giovedì 9 ottobre 2014

JOBS ACT, UN UNICO PROVVEDIMENTO CON TRE DISTINTE FINALITA'

Infine, Renzi è malgrado tutto riuscito a farsi votare dal senato la legge delega per la riforma della legislazione sul lavoro...

Sulla stampa, la discussione si è finora centrata sul merito del provvedimento e sulle sue presumibili ricadute sui rapporti di lavoro. Significativo è stato il caldo assenso di Marchionne, che chiaramente punta all'espulsione di quelle frange sindacali antagoniste, cosa ora resa possibile dalla nuova formulazione dell'articolo 18. 
Tuttavia, altri, a mio parere giustamente, hanno invece accentuato l'aspetto simbolico del provvedimento. Fino a qualche giorno fa, tale aspetto riguardava la coscienza soggettiva dei lavoratori, abbattere le tutele di legge per i lavoratori,  ritenuti a ragione la parte debole nel rapproto di lavoro, per mortificarne la percezione soggettiva dei loro diritti, la tendenza a trasformare i lavoratori/cittadini in lavoratori/sudditi. Quest'aspetto è certamente centrale nella filosofia del governo ed ancor più nel disegno globale di ridimensionamento dei ceti meno abbienti, sempre più ridotti a una fascia di pura sopravvivenza.
E' diventata ormai cronaca dei nostri giorni la richiesta di fiducia del governo su una legge delega che oggettivamente appare come una cambiale in bianco concessa dal parlamento al governo.
Non ripeterò le considerazioni che ho fatto sul post precedente riguardo a Bersani inteso come emblema di un collettivo ormai preda della confusione più totale (la dizione "cazzo confuso" proprio per Bersani sembra attagliarsi perfettamente alla sua persona, con continue critiche che crescono fino ad un tono ultimativo per poi decrescere e diventare sempre meno ultimative e sempre più verso i toni declamativi di principio senza alcun effetto concreto (che per un politico è davvero il massimo dell'inettitudine). 
Mi chiedo tuttavia come sia possibile che quest'ultimo passaggio che mortifica così tanto il parlamento fino a farlo diventare superfluo, venga fatto passare sotto silenzio ricordandomi la procedura sciagurata dell'inclusione del pareggio di bilancio in costituzione, per l'identico clima silenzioso privo di opposzione nel farlo passare alle spalle del popolo italiano.
Non saprei se Renzi abbia un disegno strategico così raffinato, utilizzare la riforma sul lavoro come grimardello per esautorare definitivamente il parlamento e quindi gli elettori che l'hanno votato, a tutta prima mi sembra inverosimile (basta guardarlo in faccia o ascoltare i suoi discorsetti da scolaro della scuola media). Ma si sa, potrebbero esserci degli ottimi suggeritori per questo premier/attore, un accostamento questo che sembra sia dominante nell'epoca contemporanea.
In ogni caso, la cosa non è poi così importante, contano i risultati, anche ove fossero casuali, rimane il fatto incontestabile che il governo si fa approvare sotto la pressione dello spauracchio di una crisi di governo una legge delega che gli dedica ogni aspetto del provvedimento definitivo, e così regalando all'organo esecutivo il potere legislativo. 
Seppure io sia del tutto convinto che questo processo di marginalizzazione del parlamento sia andato avanti negli ultimi decenni in modo impetuoso (basti considerare come le leggi approvate siano nella quasi totalità di iniziativa governativa), tuttavia rimane la gravità di questo ultimo passaggio che per la prima volta decreta una delega al governo senza porre alcun paletto. Quando i decreti delegati approderanno in commissione parlamentare, essa non potrà che prenderne passivamente atto perchè con una delega così ampia, in realtà totale, non si capisce quali potrebbero essere le obiezioni, visto che queste possono riguardare soltanto il rispetto da parte del governo dei limiti della delega e non il merito degli articoli di legge. Ove oggi non vengono posti limiti, in futuro non potranno ovviamente essere sollevate questioni di violazione di tali limiti essendo questi inesistenti. 
Nello stesso giorno, la riunione europea ha definitivamente chiarito quanto era prevedibile, che alla Francia verrà concessa un'ulteriore deroga alle regole dell'unione, mentre a Renzi che si pavoneggia così tanto col suo rispetto delle regole, non verrà concesso il classico cazzo, perchè cambiare le regole non conviene a chi ha dimostrato di potere derogare a suo piacimento, come del resto fece un decennio fa la stessa Germania. La Merkel non è così stupida da fare la lotta alla Francia per ritrovarsi poi in minoranza, baratterà l'assenso alla deroga con l'impegno della Francia ad opporsi al cambiamento delle regole, in aperta opposizione alle pretese di Renzi. Quindi, secondo me, la guerra intestina alla UE non si avrà, ognuno tenterà di tirare l'acqua al proprio mulino e il fiammifero acceso rimarrà, dopo essere transitato per la Grecia, nelle mani dell'Italia. 

E' davvero pretendere troppo chiedere che si insedii un governo italiano che decida di farci uscire da questa giostra che sta distruggendo il nostro sistema economico, e per questa via, la nostra stessa civiltà?

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