi che il M5S ha un’occasione per cambiare l’Italia e rifiuta di sfruttarla, è mentire spudoratamente, questa occasione ad oggi non c’è proprio, e la cosa che più è coerente con la democrazia è prendere atto della mancanza di una maggioranza congrua in questo parlamento, cambiare le regole elettorali e tutto ciò che si può cambiare, naturalmente eleggere il nuovo capo dello stato, e infine andare dall’elettorato e stavolta porre chiaramente il dilemma sulle questioni economiche, in modo che senza fumosi discorsi incomprensibili, gli elettori possano stabilire se sono disposti a far distruggere la struttura produttiva della nostra nazione, andando verso il destino di una nazione del terzo mondo, solo perché ci chiedono i nostri partners europei, oppure rifiutare tutto ciò, sapendo che anche tale rifiuto ci costerà tantissimo, ma potremo almeno costruire un nuovo paese, sobrio nei consumi, ma non povero e con la piena occupazione.

Purtroppo, ormai una classe politica di infimo ordine è riuscita nel miracolo di consegnare l’iniziativa politica al capo dello stato, una figura che la costituzione prevedeva con una funzione arbitrale, di custode della costituzione, non colui che indica le scelte politiche fondamentali, ed a un comico di grande iniziativa, i partiti tradizionali si sono squagliati, anche l’ultimo che resisteva, il PD che, salvatosi dal leaderismo, è poi finito nell’insignificanza, saltato a piè pari dall’iniziativa tra queste due figure che ormai di fronteggiano senza altri protagonisti intermedi.

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