mercoledì 21 marzo 2012

LA VOLPE MONTI, IL FAMOSO TECNICO PRESTATO ALLA POLITICA


Ieri, la vicenda dei provvedimenti riguardanti il mercato del lavoro ha raggiunto una prima conclusione. Dal risultato fin qui raggiunto, non v’è dubbio che Monti ne esca come un novello Andreotti, abilissimo in tattica politica, capace di fissarsi degli obiettivi, di fatto molto di dettaglio, ma che nello stesso tempo fanno immagine. Nella realtà, nessun politico, neanche il tanto vituperato Berlusconi, è un venditore di fumo come Monti, solo che il suo fumo piace tanto ai mercati finanziari (la famosa credibilità, che, immagino, sia come la simpatia, un quid non meglio specificabile), e ciò la dice lunga su cosa possa significare porre la politica sotto il tacco del valore dello spread, incapace di rivendicare la propria supremazia e quindi di regolamentare il funzionamento degli stessi mercati.
L’abilità tattica di Monti nella presente vicenda sta, detto succintamente, nel fatto che egli ha seguito un certo percorso di cui era possibile prevedere due differenti sbocchi, e la furbizia sta nel fatto che entrambi gli esiti possibili lo avrebbero avvantaggiato.
Per illustrare questa tesi, dobbiamo tornare alle prime dichiarazioni della Fornero sulla volontà del governo di intervenire sull’articolo 18, praticamente a ridosso dell’insediamento in autunno del governo Monti.
Allora, tutti dovremmo ricordare le dichiarazioni di fuoco dei sindacalisti, non soltanto di Landini o della Camusso, ma anche di Angeletti e di Bonanni, tutti a giurare che avrebbero fatto le barricate se si fosse toccata questa norma. Di fronte a queste fiere dichiarazioni, Monti in persona fece un passo indietro, mise quest’argomento in quarantena. Nel frattempo, si iniziò a mettere sullo stesso tavolo altri argomenti, riguardanti l’ingresso nel mercato del lavoro e inoltre una revisione delle forme di tutela per chi perde il lavoro. Lo scopo era chiaro, in sostanza fare confusione come un abile giocatore di carte che dispone tante carte sul tavolo, avendo tuttavia un unico scopo, procurarsi quella unica fatidica carta che gli possa consentire di chiudere la combinazione vincente.
Tale giochetto richiede non soltanto abilità nel distrarre gli avversari, ma si avvantaggia anche di altri giocatori compiacenti, che improvvisamente scoprono che i veti messi possono anche essere tolti perché “è meglio un accordo anche non ottimale, piuttosto che subire un diktat”, come risulta dal Bonanni pensiero, una vera miniera di aforismi.
Qui però succede un inghippo non previsto, la coppia sindacale Angeletti-Bonanni che ha sempre proceduto di comune accordo, tende a spezzarsi perché Angeletti sembra resistere alla svendita del Bonanni, e punta i piedi rischiando di associarsi alla Camusso. Qui, tutti cominciano a preoccuparsi, e negli ultimi due giorni questi sindacalisti vengono sottoposti a un pressing indecoroso da parte di politici vari, e neanche il Capo dello stato si astiene da tale pratica, quasi intimando la chiusura dell’accordo. E’ troppo per il povero Angeletti, che cuor di leone non è mai stato, il quale infine capitola...

Ecco, da qui in poi la strada di Monti è tutta in discesa, perché qualunque cosa decida di fare la Camusso, per lui va comunque bene.
Se la Camusso aderisce all’accordo, si capisce che il suo è un successo personale di grande effetto, avere costretto i sindacati a concedere ciò che solo qualche anno fa si era rivelato impossibile, ed anzi aveva messo in seria crisi lo stesso governo proponente.
Ma, e questo è l’aspetto meno ovvio, per Monti il diniego della CGIL va altrettanto bene, almeno su un piano tattico, perché questa organizzazione si trova isolata, determina una spaccatura sindacale e quindi un indebolimento obiettivo del fronte dei lavoratori, e nello stesso tempo induce nel PD delle dinamiche, il cui esito, seppure non scontato, sembra indebolire questo partito nel suo complesso, rafforzando la sua ala destra.
Voglio ricordare che Monti non è di centro, come furbescamente tenta di accreditare Casini per guadagnare la centralità dello schieramento politico, ma è definitivamente di destra, di una destra perfino più a destra di Berlusconi e di Bossi, della destra dei padroni, dei ricchi, dei potenti, questo ci dice la sua storia.
Così, mai come oggi è chiaro che la vera vittima sacrificale della svolta che ha portato Monti a presiedere il governo della nostra repubblica, è il PD, ed in particolare il suo segretario, che si trova a dovere tenere assieme un partito mai così spaccato come a seguito dell’insediamento dell’attuale governo, e credo che Bersani ne sia profondamente grato a Napolitano, proprio un bel regalo presidenziale alla vigilia delle vacanze natalizie, un babbo natale così, Bersani non se l’era sognato neanche nel peggiore incubo della sua vita.
C’è un ulteriore motivo per definire volpe il professore Monti, perché ricorda la favola della volpe e dell’uva. Dopo avere per settimane insistito che il governo puntava all’accordo, che avanzare previsioni pessimistiche non aveva molto senso, visto che mancava ancora l’incontro decisivo, ed era quella la sede dove l’accordo andava perfezionato, improvvisamente si riscopre decisionista, derubrica l’incontro prima tanto solennizzato, in un’occasione di illustrazione (non di trattativa) dell’ipotesi governativa, sostenendo l’irrilevanza della mancata adesione CGIL, proprio come la volpe che, non potendo raggiungere il grappolo troppo in alto, sostiene che l’uva è acerba.

4 commenti:

  1. analisi dei fatti ben delineata. ciao

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  2. Ottima analisi davvero. Anche se il Pd ne esce sì con le ossa rotte, ma nel ruolo di vittima. Francamente non mi sembra.

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  3. @Francesco
    Grazie della visita :)

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  4. @BC
    Che il PD come partito sia vittima non v'è dubbio, che poi i suoi dirigenti siano complici, questo è altrettanto vero.

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