domenica 27 maggio 2012

VENDOLA E L'IMPOSSIBILE SCELTA SOCIALDEMOCRATICA

Sembrerebbe un'idea intelligente quella sostenuta da Vendola assieme a Di Pietro, di prendere l'iniziativa per costruire da subito l'alleanza di centrosinistra per le prossime elezioni, mettendo così in mora il PD, che, sempre più dilaniato da tesi differenti esistenti all'interno del partito, sempre più oscilla nella decisiva scelta della coalizione di governo con cui provare a vincere le prossime elezioni. 
Eppure, nella realtà è una scelta quasi disperata, perchè sposta tutta l'attenzione sulla composizione della coalizione, e questo non è il punto fondamentale della fase politica.  
Vendola lo sa bene, e difatti finisce per chiedere al PD quali siano i suoi obiettivi, se c'è questo terreno comune su cui sia possibile allearsi...

Qui, ed appunto qui, sta la fragilità della posizione di SEL, quella di far finta di niente, di chiedere al PD quali siano le scelta politiche che vuole compiere, quando la politica del PD è arcinota, è chiara fin nei minimi dettagli, si è andata dispiegando in questi mesi di governo da parte di Monti. Vendola non può far finta di cadere dalle nuvole, come se stesse tornando da un viaggio sulla luna, senza possibili contatti con la politica italiana. Quando il PD vota un provvedimento del governo, contribuendo con il proprio voto a determinare la sua approvazione parlamentare, questa costituisce una politica, non possono i dirigenti piddini pretendere che quella non è la loro politica, che certe misure prese in un certo lasso di tempo possano essere sottratte al giudizio degli elettori perchè prese per emergenza, per senso di responsabilità e roba di questo tipo: no, il merito dei provvedimenti è responsabilità specifica di chi li vota. qualunque sia la motivazione posta a giustificazione. 
Ora vendola chiede una scelta socialdemocratica, ed oggi la socialdemocrazia è rappresentata dai francesi di Hollande, Vendola chiede al PD di fare scelte chiare, e come esempio di scelta chiara oggi in Europa passa la convinzione che bisogna riferirsi ad Hollande. 
La mia convinzione è differente, e credo che prendere come riferimento la socialdemocrazia sarebbe come evocare un cadavere, una cosa che è ormai superata, morta, perchè è proprio la socialdemocrazia che ha portato l'Europa fino a questo punto, la scelta di costruire un'europa valutaria  puntando sulla pretesa che la politica sarebbe seguita, ha puntato sulla globalizzazione e vediamo oggi cosa rappresenti davvero la globalizzazione, si è arresa senza combattere all'onda liberista fino a diventare indistinguibile dai liberisti più liberisti. 
Non avendo visto un processo di autocritica, di ripensamento di quelle scelte, siamo costretti a ritenere che la socialdemocrazia sia ancora quella, quel movimento politico che ha fatto harakiri. 
Sul piano strettamente economico, il dibattito in europa si sta focalizzando tra il rigore della merkel e l'alternativa keynesiana. 
Eppure, questa risposta basata sull'aumento della liquidità appare oggi davvero fuori obiettivo nel momento in cui sorvola sulle vere ragioni della crisi. 
Della merkel possiamo dire tutto il male possibile, ma non potremo mai spingerci fino al punto di attribuirle la causa della crisi, la crisi viene proprio da quel mondo anglosassone che oggi sale in cattedra e pretende di spiegarci come dobbiamo comportarci. 
No, non c'è Keynes che tenga, non siamo più negli anni trenta, quando la risposta dell'espansione del credito aveva un senso, costituiva davvero la novità (ma non sarà poi piuttosto la seconda guerra mondiale ad avere fatto superare quella tremenda crisi?) . 
La situazione in cui ci troviamo è tutta un'altra storia, viene dopo un'espansione monetaria mai vista prima, ed ogni ulteriore suo aumento sarebbe assorbita dal sistema bancario che ormai è come un tossicodipendente, che nessuno curerebbe dandogli dosi crescenti di droga. 
Ci vuole ben altro che Hollande, che un ritorno improbabile di una socialdemocrazia che è ormai uno zombie che può soltanto far danni. 
Vendola chiede a Bersani di fare chiarezza, ma ponendo un'alternativa per niente chiara tra liberismo e keynes, mentre è lui stesso a dovere fare chiarezza, e schierarsi a difesa del capitalismo richiamando fuori tempo massimo keynes, appare come una scelta patetica, che prima di tutto non sta minimamnete in piedi.
Purtroppo, questa è diventata la politica nel nostro continente, ma i fatti si vendicheranno di queste rappresentazioni politiche imponendo alla fine le loro conseguenze: peccato che sarà tardi e chissà quali tragedie dovremo attraversare.

6 commenti:

  1. Si potrebbe anche chiamare programma socialdemocratico ma i contenuti non possono per niente essere gli stessi. Quei contenuti ci hanno potato all'espansione enorme del debito. Oggi circolano tanti che credono nel miracolo della sovranità monetaria. Certo l'Euro si può pure abbandonare ma lo stampaggio della Lira o della dracma a sbafo non può essere la soluzione. Non è facile il programma perché c'è in ballo la più difficile delle operazione: la divisione, la divisione della ricchezza; accompagnata da una crescita molto modesta e da una decrescita in particolari settori dell'industria inquinante. Sì, un programma difficile,

    RispondiElimina
  2. Forse, sai già come le penso, credo che bisogna smettere di lasciar fare ai mercati, dare default, uscire dall'euro ed andare a una economia sostenuta da dazi adeguati.
    Questa globalizzazione è una sventura, ed oggi non vi sono prospettive realistiche che nell'intero mondo si vada verso modelli più umani.
    Non resta che isolare il proprio sistema economico, non per isolarsi politicamente, ma al contrario per offrire agli altri paesi un esempio di una scelta possibile, magari altri la imboccheranno.
    Il punto fondamentale è invertire le priorità, non è che il lavoro sia al servizio dell'economia, ma al contrario dev'essere l'economia al servizio del lavoro e quindi dell'uomo (primo articolo della nostra costituzione).
    Per permettere la piena occupazione, bisogna uscire dal mercato globale e dalla sua inutile estrema competitività, non ci serve essere così competitivi.
    Una maglietta si può pagare anche alcune decine di euro se dura poi tanto, non occorre pagarla pochi euro, e ciò vale praticamente per tutte le merci. Basta rendere costose le merci importate, così che non ci sarà più sul nostro mercato interno una maglietta da pochi euro. se una maglietta costerà decine di euro, allora il salario dell'operaio potrà tornare ad essere decente, e in una famiglia avremo almeno entrambi i genitori occupati (se lo vorranno, naturalmente).

    RispondiElimina
  3. @vp
    Mi fa piacere, perchè avevo capito diversamente:

    http://occhioclinico.blogspot.it/2012/05/pillole-monti-e-stiglitz.html

    RispondiElimina
  4. E se usciamo dall'euro come la mettiamo con l'inflazione che salirebbe all'infinito visto che importiamo gas, petrolio e corrente elettrica, che andrebbero comunque pagati in dollari? E chi ti assicura che gli stipendi verrebbero adeguati all'inflazione? Perdonami, ma a me sembra che tu la faccia troppo semplice.

    RispondiElimina
  5. Ma no, Ornella, non è che la faccio semplice, sono costretto a sintetizzare dato che sto scrivendo un commento e non il capitolo di un libro.
    La prima cosa da comprendere è che saremo più poveri, non dipende da cosa facciamo lo diverremo comunque. Cosa significa più poveri? Significa che ci circonderemo di un numero minore di oggetti. Mi pare che sia un bene per la salute del pianeta, o meglio perchè il nostro pianeta rimanga ospitale per l'umanità.
    Dare lavoro a tutti significa distribuire la poca ricchezza che ci rimarrà, e per le materie prime, sfrutteremo pienamente le risorse turistiche del nostro paese (risorse archeologiche, culturali, naturali e così via, si tratta di ottimizzare il tutto), ma soprattutto dobbiamo ridimensionare le necessità energetiche (tipicamente, abitazioni ben isolate termicamente, spostamento dal trasporto individuale a quello collettivo, metodi alternativi di produzione enrgetica, e così via, la tecnologia qui può aiutare).
    Se poi riusciamo anche ad esportare qualche prodotto, tipo settore alta moda, diciamo settori ad alto valore aggiunto, sarà anche meglio.
    E' una strada stretta ed impervia, ma non ce n'è un'altra migliore, prima lo comprendiamo, e meglio è, più possibilità avremo di dare al nostro paese un posto adeguato nell'equilibrio mondiale.
    Forse non ti è chiaro che oggi i grandi capitalisti giocano con noi, come i gatti coi topi, ci inseguono, poi ci lasciano prendere un po' di vantaggio, poi sono di nuovo alle nostre calcagna e la fine è comunque la stessa, fare di noi un unico boccone. Io preferisco cambiare appartamento, anche se nel nuovo non troverò l'agognato formaggio.

    RispondiElimina