lunedì 15 dicembre 2014

ALCUNE OSSERVAZIONI AGGIUNTIVE A PARTIRE DA KEYNES

Pubblico una specie di seguito di quanto ho scritto dal precedente post come risposta al seguente intervento su fb:...

Credo che l'uscita dall' euro sia irrealistica. Il keynesismo, a me che non ho una formazione in scienze economiche, sembra una cosa un po' più complessa dello stampar moneta. Che la 2 guerra mondiale abbia fondato la ripresa del 2 posguerra è indiscutibile...ma tutta una serie di provvedimenti attuati da FD Roosvelt, sia il primo che il secondo new deal probabilmente con qualche altra correzione avrebbero potuto dimostrarsi benefici. NON RISOLUTIVI. Il capitalismo ha bisogno dell' EIR, è un polmone ineliminabile...in effetti la globalizzazione dei capitalismi transnazionali usa un EIR su scala planetaria....anch'esso transnazionale....NON SONO AFFATTO OTTIMISTA. I ceti possidenti, le oligarchie sono capaci di coalizioni transnazionali, del tutto impraticabili, a breve, per i vari proletariati nazionali.....e la globalizzazione questo richiederebbe. IMHO.

L'argomento è molto complesso ed il mezzo (fb) non aiuta a discuterne. Vediamo se riesco a riassumere mantenendo l'intelligibilità. Distinguerei un aspetto che possiamo chiamare fondamentale, ed uno invece contingente. Dal punto di vista fondamentale, bisognerebbe prima di tutto interrogarsi sulla natura della moneta. Io, seguendo il pensiero di Polanyi, sostengo che la moneta non è merce, esso è soltanto un mezzo di politica economica. Se così è, e la sovranità include la sovranità economica, tra gli impegni a cui uno stato deve far fronte, non vi è quello del pareggio di bilancio, lo stato, allo scopo di raggiungere i suoi fini di politica economica, deve stampare o bruciare moneta in base alla fase del ciclo economico in cui ci si trova. Quindi, dal punto di vista fondamentale, io condivido l'assunto fondamentale del pensiero di Keynes, e del resto non c'è dubbio che la lunga fase di espansione economica che l'Europa ha vissuto soprattutto negli anni cinquanta e sessanta, ha goduto dell'applicazione saltuaria di questa teoria economica.


Qualcosa di storico a mio parere è avvenuto nella seconda parte degli anni settanta. Potremmo dire che il cavallo ha iniziato a non volere più bere, si cominciò cioè a prospettare nei paesi occidentali un calo della domanda, restia a riprendere con i mezzi convenzionali. Il punto è che questa crisi della domanda non sembra avere caratteristiche cicliche. 

Ciò pone due problemi di natura fondamentale: esiste un limite fisico alla possibilità dell'assorbimento di merce pro capite? E l'altra, fino a quando si possono ignorare i limiti allo sviluppo conseguente alla limitatezza delle risorse naturali? 

Purtroppo, su questo Keynes non ci dice nulla, per un motivo filosofico, che si tratta di un pensiero tutto interno al meccanismo capitalistico, e quindi esso non può vedere al di là dei capisaldi del sistema capitalistico.


Inoltre, come dicevo nell'intervento iniziale centrato tutto sugli aspetti contingenti, può un governo svegliarsi il 15 dicembre del 2014 e mettersi ad attuare una politica fiscale espansiva, fingendo di ignorare che la moneta che deve stampare si aggiungerà a quella già stampata per salvare il sistema bancario globale? Il rischio che io vedo è che la pretesa di salvare le banche si traduca nell'impossibilità di preservare il valore convenzionale del denaro. Se domani anche soltanto metà dei titoli che circolano sui mercati, uscissero dai circuiti bancari e finissero sul mercato delle merci, ci si accorgerebbe che non c'è merce sufficiente per tutta questa liquidità e l'inflazione che tutti aspettiamo con trepidazione come una benedizione, apparirebbe con caratteristiche esplosive e quindi distruttive, rendendo il denaro quello che è, cartaccia senza valore. Per queste motivazioni, credo che sia tutto irrealistico, tranne che uscire dal circuito globale per la sua natura di gabbia dei matti. Qualunque prospettiva che non arrivasse a questi risultati estremi, sarebbe inefficace. Siamo seduti su una botte di tritolo e pensiamo che è meglio rimanere lì seduti perchè ci godiamo meglio il panorama che non scendendo a terra. Questo io vedo, la sottovalutazione del livello di crisi sia nella classe dirigente che in generale nell'opinione pubblica.

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