venerdì 23 marzo 2012

MA MONTI E' PIU' FURBO DI NAPOLITANO!


Sulle questioni attinenti la normativa sul lavoro, si è aperta una partita molto delicata in cui, per come si sono messe le cose, non sarà facile trovare una soluzione.
Stavolta, il fatto che qualcuno si è opposto senza cedere minimamente, ha dato luogo ad un’aggregazione crescente, che di fatto isola la diarchia Monti/Napolitano lasciandola nella scomoda posizione di essere ostaggio delle destre. E’ come quando basta un cristallino di un sale per provocare da una soluzione apparentemente limpida la precipitazione di un solido in quantità notevoli. In fondo, resistere a quanto pare almeno oggi, paga.
Apparentemente, il primo e più fermo nucleo di resistenza è stata la FIOM, che a cascata ha spinto la CGIL ad assumere la stessa posizione di dissenso, e poi ancora il PD, prima nella sua parte più a sinistra. La cosa più interessante è però costituita dal capitolare di un’area di centro. Prima Angeletti che comincia col dire che l’accordo non c’è con quel testo, poi Bonanni che con tempismo notevole si riaggrega alla UIL senza preoccuparsi neanche di giustificare la propria incoerenza. Allo stesso modo, Veltroni non commettendo l’errore di altri, capisce che l’asse Bersani-D’Alema tiene e si sposta subito sulle loro posizioni, costringendo Enrico Letta a tornare sulle sue prime dichiarazioni. Perfino Casini vuole essere della partita, e se anche Casini manifesta una certa prossimità a Bersani, per Monti, ma soprattutto per Napolitano, le cose si mettono davvero male...

Mi pare che nella sostanza l’articolo 18 verrà salvato, lasciando solo correzioni estetiche per salvare la faccia al governo. Monti, il novello Andreotti che richiamavo nel precedente post, potrà accreditarsi quest’altra riforma come quella mancata degli ordini professionali, come quella mancata dei tassisti, come quella mancata dei farmacisti. Del resto, Monti punta ad essere credibile, che a governare ci pensino altri.
Dicevo che il sommo sconfitto sarà invece Napolitano, visto che proprio in questi ultimi giorni si sta consumando un divorzio difficilmente rimarginabile tra lui e il PD. Ha voluto tirare troppo la corda, e la corda alla fine si è spezzata e chi si è fatto male è lui, e non il PD come egli forse sperava. Ormai, mi pare un Presidente condannato a finire mestamente il proprio mandato, privo ormai di quella carta dell’influenza sul partito di provenienza, fischiato in Sardegna e chissà dove ancora lo sarà, e il ricordo del suo mandato non sarà certo lusinghiero per i danni che il suo atteggiamento troppo interventista e troppo filomercati hanno portato, in modo forse irreversibile, alla democrazia nel nostro paese.

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